Terminata in malo modo la sua avventura nel mondo major, con il sacrificio di un disco eccellente come A Hundred Lies, Holcombe riparte dalla rive gauche di Nashville con un piccolo disco indipendente e ambizioso. Another Wisdom si avvale infatti di una produzione accurata e mainstream, affidata a Dan Tolle (già produttore del debutto, A Far Cry From Here), che vive del mestiere di session navigati come George Marinelli (la cui chitarra ha accompagnato le canzoni di Bonnie Raitt e James Taylor), Sam Broussard (che ha cominciato trent’anni fa al servizio di Michael Martin Murphy), Kenny Malone, Stuart Duncan, Darrell Scott.
Un disco nel quale Holcombe pare puntare di più sulle canzoni allargando gli ambiti stilistici, e su una ricca ambientazione sonora, sia pure nell’ambito di un format rigorosamente folk-rock, collocando un passo indietro, nello spettro sonoro complessivo, la propria vocalità esuberante e sgrammaticata che costituiva invece, e ancora questo avviene dal vivo, la sua caratteristica più prorompente. Una voce che spesso suonava ubriaca e sopra le righe, sporca e rugginosa, e che in questo Another Wisdom non si spinge oltre a una vena educatamente rasposa, come si conviene a uno storyteller che cerca, legittimamente, qualche airplay radiofonico e qualche più concreta soddisfazione di quelle sin qui ricevute, a parole, da colleghi e stampa specializzata.
La qualità delle canzoni tuttavia è fuori discussione. Il linguaggio preferito di Holcombe è il folk-rock sia elettrico (The Station, Woman Missin’, Captured By Paradise), sia acustico e introverso (Love Abides, Bring The Water On Down, Who Carried You), con venature di ruvido country blues (Marvalene’s Kitchen) e qualche apertura melodica intimista, come la conclusiva Grace In Sand, che parecchio deve a James Taylor
Purple Music (Singer Songwriter, 2003)
Mauro Eufrosini, fonte JAM n. 97, 2003