Ryan Adams - Heartbreaker cover album

Primo disco solista per uno dei musicisti più prolifici degli ultimi anni, Ryan Adams, ex-frontman degli ottimi Whiskeytown, che ancor prima dell’uscita del terzo e ultimo album della band, pubblica il suo debutto Heartbreaker, un album intimista, salutato con favore dalla critica.
Il lavoro, quasi interamente suonato da lui e dal produttore Ethan Johns, privilegia i toni morbidi e acustici, ma visto il cospicuo numero di canzoni e la lunghezza totale non si arriva alla fina senza sbadigli. Adams si destreggia con mestiere tra folk, blues e country d’autore, ma non sempre sfonda con armonie vincenti.
L’apertura è un breve scambio di battute in studio con David Rawlings sui dischi di Morrissey, ex-frontman degli Smith; poi si parte con To Be Young (Is To Be Sad, Is To Be High), gran brano dylaniano tanto da sembrare una outtake di Bringing All Back Home. Meglio non si può iniziare, segue My Winding Wheel, un country un po’ figlio di Lucinda Williams, molto gradevole.

Da questo punto inizia una serie interminabile (ben otto!) di brani lenti consecutivi che spazientiscono, anche se alcuni sono decisamente di valore. Amy ha un bel crescendo, ma rimane un brano noiosetto; Oh My Sweet Carolina, un bel titolo alla Gram Parson, si avvale della seconda voce della onnipresente Emmylou Harris, ma non si può dire geniale; Bartering Lines è un blues acustico affascinante; Call Me On Your Way Back Home chiude la prima parte del disco ed è, guarda caso, chitarra e voce. Voltiamo pagina.
Damn Sam (I Love A Woman That Rains) è breve ed è un vero gioiello che richiama il primo Dylan acustico, ma è decisamente farina del sacco di Ryan; Come Pick Me Up ha un bel ritornello, ma c’è da penare prima che arrivi; To Be The One è un Dylan narcotizzato, così come l’ottavo lento consecutivo, Why Do They Leave?, non si può dire brutto, ma noioso sì!

Al dodicesimo brano ci scuotiamo dal torpore! Ecco Shakedown On 9th Street (o Lucy com’è anche indicata nel booklet), un boogie-punk che è un gran bell’incrocio tra Brian Setzer e Nick Cave. Alle backing vocals da segnalare Gillian Welch.
Il brio ritrovato è destinato a durar poco: Don’t Ask For The Water è nuovamente lenta, ma almeno di indubbia qualità, mentre In My Time Of Need è pesante senza causa e pure lunga!
Chiude Sweet Lil Gal (23rd/1st), dove il tempo è il medesimo, ma il piano sostituisce la chitarra.
Se dovete proprio acquistare qualcosa di Ryan Adams dirigetevi prima su altri lidi, per esempio il successivo Gold che non vi annoierà sicuramente.

Cooking Vinyl 205 (Alternative Country, Folk, 2000)

Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2007

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