Certi sempliciotti riescono sempre a trovare il fantasma di Gram Parsons dietro a ogni disco di Mark Olson. Ma non c’è nulla di più distante da quanto oggi faccia l’ex Jayhawks da quella che era la musica del grande Gram. Mark Olson, che pure arriva da quel mondo lì, fa parte di un’altra cultura, quella lo-fi e alternative che è fiorita negli anni Novanta, anche se non era così quando militava nei Jayhawks.
Dall’eremo del suo ranch nel deserto intorno a Las Vegas, Mark tira fuori un altro disco che più alternative non si può, December’s Child, sempre suonato a basso voltaggio (anche se un po’ più spruzzato di elettricità, con molto senso della black music nelle vene), in modo dimesso, scazzato, decisamente ‘rurale’ e, piaccia o no, molto vicino a quanto sta facendo oggi Jeff Tweedy, come attitudine ben inteso, perché Olson fa a meno dell’elettronica, ma il senso è lo stesso. Travalicare cioè il concetto di country rock.
Provate ad ascoltare il gospel pianistico dell’iniziale (e splendida) How Can I Send Tonight e ditemi se non ci ritrovate la stessa attitudine ‘decostruttiva’ e lo-fi di Jeff Tweedy: questi due dovrebbero fare un disco insieme.
Splendida è anche la successiva Still We Have A Friend In You, che si apre anch’essa a pulsazioni gospel, mentre Alta’s Song lascia intuire quanto a Mark Olson oggigiorno interessi più la black music del country: è un funk pulsante, con un divertente ‘contorno’ di voci stile doo woop.
Così è per Back To The Old Homeplace, che recupera atmosfere anni Cinquanta, mentre December’s Child è un fingerpicking in chiave bluesy.
Poi il disco si allontana in direzione delle Blue Ridge Mountains (Nerstrand Woods, Cactus Wren, How Can This Be) mentre l’unico esplicito richiamo a Gram Parsons lo si può forse trovare nella deliziosa Climb These Steps We Will.
C’è un brano scritto con Gary Louris (che vi suona e canta anche), Say You’ll Be Mine, ma è forse la cosa meno riuscita anche se fa piacere rivedere i due vecchi amici di nuovo insieme.
La conclusiva One Eyed Black Dog Moses è un rockaccio sporco di funk urbano duettato con la moglie Victoria Williams che di nuovo riporta Mark Olson dalle parti di Jeff Tweedy: splendido.
Voto: 7
Perché: December’s Child è un disco coraggioso e che si apre a diverse chiavi musicali.
Glitterhouse/Venus GRCD 551 (Singer Songwriters, 2002)
Paolo Vites, fonte JAM n. 84, 2002