National e Dobro, le chitarre a risonatore

National, Dobro, chitarra Hawaiiana, steel guitar, resophonic guitar… Tutti nomi che abbiamo a volte incontrato scorrendo le note di copertina dei dischi, ma che tuttavia non sempre si riesce ad associare con precisione ad un tipo di strumento o di suono ben definito. Rimandiamo intanto i nostri lettori più fedeli a quanto già scritto sui nn. 1 e 3 di Chitarre (‘Come ti riciclo il rottame’ e ‘Pedal Steel Guitar’) e cerchiamo una volta per tutte di dare a questi enigmatici strumenti un volto ben definito. La prima questione è…

…COSA C’ENTRANO LE HAWAII?
Ben poco, in realtà: tutti gli strumenti (o stili musicali) che vengono a volte definiti come ‘chitarra hawaiiana’ hanno a che vedere solo marginalmente con quelle mitiche isole e con la loro musica tradizionale, fondata soprattutto sulle percussioni e sul canto corale. La chitarra e gli altri strumenti a corde arrivarono nelle Hawaii solo nel secolo scorso, al seguito di cowboys spagnoli, portoghesi e messicani assunti dagli allevatori di bestiame con i quali iniziava la penetrazione americana nell’arcipelago. Tuttavia chitarre e mandolini non ci misero molto a finire nelle mani dei nativi, in genere dotatissimi musicalmente (la musica era tenuta in così alta considerazione che era un preciso attributo del re promuovere e proteggere la tradizione musicale) e cominciò un processo di contaminazione fra musica hawaiiana e strumenti europei il cui primo risultato fu la nascita degli slack-key tunings, in sostanza una grandissima varietà di accordature aperte adottate per accompagnare i canti tradizionali in maniera più aderente possibile al loro contenuto armonico.

Queste accordature si possono dividere grosso modo in tre categorie principali: maggiore (ad es. in SOL: RE-SOL-RE-SOL-SI-RE), ‘Wahine’, cioè maggiore 7a (RE-SOL-RE-FAdies.-SI-RE), e ‘Mauna Loa’, cioè con i due cantini accordati secondo un intervallo di quinta (RE-SOL-RE-SOL-RE o anche RE-SOL-RE-RE-SOL-RE). Si badi bene che se, in virtù di queste accordature aperte si può già parlare di stile chitarristico hawaiiano, siamo però ancora lontani nella nascita della chitarra hawaiiana come strumento vero e proprio anche se l’adozione degli slackkey tunings costituisce un presupposto essenziale per le innovazioni tecnico-stilistiche particolarissime che verranno adottate su questo strumento.

ARRIVANO I ‘NOSTRI’
I nostri in questione sono naturalmente sempre loro, gli americani, che nel 1893 assumono l’amministrazione fiduciaria delle Hawaii in seguito ad una specie di golpe che segna la fine della monarchia di quelle isole. L’ultima regina, Lydia Liliuokalanai, passa anche qualche tempo in gattabuia ed è proprio in questa non piacevole occasione che, per ingannare il forzato ozio, compone, fra l’altro, la famosa Aloha Oe. Ma è un po’ il canto del cigno della musica tradizionale, che da allora non conoscerà più i passati splendori e finirà sempre più imbastardita come gadget per i turisti o colonna sonora per la pubblicità di olii abbronzanti e bibite tropicali.

Circa dieci anni prima, nel 1880 – narra la leggenda – lo studente Joseph Kekuku stava suonando la chitarra e contemporaneamente il solito pettine avvolto nella carta velina: l’estemporaneo strumento gli cade dalle labbra e va a finire, scivolando (‘sliding’), sulle corde della chitarra che emettono per la prima volta il caratteristico suono lamentoso. Forse maldestro, ma certamente non scemo, il buon Joseph intravede le nuove possibilità che l’incidente apre alla sua musica: da allora in poi vengono sperimentati gli oggetti più disparati per produrre nella maniera migliore quel tipo di suono: coltelli, colli di bottiglia, sbarrette d’acciaio, anelli, sezioni di tubo metallico… Nasceva così la steel-guitar, così detta in quanto suonata impugnando nella mano sinistra la tipica sbarretta d’acciaio (‘steel-bar’) che veniva fatta scivolare (‘slide’) sulle corde: per cui viene a volte chiamata anche slide-guitar oppure si parla di tecniche ‘slide’.

Quanto al termine ‘hawaiian-guitar’, è chiaro a questo punto che il rapporto con la tradizione musicale è molto labile, e più che altro c’entrano il luogo e l’autore della scoperta. In ogni modo è presumibile che quando gli americani sbarcarono in forze nelle isole, il nuovo stile si fosse talmente diffuso da dare la sensazione che si trattasse di una musica tipica, anziché, come era, profondamente innovativa. Per di più va aggiunto che il talento armonico dei musicisti locali – derivante dal canto corale tradizionale – li mise facilmente in grado di divenire in quattro e quattr’otto dei virtuosi di ragtime (sin dalla fine del secolo scorso jazz e ragtime iniziavano a godere di gran popolarità e diffusione in tutti gli Stati Uniti). I conquistatori furono così ben presto ‘conquistati’ dal virtuosismo delle stringbands hawaiiane che iniziarono sempre più numerose a trasferirsi nel continente nordamericano; uno dei primi chitarristi ad affermarsi in questo senso fu Frank Ferera – uno di quei famosi cowboys portoghesi cui abbiamo accennato che si esibì con la sua band hawaiiana in occasione della Panama Pacific Exposition del 1902.

Lo strumento che suonavano questi primi pionieri dello stile ‘slide’ tuttavia non era altro che una normalissima chitarra con corde metalliche e con una action aumentata ad oltre un centimetro, in modo che la steel-bar non urtasse la tastiera o i ferretti (privi in questo caso di ogni utilità e ridotti a puro riferimento visivo) producendo rumori indesiderati.

Diversa era invece la posizione in cui la chitarra veniva suonata, posta orizzontalmente sulle gambe del chitarrista: proprio questo tipo di posizione rendeva irrilevante sia la forma della cassa della chitarra quale la conosciamo, sia l’esistenza di un vero e proprio manico da impugnare. Così i primi costruttori che si cimentarono nello sviluppare una chitarra specificamente concepita per lo stile ‘hawaiiano’ furono liberi di sperimentare forme inusitate, alla ricerca esclusiva del volume e sustain che questa nuova musica richiedeva: si veda, ad esempio, la Martin 00-28K del 1921 con la sua cassa allungata, ‘a pera’, fino a congiungersi alla paletta.

LE CHITARRE CON RISONATORE. NATIONAL E DOBRO.
A partire dagli anni ’20 e fin quasi alla Guerra Mondiale la musica ‘Hawaiiana’ gode di una straordinaria popolarità ed i suoi più apprezzati interpreti sono – oltre al già citato Ferera – Sol Hoopi, Jim And Bob (The Genial Hawaiians), Andy Sanella, Roy Smeck, O.T. Coffin. Le loro fortune musicali vanno di pari passo con il successo di un nuovo strumento concepito ‘ad hoc’ per soddisfare l’esigenza di bilanciamento, sustain e dolcezza di suono che la loro musica richiede, oltre ad un volume superiore alle chitarre dell’epoca (si ricordi che la produzione del modello Dreadnought della Martin non inizia che a partire dal 1931 ).

Questo nuovo tipo di chitarra che compare sul mercato è dotata di un risonatore metallico al suo interno ed è frutto dell’inventiva del liutaio John Dopyera, di origine cecoslovacca. Il sistema escogitato da Dopyera elimina radicalmente il sistema di catene presenti nella chitarra tradizionale: la vibrazione delle corde viene trasmessa attraverso un elemento metallico a forma di T a tre risonatori conici in alluminio (due dalla parte dei bassi, uno da quella degli acuti) poggiati sulla ‘tavola’ – in realtà tavola, fasce e fondo sono anch’essi metallici e concorrono a far vibrare l’aria all’interno che infine fuoriesce da due aperture a griglia situate ai due lati della tastiera, nella parte superiore della cassa, e da tre più piccole, in corrispondenza dei risonatori.

A partire dal 1927 queste chitarre cominciarono ad essere prodotte dalla National, la società fondata da Dopyera ed i fratelli Rudy e Ed con George Beauchamp, il quale aveva fornito i capitali per l’acquisto dei costosi e allora sofisticati macchinari per la produzione in serie: torni per i coni in lega di alluminio e presse per stampare la cassa metallica. I primi modelli con le caratteristiche che abbiamo sommariamente descritto erano definiti ‘Triple Resonator Guitars’ o più brevemente ‘Triplates’, disponibili con quattro livelli di ornamentazione, dallo spartano 1 fino al 4 (‘Chrisantemum’) con tastiera filettata ed ornamenti floreali ottenuti mediante sabbiatura sull’alpacca cromata (‘German Silver’) della cassa.

Nel 1928 sorgono dei contrasti fra Beauchamp e i fratelli Dopyera e questi ultimi lasciano la National per fondare una loro compagnia, la ‘Dobro’ (DOpyera BROthers): siccome il brevetto del sistema di risonatori descritto apparteneva ancora alla National, questo viene modificato riducendolo ad un singolo risonatore conico e concavo, con al centro un’altro cono più piccolo e convesso, laddove nelle chitarre National si avevano tre coni convessi. Inoltre il suono veniva trasmesso dalle corde al risonatore da una struttura a forma di tela di ragno anziché dall’elemento a T di cui si è parlato. Un’altra caratteristica che differenzia le chitarre Dobro di quel periodo dalle National è la cassa in legno, adottata in quanto i Dopyera non potevano più disporre, dopo la scissione, dei macchinari per lo stampaggio delle casse in metallo. Ben presto tuttavia le cose si complicano per la spietata concorrenza fra le due ditte che cercano di imitarsi a vicenda creando una notevole confusione: così a cavallo fra gli anni ’20 e ’30 si possono trovare delle National con cassa in legno spesso dipinto con scene hawaiiane o western – e con un singolo cono risonatore, però convesso e collegato al ponticello da un elemento circolare in legno detto per la sua forma ‘biscotto’; le chitarre Dobro d’altra parte adottano a volte una cassa metallica con una giuntura sporgente fra ‘tavola’ e fasce come nei violini, e perciò detta ‘fiddle edge’. Anche se nel 1932 Beauchamp lascia la National e le due compagnie tornano a fondersi nella National Dobro Corporation, la confusione fra i due modelli fondamentali continuerà a regnare a lungo: l’unico criterio per orientarsi in maniera sicura, più che il materiale e il tipo di costruzione della cassa, è fare riferimento ai due diversi tipi di sistema risonante, tela di ragno e cono concavo per la Dobro (o il Dobro?), cono convesso e ‘biscotto’ per la National. Sembra infatti che sia essenzialmente il risonatore, e solo in minima parte la cassa, a conferire a ciascuno dei due modelli le caratteristiche timbriche che ne determinano la scelta per questo o quel genere musicale.

I GENERI MUSICALI
Abbiamo visto come la chitarra hawaiiana delle origini sia strettamente collegata al ragtime: non è quindi strano che con l’evolversi del jazz delle origini i chitarristi slide, hawaiiani e non, introducano nel loro repertorio brani di successo della nuova musica.

Cosi, accanto a marcette di sapore isolano o nostalgici pezzi country (indimenticabile un arrangiamento di Home On The Range per le due chitarre di Jim & Bob) ci restano numerose incisioni di standard come Twelft Street Rag, St. Louis Blues e tanti altri brani rag, blues, stomp e cosi via, grazie anche al fatto che la tecnica slide si presta ottimamente a riprodurre il fraseggio degli strumenti a fiato.

Con la nascita degli strumenti a risonatore, vuoi Dobro vuoi National, la tendenza si accentua grazie anche alle migliori prestazioni sonore, tanto da minacciare a volte il predominio di banjo e chitarra archtop nelle formazioni jazz: ne restano a testimonianza dei modelli National in versione a quattro corde sia plectrum che tenore.

Passati i primi anni di grande entusiasmo per il nuovo strumento, che oltretutto appariva anche esteticamente assai ‘moderno’ con il suo aspetto metallico e vagamente ‘decó’ questo non ebbe in realtà una decadenza, rimanendo tuttavia confinato in due distinti ambiti musicali, il blues ed il country. I chitarristi blues se ne servirono – e se ne servono tuttora – sia in maniera episodica che facendone il loro strumento principale: vengono in mente i nomi di Tampa Red, Son House, Bukka White, Blind Boy Fuller, Fred Mc Dowell… Tuttavia il più delle volte i bluesmen se ne servivano come di una chitarra imbracciata normalmente e normalmente suonata, usando al massimo effetti ‘slide” ottenuti con il bottleneck, tecnica del resto condivisa anche dai colleghi che adottavano uno strumento tradizionale.

Dobro e National erano quindi preferite dai musicisti di strada nella versione ‘round neck’ per il loro volume sonoro e per il timbro pungente e non tanto per le aperture stilistiche e tecniche che lo strumento suonato all’hawaiiana avrebbe consentito. Del resto l’avvento della chitarra elettrica lascerà la chitarra a risonatore confinata al blues tradizionale ed acustico fino ai giorni nostri.

Chi eredita invece la tradizione dei primi musicisti hawaiiani con lo strumento tenuto orizzontale, action aumentata ed uso imprescindibile dello steel metallico sono i musicisti country, che via via si orientano sempre di più verso modelli Dobro con cassa in legno e manico ‘square neck’. A partire dai primi nomi leggendari come Cliff Carlisle e Jimmy Tharlton, è lunghissima la lista di coloro che innovando tecnica e stile hanno arricchito il vocabolario espressivo del Dobro rendendolo uno strumento solista a pieno diritto capace di impressionare con assoli mozzafiato come di creare atmosfere talmente languide da risultare nei casi peggiori melense e stucchevoli.

Non possiamo fare a meno di citare alcune pietre miliari di questa evoluzione nei nomi di Leo Mc Auliffe e Bob Dunn per quel che riguarda l’era del ‘Western Swing’ (anni ’30 e ’40), ed in seguito Pete Kirby, Don Helms, Shot Jackson, Buck Graves fino agli attuali indiscussi maestri Mike Auldridge e Jerry Douglas; anche qui naturalmente succede qualcosa di analogo a quanto avevamo visto per il blues allorché gli strumenti elettrici cominciano a farsi largo nel mercato.

Per inciso, va ricordato che la prima chitarra elettrica messa in commercio fu proprio un modello ‘hawaiiano’, la Rickenbacker A-22 detta ‘Frying Pan’, ‘padella’, proprio per la sua cassa rotonda; lo strumento viene prodotto nel 1931 su disegno di Paul Barth e di una vecchia conoscenza, George Beauchamp. Da questo capostipite discenderanno una serie di chitarre elettriche concepite per lo stile hawaiiano, prive dal tutto di cassa e ridotte alla pura tastiera montata su un supporto, e con 7, 8 o 10 corde e che rispondono al nome di ‘lapsteel’.

Con l’aggiunta dei pedali verso gli anni ’50, si trasformeranno in ‘pedal steel’ ed entrambi questi tipi di strumento saranno gli ingredienti tipici della musica country più commerciale senza tuttavia eliminare completamente il dobro dalle scene, comprimario nel country nashvilliano e dominatore nel bluegrass, sempre per quel che riguarda gli strumenti ‘slide’.

Oggi come oggi, in conclusione, le chitarre Dobro e National non dimostrano affatto i loro sessanta e più anni di età e malgrado le continue innovazioni tecnologiche nel mondo musicale continuano a comparire sulle ginocchia dei musicisti restando sostanzialmente le stesse di quando furono concepite; anche al di fuori del blues e del country hanno avuto negli ultimi anni momenti di gloria, nelle mani di Ry Cooder, per sottolineare le vicende di Paris Texas o in quelle di Mark Knopfler nell’album Brothers in Arms dove una splendida National campeggia in copertina.

Di pari passo sembra lungi dal tramontare la stella della compagnia produttrice di questi strumenti, la OMI (Original Musical Instrument Co. Inc) che dopo tante e complesse vicissitudini commerciali ha ancora oggi in catalogo i più prestigiosi strumenti sia Dobro che National entrambi messi in vendita con il marchio Dobro, di cui è tuttora in possesso: accanto agli strumenti, accessori e parti di ricambio per la gioia dei chitarristi che vogliano scoprire un’altra delle tante voci della chitarra.

QUALCHE TERMINE INGLESE
Parlando di chitarre a risonatore è facile e comodo a volte usare termini inglesi più concisi. Per aiutare chi ha scarsa familiarità con quella lingua, ecco alcuni termini più usati.
bisquit – lett. ‘biscotto’, per la sua forma. E’ in pratica il ponticello che trasmette la vibrazione delle corde al risonatore singolo delle National.
bottleneck – lett. ‘collo di bottiglia’. I vecchi bluesman come Furry Lewis usavano un vero e proprio collo di bottiglia per ottenere l’effetto ‘slide’ sulla chitarra. Oggi è sostituito da cilindri cavi in metallo o materiali sintetici reperibili in commercio e che hanno mantenuto il nome originale.
cover-plate – il coperchio che protegge l’elemento risonatore di National e Dobro: è variamente traforato per consentire la fuoriuscita del suono.
cyclops – ‘Ciclope’: così era definito il Dobro 60C per via dell’unica piccola buca in fondo alla tastiera e prima del coperchio, in luogo delle due laterali dei modelli più comuni. Attualmente è di nuovo in produzione.
duolian – è il nome del più economico strumento National a risonatore singolo.
lap-steel – detta comunemente chitarra hawaiiana, si suona impugnando una sbarretta metallica nella sinistra (steel) che viene fatta scorrere sulle corde. La sua forma allungata non ha più nulla della chitarra, il più delle volte è elettrica e in tal caso ridotta alla sola tastiera, e si suona tenendola in grembo (lap).

resophonic guitar – chitarra a risonatore in genere, sia Dobro o National o altro.
round-neck – manico rotondo, come nelle chitarre tradizionali: consente ad uno strumento resofonico di essere suonato come una normale chitarra, a differenza dello ‘square-neck’ (v.)
single resonator – chitarra a risonatore singolo.
slant – particolare posizione obliqua dello steel (v.) o del bottleneck (v.) per ottenere bicordi altrimenti ineseguibili con la tecnica ‘slide’(v.)
slide – lett. ‘scivolare’. Tecnica chitarristica che consiste nel far scivolare un oggetto di metallo o altro lungo le corde della chitarra.
spider-web – lett. ‘ragnatela’ per la sua forma, è l’elemento posto al di sopra del risonatore a doppio cono concentrico. Dobro.
square-neck – manico a sezione quadrata di una chitarra a risonatore e che pertanto non consente l’uso tradizionale dello strumento. In questo caso le meccaniche vengono montate al rovescio e rendono immediatamente identificabile una ‘square-neck’.
steel – lett. ‘acciaio’. Sbarretta metallica massiccia a sezione rotonda o opportunamente sagomata usata da chi usa sullo strumento esclusivamente tecniche slide(v.). Il bottleneck (v.) è invece preferito da chi non vuole rinunciare completamente all’uso delle dita della mano sinistra.
triolian – da non confondere con Tri-Plate (v.), è il nome che la National diede ai suoi strumenti immediatamente superiori allo stile ‘Duolian’ (v.), superati in qualità e prezzo dallo stile ‘O’.

Luigi Grechi, fonte Chitarre n. 49, 1990

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