Dopo il biennio oscuro 1973-1975 dovuto a morti dolorose, il primo figlio con problemi mentali, e abusi di ogni genere, ma anche di grandi album cupi e spigolosi e dopo due dischi di medio valore come Long May You Run (con l’amico-rivale Stills) e American Stars’ N Bars, Neil Young torna alle serene atmosfere di Harvest e nel 1978 pubblica questo Comes A Time.
Diciamo subito che l’album, pur non raggiungendo le vette di Harvest, si fa apprezzare dal pubblico e dai critici che, dopo una serie di dischi incostanti, sembrano tirare il fiato dalle bizzarrie del loro idolo. Comes A Time è un disco pacato, registrato (in ben sei studi differenti!) con gli amici di sempre come Ben Keith, Nicolette Larson, Tim Mulligan, David Briggs. In un paio di brani figurano anche i Crazy Horse, in verità però un po’ fuori contesto, e J.J. Cale.
S’inizia con Goin’ Home, un brano solare, gradevole, ma non memorabile. Meglio la title track, una ballata country nostalgica con un bel violino in evidenza e la voce della Larson che segue quella del leader.
Al terzo pezzo, il primo con i Crazy Horse, si fa già sul serio. Look Out For My Love è uno di quei brani che ancora oggi non faticano a entrare nelle scalette dei concerti di Young. I Crazy Horse in versione acustica sono spiazzanti, anche se la chitarra elettrica distorta in sottofondo ci avvicina già alle sonorità ruvide del successivo Rust Never Sleeps. La seconda canzone coi i Cavalli Pazzi è la successiva Lotta Love, un brano però che sembra più uscito dal un LP del Jackson Browne di quel periodo.
Piece Of Mind è di nuovo un gran brano adagiato su un leggero tessuto di violini, mentre Human Highway, che ricordiamo provenire dal progetto abbandonato nel 1975 Homegrown, è fantastica e merita ancora oggi posto nei concerti. Un country in cui la seconda voce della Larson danza senza incertezze. Più sfumata, e melensa, è Already One che si può dire minore, così come Field Of Opportunity, troppo country old-fashioned per emozionare davvero.
Siamo in chiusura ed ecco giungere uno dei brani migliori dell’album Motorcycle Mama. Canzone ruvida che musicalmente si stacca dal resto, crea la base per un bel duetto con la Larson che sembra salvare la versione qui pubblicata, sempre vicina a spegnersi come se fosse una demo, ma la voce di Nicolette la riprende più volte. A fronte del bell’impatto sonoro, il testo un po’ scurrile ne fa un brano liricamente discutibile.
Chiude la buona cover di Four Strong Wind di Ian Tyson. Un vecchio pallino di Young di cui si ricorda una hit di Bobby Bare nel 1965.
Tutto sommato un disco piacevole che grazie all’immagine sorridente della copertina riconcilia (temporaneamente) Neil Young con il mondo.
Reprise MSK-2266 (Singer Songwriter, Country Rock, 1978)
Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2006