Qualcuno di voi si ricorderà, forse, di una rubrica (molto piccola, per fortuna) che saltuariamente introducevo nella mia pagina sul Mucchio Selvaggio, una dozzina di anni fa: intitolata Veleno!, era dedicata al parlare male di questo o quello, dal disco all’interprete al recensore. Il signor Andy Owens, 12 anni dopo, meriterebbe che resuscitassi Veleno! per questo Kerosene Circuit, anche se da altri si è beccato recensioni positive. Giudicate voi, comunque.
Gli è che non capisco quale sia il suo Project: se si tratti di riuscire a utilizzare grandiosi sidemen (Douglas, Bush, Duncan, Grier, Schatz, O’Bryant, Patton, Bailey, Eldredge e Archer, la usuale marmaglia della Nashville acustica) per un lavoro che non meriterebbe gran che (e c’è riuscito), o sputtanare i suddetti facendoli rendere male (e non c’è riuscito), o rovinare il suono di Bit VornDick col non-suono del suo mandolino (e anche qui non c’è riuscito, ma per poco), o dimostrare che al giorno d’oggi c’è qualcuno che ancora non ha capito come organizzare la sequenza dei pezzi di un album (bingo!), o chissà che cavolo d’altro.
Fatto sta che qui apriamo questo Kerosene Circuit e troviamo in bella evidenza due o tre ringraziamenti alla ‘voice coach’ di questo Andy Owens, e anche a Butch Baldassarri in qualità di ‘ricuperante’ di mandolini, così un povero dio si aspetterebbe, legittimamente, di sentire poi una voce degna di un John Cowan, o di un Peter Rowan, o al minimo di un Pavarotti, e un suono di mandolino da Sam Bush, Doyle Lawson, o almeno Bill Monroe.
Niente. Proprio niente, o peggio: voce da presuntuoso che canta normalmente ma in modo fastidioso, e mandolino che ancora adesso dopo un paio di ascolti non riesco a ricordarmi di averlo notato.
Invece il ringraziamento a Hasi, cuoco/a sushi, lo si capisce, perché il nostro Andy di Pavarotti ha il fisico. Makes sense… Ah, sì, c’è il discorso della scaletta dei pezzi: tre pezzi di fila, all’inizio, in tonalità più o meno minore e con lo stesso tempo, poi una roba stile Walls of Time ma qualsiasi, poi altre cose che non te le ricordi nemmeno se vuoi, fra cui una Dixie Home che chiunque ci si provi la pensa meglio, e ben poco degno di essere lodato, il tutto con buona pace dei sunnominati musicisti, i quali restano gli dei che conosciamo nonostante Andy Bellagioia.
Io sarò forse troppo severo e spesso visceralmente e immotivatamente parzialone, ma un CD come questo va archiviato sotto ‘Disposable’. E giù cicuta!
Delta Queen /Kerosene Circuit /Blackjack Oak /Bitter Memory /Porch Steps On Highway 29 /Dixie Home /Old Cumberland Trains /Body & (sic) Soul /Rebel Dreams /Another Lonely Morning /St. Peter Won’t You Let Me In /You’re Not Me
Real RRT 2001 (1993)
Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 21, 1993