Randy Rogers Band - Roller Coaster cover album

Da quell’inesauribile serbatoio di talenti artistici noto anche come Texas, arriva il signor Randy Rogers, da quel di Cleburn, TX, accompagnato dalla sua band. Il gruppo in questione è arrivato al terzo disco, dopo l’esordio di Live at Cheatham Street (2000) e la conferma di Like It Used To Be (2002) e questo Roller Coaster è impressionante per quanto di positivo contiene all’interno dei suoi solchi. La grinta e la convinzione sono quelle di Steve Earle ed anche l’impatto sonoro, sia vocale che strumentale, è vicino al cocciuto cantautore texano di cui sopra. This Time Around rappresenta da solo una sferzata di energia non certo trascurabile – pensate al Boss che decida di fare un brano country-oriented – ed il fiddle indiavolato di Brady Black si impadronisce subito del brano, ma già l’iniziale Down & Out ci aveva letteralmente fatto saltare sulla sedia: Randy Rogers ha una voce molto particolare e facilmente riconoscibile, il sound è aggressivo e compatto, maturo e massiccio, pur nelle sue – rare – sfaccettature acustiche, cioè quando le chitarre diventano ‘unplugged’ e la vena più romantica si fa giustamente strada. Discorso che calza alla perfezione per una song come Somebody Take Me Home, con un competente Jon Richardson al basso e l’onnipresente fiddle che colpisce qua e là, anche se lo sviluppo successivo si orienta verso il suono più graffiante.

Riecco il suono unplugged per l’apertura di Love Must Follow You Around, rilassata ballata acustica dove Randy Rogers mostra il suo lato più delicato e sentimentale, ma senza timore di cadere nello sdolcinato: grande ballata da ascoltare a ripetizione. Lay It All On You rialza la testa con fierezza e si muove lungo le piste conosciute del suono rude e sporco, country e rock allo stesso tempo, ma completo e solido (questi ragazzi sono davvero bravi…). Tonight’s Not The Night ha il passo fiero della ballata epica a-la Steve Earle, pur godendo di una sua personalità ben precisa e spiccata, Again presenta vari riferimenti al suono sudista (leggi Lynyrd Skynyrd acustici) con il fiddle che si ritaglia il proprio spazio con cocciutaggine e l’elettrica solista che cerca di contrastarlo invano, Can’t Slow Down rilegge i canoni classici della highway song: atmosfera elettroacustica con tappeto di ritmica contrappuntata da leggeri tocchi di solista (elettrica ed acustica), voce calda e pastosa e testo che racconta del dualismo dei sentimenti che si combattono: chi spinge per vivere sulla strada e chi predilige i sentimenti della stabilità famigliare: grande canzone.

They Call It The Hill Country (Kent Finlay) è ovviamente dedicata all’omonimo territorio del Texas, Ten Miles Deep sarebbe bellissima interpretata dal grande Waylon, ma è arrivata in ritardo (credito va comunque al suo autore Jon Richardson, bassista del gruppo, che si completa con Les Lawless alla batteria e Geoffrey Hill alle chitarre), I Miss You With Me è invece opera del solo Randy, che si affida nuovamente alla chitarra acustica, ad un fiddle non certo invadente e ad un soffice tappeto di percussioni (mi azzarderei a dire che si tratta della cassa della chitarra acustica) per tracciare un brano delicatissimo e molto introspettivo ed autobiografico. Il disco è prodotto da Radney Foster ed il materiale è firmato da Randy Rogers stesso, saltuariamente affiancato dai vari Wade Bowen (vedi l’omonima band) e Randy Canada (Cross Canadian Ragweed), oltre che dallo stesso Radney Foster. Esiste poi un ghost track del quale non ci è dato ovviamente di conoscere il titolo: si tratta di una ballata ritmata, rimpallata fra chitarra acustica e fiddle, sulla quale si adagia la bella voce di Randy Rogers. Questa band merita ben più di un distratto ascolto e ne riparleremo certo molto presto.

Smith Entertainment SED 7029 (New Country, Traditional Country, Country Rock, Honky-Tonk, 2004)

Dino Della Casa, fonte TLJ, 2005

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