The Bluegrass Banjo Of Sonny Osborne

La comunità banjoistica internazionale ha atteso con ansia e per un’eternità che qualcuno producesse un video sullo stile di banjo di Sonny, quindi spero non ve la prendiate a male se ho aspettato circa un anno a scriverne la recensione…

Punto primo: se siete banjoisti seri non potete ignorare l’immenso contributo stilistico di Sonny Osborne, o liquidarlo come appartenente al passato. Dagli anni ‘50 Sonny ha continuamente sperimentato, non si è mai accontentato di quello che faceva, ha ricercato suoni e soluzioni sempre nuove, mutuando ogni sorta di apporto (melodico, armonico e a volte timbrico) da altri generi e strumenti musicali (piano, pedal steel, chitarra, addirittura fiati), e sviluppando lo Scruggs style come pochi altri hanno saputo fare.

Il tutto, notare, su due fronti diametralmente opposti: quello attuale del lascia stare lo strumento come era in origine, usando solo i suoni a sua disposizione (che peraltro nelle mani di Sonny sono il massimo della vita!), e quello di molti anni fa, in cui tutto fu tentato dal nostro per variare il suono, dall’elettrificazione (di cui Sonny fu l’antesignano), all’elettronica (fortunatamente per poco tempo, in cui venne messo in gioco addirittura un talk tube alla Peter Frampton!), a modifiche come il banjo a 6 corde (con un Re basso aggiunto) o a cassa profondissima (accordato un paio di toni sotto).

Vi basta tutto ciò per parlare di Sonny Osborne come innovatore? Bene, siamo d’accordo allora. Va da sé che tutto ciò non potrebbe mai essere contenuto in un video di 90 minuti, per cui si presume che chi lo acquista sia già un minimo acculturato sulla storia di Sonny, oltre che, naturalmente, in possesso di una buona conoscenza di base dello Scruggs style, dato che anche questo, come quasi tutti i video di Homespun Tapes, è un video didattico molto tecnico.

Il formato è poco usuale, molto salottiero, con Osborne intervistato da Tom Adler prima, quindi da Bill Evans, tutti amabilmente stravaccati su divanetti e poltrone. Su alcuni esempi abbiamo Terry Eldredge e Terry Smith ad accompagnare il banjo di Sonny, altrove è l’intera band (con un Bobby vagamente impagliato) a dare una base completa a pezzi suonati per intero.

Il suono è molto buono, e abbiamo modo di goderci Lady Granada (la bellezza del 1935 che è ormai mitica quasi come il suo proprietario) nella ricchezza timbrica che la caratterizza.

Sonny è rilassato e nel suo umore migliore, divertente e desideroso di informare. Questo formato discorsivo, a ben vedere, è il pregio ma anche il limite del video, dato che consente di centrare l’attenzione di volta in volta su dettagli tecnici, passaggi particolari, anche facendo un po’ di dietrologia, ma contemporaneamente impedisce che pezzi o passaggi possano essere illustrati nell’usuale prima lento poi veloce tipico dei video didattici.

Sempre come pregio-difetto, questa volta della personalità musicale di Sonny, vedo il fatto che i pezzi suonati col gruppo, o anche in alcuni casi con basso e chitarra, siano eseguiti dal nostro in modi sempre diversi, da vero improvvisatore cronico, e in ogni caso diversi dalla versione su intavolatura.

Insomma, bisogna lavorare molto di telecomando, e rivedere i passaggi interessanti per capire cosa sta succedendo, il che richiede una buona preparazione tecnica (e d’altra parte è Sonny Osborne, mica Silvio Ferretti!…).

Un’altra osservazione: la prima mezz’ora circa è dedicata a Scruggs, al suo stile e al suo contributo, ancorché in parte riveduto da Osborne, ma comunque Earl Scruggs, e se può fare piacere ascoltare l’ll Never Shed Another Tear o Pain In My Heart suonate da Sonny, viene però da pensare che 30’ su 90’ sarebbero stati meglio sfruttati in altro modo, ad esempio illustrando le personalissime tecniche accordali o in single string usate dal nostro, anziché testimoniando gratitudine ad Earl per la sua influenza stilistica.

Il resto del video si concentra sui tipici Sonnyismi, e veniamo deliziati da piccole gemme come El Randa, Dandelion, Danny Boy, America The Beautiful (tutti pezzi da cui possiamo farci un’idea precisa sull‘enorme lavoro compiuto da Sonny sulle possibilità del banjo), oltre che da cose in fondo più normali, quali Six White Horses, Me And My Old Banjo, One Tear, Eight More Miles To Louisville, I’ll Never Love Another, Sunny Side Of The Mountain e l’ormai immancabile Rocky Top.

Il mio commento: questo video, come quasi tutti i video in cui è spiegato lo stile di un maestro, dovrebbe essere ritenuto fondamentale per ogni banjoista serio. In più, aggiungerei, se nella serietà comprendete la possibilità di incorporare nel vostro stile qualcosa dello stile dei maestro, ricaverete informazioni preziosissime da un lavoro serio sullo stile di Osborne, direi molto di più che non da un Bela Fleck o da un Tony Trischka in estremo.

Mi spiego: una cosa è lavorare su soluzioni armoniche, timbriche o ritmiche, come fa Sonny e come in fondo dovremmo fare tutti, ben altro è tentare di seguire strade avanzatissime, che richiedono basi tecniche fuori dal mondo, per anche solo intravedere qualcosa dello stile di Bela, Tony o, che so, Pat Cloud.

Non sto dicendo che sia facile suonare come Sonny Osborne, tutt’altro, bensì che è più facile imparare a lavorare, come lui fa, su diverse posizioni della tastiera o rolls alternativi, e riuscire così ad ottenere qualcosa di personale, piuttosto che sbattere la testa contro muri come certi (tanti) passaggi degli altri, tentare di riproporli in concerto, ceffarli inevitabilmente se solo la velocità del pezzo è più alta di una tacchettina di metronomo, o anche se siete un minimo più fusi, e sapere in ogni caso di non avere nemmeno graffiato la superficie di quello che abbiamo studiato…

Sonny Osborne, nella mia visione, significa banjo a tutto tondo, e sono sicuro che da lui si possa imparare moltissimo sullo strumento, sulle sue possibilità, su come si possa essere musicali e originali, ma rispettosi della tradizione. Raccomandatissimo.

Silvio Ferretti, fonte Country Store n. 36, 1997

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