Due anni per partorire un album sembrano lunghi: in due anni si partoriscono due bambini (anche quattro, se li fate gemelli). Ma un lavoro ben fatto richiede tempo. E quando il progetto (uso deliberatamente questa parola, che di solito evito) coinvolge molte persone, dai molti interessi e dai moltissimi impegni, i tempi si dilatano inevitabilmente.
A Mark Newton sono sempre piaciuti i ‘progetti’: ricordiamo il suo precedente lavoro, Living A Dream, che radunava molti dei suoi idoli. Proprio osservando quel cast, il nostro si è reso conto che mancava del tutto l’elemento femminile: da qui l’idea di preparare un omaggio esplicito alle donne nel bluegrass.
Ne ha chiamate diverse; hanno risposto (in ordine alfabetico): Gloria Belle, Dale Ann Bradley, Louisa Branscomb, Gina Britt, Kathy Chiavola, Kim & Barb Fox, Sally Jones, Laurie Lewis, Claire Lynch, Lynn Morris, Missy Raines, Kristin Scott, Valerie Smith, Rhonda Vincent, Sharon & Cheryl White.
Non tutte hanno partecipato in egual misura: ad esempio, Laurie Lewis è presente solo nel coro finale (passava di lì …); Lynn Morris partecipa a due pezzi, come Clayre Lynch. Kristin Scott (che di solito suona il banjo con Larry Stephenson, ed è incredibilmente maturata), è presente sempre tranne quando Lynn Morris suona il banjo in clawhammer.
Per dare consistenza e continuità, Mark Newton ha pensato bene di assemblare una banda formata, oltre che dalle signore Missy Raines (al basso, ovviamente) e Kristin Scott, da Tony Rice (nessun commento), Alan Bibey al mandolino, Ronnie Stewart (fiddle, lo sentite ultimamente suonare il banjo con Lynn Morris), Fred Travers al dobro, e Dudley Connell (anche qui, nessun commento).
Difficile riuscire a suonare male. Mark Newton non sbaglia un pezzo: da quello di apertura, We Can’t Go Wrong con Rhonda Vincent (quel tipo di cosa che, dopo tre note, ti fa pensare: “Questo è un bel disco”), a quello di chiusura, Follow Me Back To the Fold, che richiede un commento a parte.
Passando per A child Again, con Kathy Chiavola, la commovente ed autobiografica The Day That Lester Died, cantata da Claire Lynch, che ricorda quando, ascoltando i Knoxville Grass (dove suonava Mark Newton) la raggiunse la notizia della morte di Lester Flatt (è un cantarsi addosso? Può darsi: ma, fatto così, ben venga), e poi On The Lonesome Wind, con Gina Britt, che riesce a trasmettere un’inquietudine che arriva prima del significato delle parole. Andrebbero citate tutte, ma l’unica cosa da fare è ascoltarle.
Va però commentato l’ultimo pezzo, Follow Me Back To The Fold, commissionato apposta per questo progetto a Dixie Hall (la moglie di Tom T. Hall). Il disco era pronto per la stampa quando, in ritardo di un anno e mezzo (non succede solo ai collaboratori di Country Store …), la signora Hall cantò la canzone al telefono; Mark Newton convinse il produttore a riaprire lo studio, e riconvocò tutte le sue ragazze per mettere in piedi una sessione memorabile.
Le canzone è dedicata a Maybelle Carter, la mamma della musica country. Ed è letteralmente zeppa di citazioni, nel testo, nella strumentazione (c’è un autoharp), nei lick; con Tom T. Hall che interviene con un riff vocale eseguito nello stile di A.P. Carter. Finisce con un coro degno della Will The Circle Be Unbroken della Nitty Gritty (cui Maybelle Carter partecipava).
E contiene un messaggio: chiaro, esplicito, definitivo. “Follow me back to the fold, through the mountains on old country roads, come on back home again where the music began”. Effetto Murder On Music Row? Non so: le due cose sembrano contemporanee. Ma qui si aprirebbe un discorso troppo lungo e troppo estraneo ad una semplice recensione.
Ah, naturalmente il disco è da comprare. Tassativamente.
Rebel 1764 (Bluegrass Tradizionale, Bluegrass Moderno, 2000)
Aldo Marchioni, fonte Country Store n. 54, 2000