Per poter definire la musica di Mike West cercando di individuare l’etichetta già esistente che la rappresenti nella maniera più adeguata, credo si debba necessariamente fare riferimento al Folk. Almeno, se per folk si intende quel genere un po’ countreggiante, perlopiù acustico, che racconta storie sulla quotidianità del proletariato (ma anche tanto di sentimenti umani, e questi riguardano tutte le classi sociali!) magari con l’obiettivo di far riflettere sulla condizione sociale, politica, culturale, economica, e pure ecologica, del proprio paese (e, perché no, dell’intero mondo) con relative problematiche annesse, allora sì, Mike West lo si può inserire in quel settore.
Certo è che se uno pensa al folk di Peter Paul & Mary, Joan Baez, Woody Guthrie, Phil Ochs, Odetta, Ramblin’ Jack Elliott, Limeliters, Steve Forbert, Iris DeMent acquistando un disco di Mike West, scoprirà l’esistenza di un nuovo approccio al genere. Una maniera ancora più scanzonata di accostarsi alla musica rispetto a quella di certi artisti che già si sono dimostrati poco inclini nel rispettare i canoni tecnici e stilistici della musica country e folk.
La nuova generazione di musicisti che imbracciando strumenti acustici ha deciso di far parte del filone alt.country si è infatti dimostrata generalmente poco disponibile a passare ore e ore sugli strumenti per acquisire quella padronanza che tanto fa apprezzare musicisti come Dan Tyminski, Jerry Douglas o Sam Bush (tre nomi a caso). Loro diranno poco importa: al sottoscritto, e sicuramente a molti altri, importa eccome.
Anche questo ex rocker inglese, trapiantato in quel di New Orleans, ha trovato maggiore soddisfazione suonando banjo e mandolino piuttosto che la Stratocaster. I testi sono a dir poco spassosi e musicalmente il tutto funziona abbastanza, anche se alla lunga certa ripetitività, causata proprio dai limiti tecnici, può far sbuffare l’ascoltatore.
Binky 1031 (Folk, 2003)
Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 67, 2003
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