“Un buon cane da volpe caccerà la volpe fintanto che saprà da che parte la volpe sta andando… E’ come una melodia, pungente come una spina; poi, può darsi che prenda una scorciatoia e sorprenda la volpe ancora sulle sue tracce… e allora puoi sentire quei toni strazianti. Devi amare quella melodia ed elaborarla finché la gente la ami alla stessa maniera”.
Niente meglio di questa frase di Bill Monroe – citata ad introduzione delle note di copertina dell’album – poteva dare l’idea di quale sia la concezione che Rowan ha del bluegrass, una concezione che vorremmo definire ‘radicale’, nel senso che egli costantemente persegue la ricerca dell’intima essenza di questa musica, a costo di tentare addirittura di ricondurla alle sue origini ‘prenatali’ irlandesi, come era accaduto in Walls Of Time (Sugar Hill SH-3722, 1982).
Qui la ricerca si arresta più tradizionalmente al bluegrass più DOC, tanto che dei 12 brani dell’album ben 10 sono firmati da Bill Monroe: un vero lavoro filologico, denso di affetto e soprattutto di rispetto per il vecchio maestro.
Il senso più profondo del bluegrass sta nella sua drammaticità: dramma dell’esistenza, di angoscia e speranza, viaggio e fuga, come quella della volpe inseguita dai segugi. E non a caso sono stati i latrati confusi di cacciatori e preda a suggerire anche una dimensione musicale, echeggiando in valli lontane, agli hillbillies seduti ad attendere il ritorno degli animali squinzagliati durante quelle ‘fox chase’ che – come puntualizza Mike Seeger – erano più un’occasione sociale che una vera e propria caccia attiva.
Lì sono da cercare le origini di quel ‘high lonesome sound’ che scaturisce dalla disperata ed esasperata tensione armonica tra tenor e high tenor costituendo forse la principale invenzione del bluegrass di Monroe ed è ora costantemente presente in quest’ultimo lavoro di Rowan, bene assistito nella armonia alta da Alan O’Bryant in una dimensione vocale dominante in tutto l’album con dosati interventi di Sam Bush, baritono, e con la sorpresa, almeno per me, di Richard Greene perfettamente a suo agio nel ruolo di basso in una versione di ottima fattura del gospel Boat Of Love.
The First Whippoorwill è un album tutto di canzoni, come abbiamo detto, scritte prevalentemente da Monroe, ed in questa dimensione di tributo all’autore particolarmente sobria è la parte strumentale, pur con la presenza di nomi come Junior Husky, Bill Keith e i già citati Sam Bush e Richard Greene: a quest’ultimo, affiancato da Buddy Spicher come secondo violino, spetta la parte del leone, secondo una formula, quella dei ‘twin fiddles’, oggi abbastanza desueta nella più recente discografia bluegrass ma più comune negli anni a cavallo della guerra. E’ chiaro che questa maggiore enfasi data agli archi porta nel missaggio ad una ridistribuzione dei piani sonori leggermente atipica rispetto al bluegrass che siamo oggi abituati ad ascoltare. Uno dei risultati è una presenza meno ossessiva del ‘chop’ in levare del mandolino, che tuttavia mai rinuncia a tutte le finezze dello stile di Sam Bush, cosi come impeccabile e gustoso è sempre Bill Keith al banjo: anche se entrambi abbandonano qui, e giustamente, ogni velleità progressiva ed i loro assoli appaiono meno enfatizzati di quanto ci si potrebbe attendere, a tutto vantaggio però della valorizzazione dell’aspetto vocale e testuale delle canzoni, superbamente interpretate da un Rowan in ottima forma.
Una sola concessione al gusto per lo yodel in Goodbye Old Pal, riecheggiante certe cowboy-songs, e qualche leziosità (però giustificata ed aderente al testo) in Sweetheart You Done Me Wrong possono apparire ai più critici ed intransigenti come peccati più che veniali e più che riscattati dall’energia e dal calore che si sprigionano negli altri brani, ed in massimo grado nella title-track The First Whippoorwill dove si può anche ammirare un geniale, limpidissimo assolo di chitarra che ci mostra come Rowan, quando può e quando vuole, vada volentieri oltre il suo ruolo di chitarrista ritmico, del resto universalmente apprezzato per potenza, precisione e ricchezza dinamica e timbrica.
In definitiva, alcune recenti e discusse uscite discografiche del grande Bill Monroe faranno ancor più apprezzare agli amanti del bluegrass tradizionale questo lucido ed appassionato omaggio, formalmente impeccabile nel suo rigore, di Peter Rowan e degli altri ex Blue Grass Boys, che qui lo accompagnano, al loro padre musicale; e chi segue da anni l’attività di Rowan e pensa di essere ormai avvezzo all’imprevedibilità dei suoi dischi, sarà ancora una volta sorpreso da questo album di puro, purissimo bluegrass.
Sugar Hill SH-3745 (Bluegrass Tradizionale, 1985)
Luigi Grechi, fonte Hi, Folks! n. 15, 1986
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