Terza fatica sonora di Tony Rice, uno tra i più originali chitarristi bluegrass del momento al quale devo accreditare, oltre che una grande abilità strumentale, una grande fantasia nel costruire mirabili assoli di chitarra… Sarà giusto comunque chiarire che lo stile in cui Rice suona non è propriamente bluegrass, bensì una precisa e studiata fusione di elementi country uniti ad elementi di jazz; il risultato è di una scioltezza, ma anche di un colore assai originali, che si prestano, in modo azzeccato, sia ad interpretazioni di brani di musica tradizionale, che a quelli più sperimentali (jazz, hillybilly etc…). Tony Rice non è solo velocità insomma, ma soprattutto… sensibilità e sentimento.
Il disco, che in origine doveva chiamarsi Rattlesnake (alla fine si è optato per un più comune Tony Rice) è stato nascosto (le registrazioni sono state effettuate nel luglio del 1976) per un anno intero dai dirigenti della Rounder ed esce solo ora: è senz’altro ciò che di meglio l’artista ci abbia regalato nella sua breve carriera solista. Tre dischi, compreso questo: il precedente California Autumn (del 1975) aveva più che delle ottime referenze per introdurre Tony, se non tra le stelle, almeno fra le promesse più significative del bluegrass. E’ interessante cogliere anche in questo album le preferenze musicali del chitarrista che vanno dalle ballate country gospel fino ad elaborazioni di brani tradizionali o di certo jazz, al fine di tracciarne la precoce evoluzione o maturazione stilistica. Più che felice la scelta di far aprire l’album ad una ballata splendida quale Banks Of Ohio cantata da Tony assieme al fratello Larry (vocal tenor) ed a J.D. Crowe (vocal baritone).
Rattlesnake è invece uno squisito esempio di dawg music, ovvero quella musica che David Grisman porta in giro coraggiosamente per il mondo (non tutti forse sapranno che Tony Rice è il chitarrista del David Grisman Quintet. Il gruppo in questo disco è quasi al completo, assente il bassista Bill Amatneek il cui ruolo è ricoperto da Todd Phillips abitualmente secondo mandolinista del Quintet).
Mr Engineer è un’altra calda ballata che sfiora dolcemente i lidi del country gospel, con una performance vocale a tre (Rice Brothers and J.D. Crowe) stupenda, il tutto sottolineato meravigliosamente dalle saltuarie entrate di Richard Greene al violino (Greene, uno dei protagonisti in senso assoluto del disco con J.D. Crowe, banjo; David Grisman, mandolin vocals; Darol Anger, violin; Todd Phillips bass; Larry Rice, mandolin vocals, dovrebbe incantare col suo album solo di prossima pubblicazione presso la Rounder) e di Jerry Douglas pregevole dobroista.
Una vera sorpresa riserva Plastic Banana, un brano tratto dal repertorio della Great American Music Band (il compositore del pezzo, David Nichtern, fece parte nel 1974, con Grisman e Greene, di questo effimero e glorioso gruppo) che anticipa il discorso musicale del gruppo di David Grisman. Con Don’t Give Your Heart To A Rambler ritorniamo fra le songs più care al chitarrista: le ballate. Qui Rice ha modo di dimostrare le sue eccellenti qualità vocali.
Essenziale ed importante, il lavoro del gruppo alle sue spalle, qui come negli altri brani: il mandolino introduce il pezzo, per lasciare spazio in seguito ad interventi di banjo, dobro, guitar e violin; anche se le entrate dei vari musicisti sono alternate, non lo è la presenza, che è viva e costante in tutto il disco. Farewell Blues, un eccitante dixie degli anni ’20 adottato con simpatia dal bluegrass, chiude la side one in modo fresco ed originale.
Side two: Way Downtown, un vecchio brano tradizionale arrangiato da Tony, sprigiona in questa versione energia e spirito a iosa, nei continui ed incalzanti assoli tra gli strumenti, sorretti da un background ritmico costituito non solo dal contrabbasso, ma pure dal banjo – mandolin – guitar che si affiancano ben volentieri a questo strumento, scandendo ritmicamente il pezzo e dandogli più corpo e spirito. Di Stoney Creek è sottolineabile la freschezza musicale e l’ottima performance al banjo di J.D. Crowe mentre Hills Of Roane County è una delle più belle ballate da me ascoltate ultimamente, vissuta nell’interpretazione di Rice ed armoniosa e calda-misurata nello sviluppo strumentale.
Più vicina al repertorio (lo stesso arrangiamento lo conferma) del quintet, la seguente Eight Of January; anche se lo sviluppo è tipicamente bluegrass, è un’ennesima dimostrazione del preciso posto in cui si sta collocando nella musica tradizionale americana. Big Moon, un pezzo nella classica tradizione di Monroe, vede impegnati i due violinisti, Greene e Anger, in un duetto all’unisono (i due violinisti sono senz’altro tra i migliori, almeno nel campo del bluegrass). Temperance Reel, il brano finale, è un omaggio al passato: anche se la veste è completamente reinventata, lo spirito è vivo più che mai. Album stupendo.
Rounder 0085 (Bluegrass Moderno, 1977)
Mauro Quai, fonte Mucchio Selvaggio n. 2, 1977
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