Slant 6 Cowboys - Slant 6 Cowboys cover album

Normalmente la regione del New England e lo stato del Vermont in modo particolare, non sono famosi per avere dato i natali a nomi importanti del filone Americana, alt-country o roots rock che dir si voglia e non credo che gli Slant 6 Cowboys cambino questa tendenza. Si tratta di un quartetto, il loro CD omonimo ne rappresenta anche l’esordio discografico, il disco è datato 2004 ed è inciso per la 95 North Records. Detto questo, passiamo a conoscere meglio i responsabili. Don Witcher (voce solista, chitarra acustica e slide e dobro) è la mente del gruppo, è l’autore di tutti i pezzi, affonda le sue radici nei brani di Hank Williams Sr. e di Johnny Cash, ascoltati mille volte dalla voce roca del padre agricoltore che li strimpellava su una vetusta chitarra Silvertone. Peter James Coonradt (chitarra solista, slide, acustica, banjo e mandolino) rappresenta l’arma segreta degli Slant 6 Cowboys: talentuoso polistrumentista, è il responsabile dei ‘voli pindarici’ (?) della band. Andreas Lawrence (basso) e Ephraim Lowell (batteria) alla sezione ritmica hanno rimpiazzato rispettivamente Ben Butterworth e Brian Lowe, che avevano partecipato alle session di registrazione dell’album; concludiamo poi ricordando che l’organico che ha realizzato il disco omonimo incorpora anche April Hobart (armonie vocali) in veste di ospite.

Passiamo ora ad esaminare con attenzione i dodici brani che compongono l’ossatura del disco: Badlands vanta un titolo stimolante e la partenza possiede l’epico incedere della classica ballata western, con la chitarra solista che non si dimentica facilmente e che farebbe invidia a Duane Eddy. Driftin’ sembra riprendere il ritmo del brano precedente, ma è prevalentemente giocato sul lavoro della chitarra acustica slide, che guizza sotto le dita esperte di Peter Coonradt. Hard Times è essenziale e quasi alt-country, mentre Tennessee Love affonda le radici nell’humus della tradizione country sudista, con un mandolino solitario a farla da padrone, sui ricami vocali di April Hobart. Ole Muddy riprende il discorso western, con un taglio ancora orientato verso l’alt-country, soprattutto per l’impostazione della voce solista di Don Witcher. Hearts Break mostra una certa mancanza di fantasia nelle ritmiche del gruppo, che si mantiene su stilemi fin troppo strettamente identificabili con il country & western, ma ecco che Whiskey Breathe mostra un certo sussulto (non di più) di variazione da fin quanto fino ad ora proposto. Il brano comunque si ascolta senza infamia e senza lode, ma non lascia il segno.

Last Shot si riallinea velocemente alla ritmica tipicamente alt-country dei brani che lo hanno preceduto e comincia a suonare eccessivamente ripetitivo. Your Man sa di Johnny Cash (nel ritmo) e questo non è certo un difetto, ma la band comincia a mostrare un po’ la corda, almeno a livello compositivo, ma anche dal punto di vista strumentale non è che ci troviamo di fronte a dei mostri sacri. A questo punto Cold Hard Facts suona banale e ripetitiva, mentre Out Of Time è accattivante fin dall’attacco chitarristico, pur non andando oltre il giro armonico che l’introduce in modo quasi bluesato. Jesus And Elvis chiude il disco con un caratteristico dobro ‘sudista’ ed un testo recitato, più che cantato. Una band che non si erge al disopra della media per spirito innovativo, ci sono formazioni ben più meritevoli in giro. Può darsi che un certo sound riesca meglio a chi ci è nato in mezzo, piuttosto che volerselo appiccicare addosso a tutti i costi.

North 95 (Alternative Country, Country & Western, 2004)

Dino Della Casa, fonte TLJ, 2005

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