Dopo una fase di innamoramento scaturita ascoltando le prime due uscite bluegrass dei ragazzini californiani che mi ha costretto ad una autentica caccia al tesoro per procurarmi il loro splendido esordio western quando ancora erano bambini, è subentrato un sentimento di amore e odio per i Nickel Creek, amore per le loro impareggiabili doti musicali e odio per la loro incomprensibile decisione di non omaggiarci più del loro talento.
Già dal precedente lavoro si intuiva il desiderio dei tre di esplorare mondi nuovi, lontani dall’universo bluegrass, lontanissimi se si ascolta questo Why Should The Fire Die?
La scelta di due produttori da sempre estranei alla musica bluegrass come Eric Valentine e Tony Berg la dice lunga sugli obbiettivi di questo CD.
Se nei precedenti lavori i tre dei Nickel Creek scrivevano parte dei brani contenuti nei CD per poi completare l’opera con splendide composizioni di navigati autori della sfera bluegrass, ora i tre ci propongono un prodotto interamente personale con ben tredici brani da loro scritti dove la sola cover, Tomorrow Is A Long Time di Bob Dylan, risulterà il più bel brano del disco con l’angelica voce di Sara Watkins a ricordarci di cosa sia capace la ragazzina.
Quasi a prendere in giro l’ascoltatore bluegrass, ecco un’autentica gemma strumentale, Stumptown, uno dei più bei strumentali ascoltati negli ultimi tempi, come a dire: “Vi piace questa musica? Beh, allora cercatela altrove”.
La stessa brevità del pezzo, meno di due minuti, pare proprio voler dire questo. Ancor più ‘grave’ una dichiarazione di Chris Thile nella presentazione di Why Should The Fire Die?: “Non dobbiamo necessariamente scrivere canzoni ambientate nelle colline che parlano di whiskey distillato clandestinamente oppure di minatori”. Beh, forse dovreste!
Sugar Hill SUG-CD-3990 (Bluegrass Progressivo, 2005)
Roberto Campovecchi, fonte TLJ, 2006
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