Christian Frederick Martin IV è l’attuale presidente della Martin Guitar Company e l’ultimo anello di una catena forgiata nel 1833. A dispetto dei suoi soli trentacinque anni, rivela una solida preparazione, profondo senso di responsabilità e molto entusiasmo. Inoltre è una persona simpatica e disponibile: mentre si trovava in Italia per delle ‘clinics’, abbiamo approfittato di una sua gentile visita presso il nostro laboratorio per fare una chiacchierata ‘acustica’.
SB – Chris, quanto pesa, in termini di responsabilità, chiamarsi C. F. Martin?
CFM – È un’eredità impegnativa. Fortunatamente, tutti quelli che lavorano con me capiscono quanto la qualità del prodotto sia un obiettivo importantissimo, per cui ricevo molto aiuto da questo punto di vista: non si tratta di un impegno che affronto da solo.
SB – Qual è stata la tua formazione, gli studi?
CFM – Ho studiato economia in un college in California e, nel frattempo, lavoravo in un negozio di strumenti musicali, Westwood Music: questo è stato il mio primo contatto con il music business. Poiché i miei genitori erano divorziati, non sono cresciuto nella famiglia Martin: mia madre si risposò e ci trasferimmo in California. Mentre lavoravo nel negozio, però, cominciai a capire le difficoltà che in futuro avrei dovuto affrontare: mi rendevo anche conto che non ne sapevo molto, così decisi di abbandonare gli studi e tornare a Nazareth per fare apprendistato nella produzione. Per circa due anni ho aiutato a costruire chitarre. Contemporaneamente maturavo l’idea che l’impresa aveva bisogno di una conduzione: il mio lavoro non sarebbe stato quello di intagliare manici per sempre, così tornai al college e mi laureai in business. Quindi ho acquisito la consapevolezza necessaria per gestire l’aspetto commerciale e, al tempo stesso, so come una chitarra Martin è costruita.
SB – Con quali risultati siete riusciti a conciliare la necessità di un adeguamento tecnologico con la qualità Martin?
CFM – I risultati sono in continuo sviluppo: procediamo con molta lentezza nei cambiamenti e facciamo sempre molti esperimenti. Un buon esempio è il truss-rod regolabile: abbiamo impiegato anni per presentarlo; tutti gli altri lo adottavano già, ma noi volevamo essere certi di produrne uno all’altezza dei nostri standard, che fosse senz’altro un passo avanti. Ripeto, sperimentiamo molto, e alcune cose rivelano aspetti positivi, altre no.
SB – Quale contatto hai con la produzione?
CFM – Teniamo frequenti riunioni con i responsabili dei vari reparti: alla Martin ci siamo dati una struttura organizzativa molto efficiente e formale, per cui io non ho necessariamente dei rapporti con il singolo liutaio, ma piuttosto con il responsabile di quel settore, il quale mi trasmette tutte le informazioni.
SB – Qual è la situazione del mercato europeo e italiano in particolare?
CFM – Il mercato italiano sta crescendo parecchio: Meazzi è stato nel 1988 il nostro migliore distributore europeo, sia per quanto riguarda le chitarre che le corde. Sembra poi che le cose si stiano mantenendo sugli stessi livelli ed è per questo che siamo qui in Italia, appunto per congratularci con Meazzi in nome del lavoro svolto e per promuovere ulteriormente i nostri prodotti con delle dimostrazioni.
SB – Qual è la situazione dei legni nel mondo?
CFM – Sta diventando critica e, attualmente, prestiamo attenzione soprattutto alle qualità tonali di un legno piuttosto che all’estetica pura. In passato abbiamo sempre cercato di combinare i due aspetti nei nostri strumenti; oggi invece, se ci capita un legno che suona bene e che presenta minime irregolarità puramente estetiche, lo utilizziamo lo stesso.
SB – Di questi tempi, quale legno rischia l’estinzione?
CFM – Penso un po’ tutti: il palissandro brasiliano più degli altri, è difficilissimo averlo; anche quello indiano è molto difficile da ottenere, perché in India tutti gli alberi di palissandro sono di proprietà del governo, cosicché il solo modo di prenderli è aspettare che caschino giù: non possono essere tagliati, è illegale, quindi andiamo in India nel periodo dei monsoni e ci informiamo se questi abbiano abbattuto delle piante… Il problema con l’abete, a parte le piogge acide, è che noi liutai non lo utilizziamo poi tanto, mentre viene impiegato sconsideratamente in tanti altri settori (carta, edilizia, ecc). Stiamo comunque sperimentando legni alternativi: la nostra linea di strumenti in acero, per esempio, ne è una conferma. In passato, se un cliente voleva una Martin in acero, non lo accontentavamo: pensavamo semplicemente che per una chitarra eccellente il palissandro fosse il miglior legno, poi il mogano. Ma siccome l’acero possiede effettivamente caratteristiche tonali proprie, abbiamo pensato di inserirlo nella produzione per fornire un’alternativa.
SB – Quando decideste per i manici low profile?
CFM – Negli ultimi tempi la richiesta dei musicisti era per un manico più fine. La tendenza generale è quella di suonare con action sempre più basse, e il manico ‘low profile’ si è reso necessario per ottenere una messa a punto più moderna.
SB – Oltre alla nitrocellulosa, che è uno standard sui vostri strumenti, avete tentato altre vernici?
CFM – Crediamo che una chitarra possa sempre essere riparata e la nitro si presta bene a ritocchi e sfumature; inoltre le leggi americane stanno intervenendo pesantemente contro chi usa altri generi di vernici: noi stessi stiamo adeguando il reparto verniciatura a questa nuova sensibilità.
SB – Quali sono i problemi legati all’introduzione di un modello nuovo?
CFM – Un problema recente si è creato per i modelli a spalla mancante: c’era il manico che si muoveva un po’, così abbiamo dovuto rinforzare la parte vicina alla zocchetta superiore, sotto la tastiera; questo è stato l’unico problema, che io ricordi, anche perché la maggior parte degli strumenti rappresentano delle evoluzioni, non delle rivoluzioni. Tuttavia la spalla mancante era qualcosa di nuovo per noi, così ci ha fatto dannare un po’…
SB – Problemi legati all’introduzione del truss-rod?
CFM – Volevamo un truss-rod con accesso alla buca, per non intaccare con una mascherina in plastica la paletta. Comunque il truss-rod si limita ad agevolare una migliore regolazione dell’action, ma non risolve più di tanto certi aspetti strutturali dello strumento.
SB – Esperimenti di rinforzo con un manico in grafite?
CFM – Non ancora: ne abbiamo parlalo, ma al momento ci riteniamo soddisfatti del truss-rod, che da noi viene accoppiato con il mogano in un insieme molto stabile; non ne sentiamo la necessità.
SB – Come e quanto spendete in ricerca?
CFM – Non esiste alla Martin un vero e proprio reparto destinato alla ricerca. Tuttavia io faccio personalmente molta ricerca viaggiando, tenendomi aggiornato; e Dick Boak (wood product manager) si reca regolarmente ai congressi di liutai per scambiare esperienze.
SB – Che cosa ti irrita maggiormente nell’ambiente?
CFM – Mi dispiace molto – e tu puoi comprenderlo benissimo – quando una persona non capisce quanto lavoro stia dietro la preparazione di una chitarra acustica e dice: “Le chitarre Martin costano troppo”. Se capisse quanto lavoro viene svolto da noi per ogni strumento, si convincerebbe del contrario. Magari non si obietta nulla per un violino che costa 10.000 dollari, ma 2.000 dollari per una chitarra acustica sembrano troppi…
SB – Cosa distingue la Martin da altre imprese?
CFM – Una delle cose è che molta gente produce delle ‘copie’, mentre noi cerchiamo naturalmente di realizzare ‘l’originale’. Credo che tutti noi – alla Martin – cerchiamo di costruire uno strumento perfetto, una chitarra della quale si possa dire: “Questa chitarra è la migliore del mondo”. Non l’abbiamo ancora costruita, non abbiamo ancora prodotto la chitarra ‘migliore’, ma facciamo di tutto per ottenerla. Molti si accontentano di livelli mediocri, ma il mediocre per noi non è buono abbastanza.
SB – Qual è lo strumento più versatile che producete attualmente?
CFM – La nuova Jumbo 40: è la più moderna e attuale, combina l’equilibrio delle Grand Auditorium e la potenza della Dreadnought. C’è però un problema con i distributori e i negozianti, i quali tendono ad occuparsi con minor entusiasmo dei modelli nuovi. Infatti è più facile riempire il magazzino di D-28: il cliente entra, riconosce la D-28… è una vendita facile. Vendere la Jumbo è più difficile; il cliente non si sente sicuro, chiede regolarmente: “Che cos’è quella?” Insomma si tratta di uno strumento che ha bisogno di promozione, ecco perché siamo in giro per delle dimostrazioni.
SB – A cosa è dovuto lo scarso successo nel settore solid body?
CFM – Devo ammettere di non comprendere bene quel tipo di mercato. Attualmente il nostro successo si basa piuttosto sullo strumento acustico elettrificato; produciamo anche un nuovo basso acustico. Per quanto riguarda invece le solid body, sono convinto che sia meglio lasciarle fare agli altri: c’è troppa concorrenza, si subisce l’influenza delle mode, mentre noi abbiamo scelto di non seguirle. Le chitarre elettriche oggi hanno un orientamento, domani un altro e poi un altro ancora: noi non possiamo cambiare così in fretta, facciamo un prodotto molto più tradizionale.
SB – Quali sono le vostre maggiori difficoltà?
CFM – Visto che la nostra impostazione è di tipo tradizionale, trovo personalmente delle difficoltà nel convincere i lavoranti a cambiare: loro vorrebbero fare sempre come il giorno prima. Per esempio quando abbiamo introdotto le chitarre con spalla mancante, c’erano lavoranti che non credevano a quegli strumenti, ritenendo che nascessero da un’impostazione sbagliata. La nostra posizione è difficile, perché se da una parte cerchiamo di preservare la tradizione, dall’altra vogliamo anche muoverci in avanti ed è difficile trasmettere quest’idea a tutti.
SB – Qualche episodio curioso?
CFM – Una cosa mi ha colpito maggiormente, specialmente quando viaggio: la gente che non mi conosce si aspetta generalmente una persona sulla sessantina. Così può capitare che durante una dimostrazione, quando entro con la chitarra, il cliente mi viene incontro e mi chiede: “Dov’è Mt. Martin?”. Qualche volta giro lo sguardo dietro di me rispondendo: “Deve essere là fuori”.
SB – Chris, ti piace l’Italia?
CFM – Se devo essere sincero, un giorno mi piacerebbe ritirarmi in questo paese e mangiare fino a scoppiare…
Sandro Bonora, fonte Chitarre n. 47, 1990