Riley Puckett - Waitin' For The Evening Mail cover album

Il 7 maggio 1894 ad Alpharetta, una cittadina a 25 miglia nord-ovest di Atlanta (Georgia), nasceva uno dei più grandi chitarristi e cantanti di otm: George Riley Puckett. Divenuto improvvisamente cieco dopo poche settimane di vita, Puckett frequentò la scuola speciale per non vedenti a Macon, dove imparò a leggere col metodo Braille ed apprese i primi rudimenti musicali. Impossibilitato dalla grave infermità a trovare un lavoro in una società rigorosamente rurale com’era quella sudista ancora agli inizi del novecento, Riley seguì presto la sorte di molti suoi coetanei nella sua stessa condizione (Dick Burnett, Blind Alfred Reed, Charlie Oaks, G.B. Grayson): acquistò uno strumento e si diede a girare le piazze dei paesi vicini accompagnato da un secondo musicista che svolgeva anche e soprattutto funzioni logistiche.
Nel 1912-13 dal banjo passò alla chitarra, che proprio in quel tempo andava conoscendo un’enorme diffusione nell’ambiente rurale e montano. Spesso si recava ad Atlanta dove ogni anno si svolgeva un importante Fiddling Contest regionale ed in questa città, nel settembre 1922, come chitarrista della Hometown Band capitanata dal fiddler Clayton McMichen, avvenne il suo primo debutto radiofonico negli studi della WSB, allora la maggiore emittente meridionale per potenza e qualità dei programmi.

Nella primavera del 1923 con l’aggiunta di Lowe Stokes (fiddle) e del mandolinista Ezra Ted Hawkins (uno dei primissimi virtuosi di questo strumento raramente usato nell’otm su disco), si formarono gli Hometown Boys, che tre anni dopo, ampliato ulteriormente l’organico con l’inserimento del violinista-banjoista Gid Tanner, dei violinisti Bert Layne e Bill Helms, del chitarrista Arthur Tanner e del banjoista Fate Norris, diventeranno gli Skillet Lickers, certamente la più interessante e popolare string band georgiana dell’epoca.
Tra il 1926 ed il 1931 Riley Puckett incise per la Columbia 90 brani (dei quali 84 editi) in compagnia di questo gruppo dallo stile personalissimo e mai uguagliato, nonostante i numerosi tentativi di imitazione sollecitati anche dalle etichette discografiche rivali. Nel 1931 gli Skillet Lickers si sciolsero dividendosi in tradizionalisti (i due Tanner, Norris, Helms ed Hawkins, che mai comunque ricoprì un ruolo stabile), decisi a continuare sulla strada di un repertorio rigorosamente legato dalla tradizione, ed in modernisti (McMichen, Layne e Stokes), orientati verso nuove esperienze che a breve scadenza li avrebbero portati al western-swing.

Puckett, che era l’una (le origini rurali) e l’altra (la rivoluzionaria tecnica chitarristica) cosa insieme, finì per seguire ambedue i gruppi satelliti negli spettacoli dal vivo e da quel momento iniziò più assiduamente ad incidere come solista: nel 1934 per la Victor a San Antonio (Texas), nel 1935-36 per la Bluebird, nel ‘37 a New York per la neonata Decca e finalmente durante gli anni 1940-41 ancora per la Bluebird ad Atlanta, producendo un totale complessivo di circa 200 brani.
Nel 1946 si stabilì ad East Point, a pochi chilometri da Atlanta, dove spesso si recava a suonare per la stazione radio WACA come membro degli oscuri Stone Mountain Boys. Il 14 luglio del medesimo anno Riley Puckett moriva all’ospedale di Atlanta colpito da una misteriosa infezione ad una vecchia ferita alla testa (secondo Charles K. Wolfe in The Devil’s Box, volume II n. 1), riconducibile con tutta probabilità ad una forma cronica di virosi tetanica.

Basso di statura, grassoccio e per di più cieco, Puckett non aveva nessuna caratteristica fisica del grosso personaggio di successo, né si faceva confezionare gli abiti da un famoso sarto californiano e la sua popolarità come solista non varcò mai in pratica i confini regionali. Dal punto di vista propriamente musicale possedeva però delle inesauribili qualità. In primo luogo la perfetta voce da tenore (venne soprannominato dai contemporanei: il Caruso della Ball Mountain), che riusciva a modellare secondo il tipo di composizione, ivi compreso il blues, e che sfruttò in modi differenti andando dal falsetto (sono rimasti dei capolavori i duetti con Gid Tanner) allo yodelling.
Proprio con il famoso gorgheggio tirolese (che comunque studi recenti fanno risalire ad una primitiva forma corale in uso presso alcune tribù dell’Africa occidentale ed introdotta in America dalle navi negriere), Riley incise il 7 marzo 1924 Sleep, Baby, Sleep, tre anni prima che uno sconosciuto di nome Jimmie Rodgers (acclamato in seguito re indiscusso dello yodel) la proponesse a Ralph Peer nella storica session di Bristol.

Ma dove Puckett si dimostrò un antesignano è senza dubbio nel finger-picking style alla chitarra e più precisamente alla chitarra d’accompagnamento. Affrontava la melodia con una vera e propria valanga di note basse, il celebre dancing on the bass strings, assolutamente rivoluzionario per quei tempi ed in un certo qual modo ascrivibile al bluegrass, con quasi 25 anni d’anticipo. Non pochi violinisti (primo fra tutti Bert Layne) lo odiavano cordialmente poiché i suoi giri e le sue note sincopate spesso portavano fuori tempo, quando addirittura erano incompatibili, in termini di stile, con i motivi tradizionali.
La sua tecnica chitarristica rimane ancor oggi un mistero: se cioè si serviva di un plettro ad anello (fingernail) sul pollice o su tutte quante le dita; se i suoi bass runs venivano prodotti dal pollice, dall’indice o incredibilmente dal mignolo; se era in grado di suonare, come sembra, anche nella posizione di mancino e soprattutto da chi abbia appreso, sviluppandoli poi, tutti questi accorgimenti. Aveva inoltre adattato al proprio strumento un ponticello molto più alto del normale e cioè gli consentiva di farsi sentire persino in un gruppo comprendente in molte occasioni ben tre violini!

Malgrado le numerose riedizioni dei 78 rpm degli Skillet Lickers attualmente reperibili (c/o gli LP County, Rounder, Vetco, Voyager) e nelle quali è perfettamente illustrata questa sua peculiarità, l’unico album dedicato quasi esclusivamente all’aspetto chitarristico del Puckett solista era l’eccellente acustico Roots RL-701 o The Riley Puckett Story (1924-1941), purtroppo tuttora non più in distribuzione. Il tedesco occidentale GHP-902, Old Time Greats, Volume 1, è stato ristampato dall’etichetta statunitense Old Homestead (OHCS-114); ma, pur proponendosi di documentare la voce del nostro, rende solo parzialmente giustizia all’artista, risultando un’antologia discutibile di materiale conosciuto, per giunta in condizioni non ideali di conservazione.
Waitin’ For The Evening Mail della County, di cui ci occupiamo in questa sede, riesce a colmare una grossa lacuna discografica (come del resto parecchie recenti edizioni sotto la guida dell’attivo presidente David Freeman), presentando in quattordici brani il Puckett chitarrista e soprattutto cantante. L’album si apre con una stupenda I’m Ragged But I’m Right, scaturita dalla seduta d’incisione del 1934 per la Victor a San Antonio e vede Riley duettare col vivace mandolino di Ted Hawkins. La voce, più che mai matura e priva d’incertezze, è usata con grande sfoggio e padronanza di toni, i più svariati, in accordo di Fa (poco comune e notevolmente difficoltoso da seguire nelle parti vocali).

Il brano che dà il titolo alla raccolta e Curly Headed Woman (Atlanta 1935) mostrano entrambi uno stile bluesy molto vicino alle interpretazioni di Jimmie Rodgers; ma la chitarra del georgiano appare insuperabile ed inconfondibile per i marcati accenti ragtime e per lo strano intreccio dei bassi che non finisce di stupire. Ascoltando questi motivi è più che lecito domandarsi come poteva Puckett cantare ed accompagnarsi contemporaneamente allo strumento senza scomporsi: è uno dei rompicapi che hanno fatto e sempre faranno impazzire i suoi seguaci ed estimatori, da Maybelle Carter a Thomas Darby, da Frank Hutchison a Cliff Carlisle, a Doc Watson e Norman Blake. Curly Headed Woman, per la cronaca, era stata scritta, pubblicata ed incisa nel 1934 dall’eccellente duo dei Callahan Brothers (Walter e Homer) e la presente versione segue l’originale parola per parola.
Il repertorio più squisitamente tradizionale, oppure comprendente melodie d’autore entrate con estrema facilità nella tradizione, spicca in I Wish I Was Single Again (le lamentele di un marito perennemente disilluso dalla vita familiare, uno dei temi maggiormente ricorrenti nel folklore di ogni tempo e paese) e in The Other Side Of Jordan (o Jordan Is A Hard Road To Travel), composta nel 1953 dal campione del minstrel-vaudeville show Daniel Decatur Emmett (c/o Dixie) e resa celebre dall’impareggiabile banjo di Uncle Dave Macon.

Tre eccezionali interpretazioni chiudono la raccolta: How Come You Do Me Like You Do, dove la chitarra raggy ed un effervescente sconosciuto mandolino ricreano l’atmosfera delle prime jug band di colore; K.C. Railroad, che contiene nel testo e nella musica elementi di Going Down This Road Feeling Bad e quella nota Casey Jones in una felice combinazione di tradizione bianca e nera; infine I’m Getting Ready To Go uscita nel 1930 dalla prolifica penna di Carson J. Robison.
L’album presenta una sola pecca: mancano sfortunatamente gli unici due strumentali incisi da Puckett come solista durante la lunga carriera, sotto lo pseudonimo di Tom Watson (e che sarebbe stato opportuno inserire sacrificando magari qualche vecchia gracchiante matrice) ed alcuni suoi rifacimenti che non si possono facilmente omettere in un’opera che vuoi definirsi completa. Mi riferisco alla incredibile chitarra di Fuzzy Rag e The Darkey’s Wail (entrambe incluse ironicamente nell’Old Homestead) ed alle stupende elaborazioni di Chain Gang Blues (già di Ma Rainey) e My Carolina Home (con i due fiddles solisti di Gid Tanner e del figlio Gordon), che fanno esclamare d’istinto e con rabbia, parafrasando un’espressione del Pascoli in preda ad una crisi nervosa: “Riley Puckett e Jimmie Rodgers: il gigante ed il suo stronzolo!” Il disco va decisamente ascoltato.

County 411 (Old Time Music, 1979)

Pierangelo Valenti, fonte Mucchio Selvaggio n. 33, 1980

Link amici

Comfort Festival 2024