Si può capire la sorpresa di Tony Trischka quando il chitarrista Glenn Sherman, chiamato per un’audizione, gli disse di andare pazzo per i Lynyrd Skynyrd.
Il banjoista newyorkese, lì per lì scettico, decise di non farsi mangiare dal pregiudizio: e fece bene, perchè un attimo dopo sarebbe stato conquistato dallo stile potente e raffinato insieme di quel giovanotto.
Venticinque anni dopo il suo primo esperimento di banjo-fusion, Trischka torna ad animare una band di stampo rock-jazz, completa di chitarra elettrica (e pure distorta), basso fretless, batteria e sassofoni vari.
L’esperimento non suona più nuovo dopo le variazioni sul tema compiute da Pete Wernick, Alison Brown, Marty Cutler e soprattutto Bela Fleck, che di Trischka fu allievo destinato a superare il maestro.
Non che Bend sia un brutto disco: è suonato da dio, il banjo non scompare nell’orchestrazione elettrica tutta spezzature e contrattempi, c’è anche un brano cantato – la grintosa Feed The Horse – che ricorda nel tono della voce certe impennate di John Cowan dei New Grass Revival. Ma ripropone un pò i limiti di Trischka compositore, sin dai tempi di Bluegrass Light del 1973, e cioè una prodigiosa abilità tecnica ed espressiva non sempre al servizio di melodie che ‘restano’.
Il gusto per il passaggio impervio, per l’acrobazia virtuosistica spesso fanno aggio sulla godibilità del brano, anche se qui il banjoista non rinuncia a servire all’ascoltatore qualche amabile dessert.
E’ il caso della notevole Moonlight Train, introdotta da un duetto di banjo e chitarra slide, o della ‘bluegrassara’ Georgia Pig, festosa e tradizionale, o ancora all’avvolgente Bend, che dà il titolo al disco.
Il gruppo, coeso e multilinguistico (Grisha Alexiev alla batteria, Michael Amendola ai fiati, Marco Accattatis al basso e il già citato Glenn Sherman alla chitarra elettrica), risponde perfettamente al progetto sonoro del leader, che per l’occasione sembra fare quasi un piccolo passo indietro: forse per il piacere di lanciare questi giovani musicisti o forse perchè i brani composti naturalmente prediligono sonorità più corpose e jazzate.
Ma chi ama il genere si accomodi.
Rounder 0454 (Bluegrass Progressivo, 1999)
Michele Anselmi, fonte Country Store n. 51, 2000