Marco Denti – Alias Bob Dylan cover book

Profeti e falsi profeti, come si fa a distinguere? A grandi linee si potrebbe dire che chi è in grado di non perdersi nell’universo entropico è generalmente più affidabile di chi indica con certezza assoluta la strada maestra da seguire. Chi riesce tra mille contraddizioni ad accendere una fiammella nel deserto la sa in genere più lunga di chi schiacciando un pulsante dà luce a un’intera città.

Le verità arrivano poco per volta, faticosamente, filosofandoci sopra e soprattutto come conseguenza di un percorso personale; meglio diffidare delle improvvise illuminazioni specie se mediate dal guru di turno. Bob Dylan non è stato un profeta, non ha fatto miracoli, ha semplicemente dato voce a un malessere generazionale inespresso che ha trovato nelle sue canzoni il veicolo ideale. Ha detto cose vere, sacrosante, e ha saputo esprimerle in modo nuovo, personale ed evocativo. Il resto è venuto da solo. Molta gente lo ha eletto profeta e poi, quando la sua musica ha cambiato strada e non è più stata condivisibile, insultato, bollato come traditore.

Altri hanno detto le stesse cose per quarant’anni, in modo ripetitivo e poco poetico; nessuno si ricorderà di loro. Di Bob Dylan, che raramente si è espresso nello stesso modo per più di tre album, si ricorderanno tutti. Non è sufficiente essere il primo, bisogne avere la stoffa per rimanerlo anche quando i tempi cambiano, magari dicendo cose (oneste) che spiazzano le posizioni precedenti.

Bella l’idea di Marco Denti, con Alias Bob Dylan, di ricercare nell’arco degli anni Settanta i potenziali Dylan, quei cantautori che, armati di chitarra, hanno cercato di emularne le gesta e destare a loro volta interesse con le proprie canzoni. Forse per i non appassionati i nomi di James Talley e Dirk Hamilton non diranno molto e ci sono buone possibilità che anche Elliott Murphy, Steve Forbert, John Prine e Willie Nile, nonostante l’esposizione maggiore, significhino altrettanto poco; eppure tutti, in modo abbastanza esplicito, hanno cercato di diventare dei nuovi Dylan, di raccoglierne l’eredità ancor prima che il grande maestro si mettesse da parte.

Interessante allora seguirne le vicende, cercare di capire i sentimenti e le filosofie che stanno dietro le canzoni, le speranze di arrivare e di essere riconosciuti per quel che si è o si crede di essere.
Mai come in questo caso vale la frase di Sam Shepard, che non a caso Denti riporta in apertura del libro: “Sono tempi difficili, una mossa falsa e ti ritrovi indietro di un anno o più. Non te lo puoi permettere… Ogni settimana c’è una nuova stella. E tu non vuoi essere un coglione qualunque. Tu vuoi qualcosa di solido, qualcosa che duri”. Alias Bob Dylan è scritto in modo sciolto e si legge in un fiato.

Roberto Caselli, fonte JAM n. 77, 2001

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