Steve Young è uno dei pochi musicisti che riesce, grazie alla sua semplicità e sincerità, a comunicare in modo immediato all’ascoltatore i propri sentimenti e sensazioni. Già nel ’68 girava con un suo gruppo, gli Stone County, eseguendo del buon rock. La band riuscì ad incidere un album per la RCA che non ebbe successo, tanto che Steve sciolse il gruppo e si dedicò alla attività solistica. L’anno seguente incise un album per la A&M, Rock Salt & Nails, che prese il titolo dalla famosa song di Bruce Utah Phillips; l’album era discreto e vi comparivano come ospiti Gene Clark e Gram Parsons, ma non ottenne alcuna spinta dalla A&M e passò del tutto inosservato. Oggi (come il precedente) è assolutamente introvabile, ma non vi rovinate il fegato a cercarlo. Young continua a girare per festival ed altre manifestazioni musicali del Texas, eseguendo un repertorio vario di proprie composizioni, traditionals, song di Utah Phillips, Jennings, Nelson, Haggard ed ottenendo un grosso successo personale.
Solo nel ’72 vede la luce il suo nuovo album: Seven Bridges Road. Si tratta di un buon lavoro particolarmente curato. Vi troviamo alcune delle più significative composizioni di Steve da Seven Bridges Road a Montgomery In The Rain fino a Lonesome On’ry And Mean. Nel ’75 la Blue Canyon, piccola label di Las Vegas, acquista i diritti di Seven Bridges Road dalla Reprise e lo ristampa. L’album ottiene successo ed il pubblico e la critica riconoscono in Steve Young uno dei migliori honky tonk singers. Lo stesso anno grazie alla Mountain Railroad Records, label indipendente di Cambridge, distribuita dalla Flying Fish, vede la luce Honky-tonk Man, il mio preferito tra gli album di Steve: è superfluo dire che si tratta di un piccolo gioiello contenente songs di Bob Wills (Brain Cloudy Blues), di Hank Williams (Ramblin’ Man), di Utah Phillips (Rock Salt & Nails) oltre a traditionals.
L’album ottiene buone vendite e consente a Steve di ottenere un contratto con la RCA, label che gli offre naturalmente più garanzie dal punto di vista commerciale. Nel ’76 vede la luce Renegade Picker. Raffinato interprete e sublime esecutore, Steve ci affascina con versioni di songs come It’s Not Supposed To Be That Way di Willie Nelson, Tobacco Road di Loudermilk, Broken Hearted People di Guy Clark oltre ad alcune gemme del suo repertorio come Renegade Picker. All’inizio di questo ’78, dopo quasi due anni di attesa, ecco il suo nuovo album che ci conferma la sua maturità come artista anche se forse non raggiunge le vette dei due precedenti album. No Place To Fall prende il titolo da una dolce song di Townes Van Zandt, altro grande cantautore texano. Di particolare effetto la rockeggiante Drift Axay di Mentor Williams e di I’ve Got The Same Old Blues di J.J Gale. Notevole la versione di I Can’t Sleep di Steve Goodman. Il capolavoro resta comunque una edizione di Don’t Think Twice It’s All Right di Bob Dylan. Un cantautore che merita di essere conosciuto come merita tutta la honky-tonk.
RCA APLI-2510 (Honky Tonk, 1978)
Daniele Ghisoni, fonte Mucchio Selvaggio n. 7, 1978
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