Popa Chubby è in un momento di gran forma e sforna puntualmente lavori eccellenti al ritmo serrato di uno all’anno. Questo The Good The Bad And The Chubby non fa eccezione e si stabilizza su un blues di base spesso in grado di sconfinare in generi paralleli come il rock e addirittura il rap.
Sempre più in grado di dominare la sua chitarra e di indirizzarla a seconda delle necessità verso un sound selvaggio piuttosto che soft, Chubby affina anche le sue capacità vocali che assumono una certa rilevanza.
Affiancato da una band ormai affiatata, snocciola forse le sue cose migliori quando si affida all’accompagnamento esuberante delle tastiere di Mike Lattrell che picchia sulle note alte come se fosse Jerry Lee Lewis. Ma le canzoni dell’album sono varie e Popa sembra voler accontentare un po’ tutti senza disdegnare ballate e pezzi jazz oriented.
Spesso all’interno del medesimo brano si sommano influenze diverse che portano il blues a evolversi in direzioni spurie, salvo poi ritrovarsi nei solo chitarristici, spesso lunghi, e sofferti, dello stesso Chubby.
È il nuovo blues di New York che proprio con lui sta prendendo sempre più piede e cerca di uscire dai canoni ufficiali dettati dai vecchi maestri di Chicago.
Popa Chubby in una specie di delirio di onnipotenza, decide, in un paio di pezzi, Strange Way Of Saying I Love You e P.O.P.A, di fare da solo, così si sovraincide mentre suona chitarra, piano, basso, batteria e loop. Il risultato non è male, ma alla lunga risulta un’elaborazione egocentrica, inutile e fine a se stessa; meglio che si tenga stretta la band che è davvero a sua misura e può vantare una sezione ritmica di valore.
Voto: 7
Perché: The Good The Bad And The Chubby è un disco vario e ben strutturato in cui Popa Chubby mostra la consueta perizia alla chitarra.
Dixiefrog DFGCD 8530 (Roots Rock, 2002)
Roberto Caselli, fonte JAM n. 84, 2002