Uncle Dave Macon - Keep My Skillet Good & Greasy cover album

Insieme a Jimmie Rodgers ed alla Carter Family il vecchio Uncle Dave Macon divide il primato del maggior numero di LP all’attivo tra i pionieri dell’otm su disco. Negli ultimi cinque anni, oltre alla massiccia riedizione delle matrici originali (circa il 75% del materiale inciso da Macon a scopo ‘commerciale’), abbiamo visto apparire due interessantissime pubblicazioni: una raccolta di brani realizzati per puro piacere personale (Rounder 1028) e stralci di una registrazione eseguita dallo studioso di folklore Charles F. Bryan a casa del nostro pochi mesi prima della sua scomparsa (Davis Unlimited TFS-101, ormai introvabile). Nonostante la rarità dei 78rpm ancora a disposizione la Old Homestead continua imperterrita nella sua opera archeologica e ci offre fresco di stampa questo Keep My Skillet Good & Greasy imperniato generosamente su 18 brani.
A differenza di Rodgers e dei Carters, artisti con un repertorio consistente ma affatto variegato, Uncle Dave ha inciso nel corso della sua lunga carriera discografica (1924-1950) di tutto: ballate, canzoni popolari, composizioni topiche autografe o meno, divertentissimi sketch musicali, vecchie minstrel-songs (ed a tale proposito dobbiamo quasi interamente a lui l’opera di ricerca, restauro e conservazione di questa parte vitale del folklore musicale a cavallo tra le forme arcaiche di avanspettacolo e il cabaret d’alto bordo), fiddle-tunes per banjo o in formazioni a string band, blues presi a prestito da musicisti di colore (e restituiti con gli interessi), molti gospels, pezzi di pregevole virtuosismo strumentale.

Scegliendo a caso una dozzina di motivi nella discografia di Macon si potrebbe facilmente avere un panorama completo della musica tradizionale e popolare nordamericana, compresi il rapido sviluppo dagli anni Venti agli anni Cinquanta e le lente, quasi impercettibili, mutazioni.
Irriducibile conservatore e castigatore dei costumi oltre ogni dire (memorabili la sua filippica contro la teoria dell’evoluzione di Darwin e la sua tenace avversione, dettata non solo da motivi ecologici, per i moderni mezzi di locomozione), Macon ha lasciato alcune composizioni che ancora a distanza di anni non hanno minimamente perso il loro pungente sarcasmo, la sottile ironia, spesso la loro verità, la loro attualità.
E’ purtroppo un vero peccato che nella presente antologia quest’ultimo aspetto sia documentato da un singolo brano: All Down & Out Blues, una mirabile descrizione degli effetti, ancora palpabili nel 1937, prodotti dalla Depressione sulla pelle della gran massa degli americani.
Per il resto l’album rappresenta un eccellente campionario del repertorio e degli stili di Dixie Dewdrop (nome d’arte affibiatogli dal maestro di cerimonia della Grand Ole Opry, George D. Hay). Con voce e banjo o accompagnato dai McGee Brothers, da Glenn Stagner e probabilmente da Charlie Arrington, il vecchio arzillo banjoista del Tennessee tiene il suo ennesimo show regalando a tutti il suo sorriso e tutti contaminando con la sua irresistibile gioia di vivere, stuzzicando e disorientando con poche note i seguaci della sua tecnica strumentale, alimentando la schiera dei suoi eredi (John Hartford, David Holt, Bob Coltman, i più fedeli e i più originali), strizzando un occhio d’intesa verso gli ascoltatori, disposti oggi come cinquant’anni fa a farsi portare sulle ali della fantasia dimenticando per lo spazio di un’ora le incombenze quotidiane.

Dal suo famoso, caratteristico cappello Macon tira fuori – e questo è un vero e proprio regalo del curatore dell’opera, essendo le matrici di una rarità senza eguali – le quattro parti degli Uncle Dave’s Travels, lunghi medley che da soli contengono più elementi di folklore americano (americano al 100%), musicale e non, di qualsiasi altro brano inciso negli anni tra le due guerre mondiali.
Un ultimo appunto. Tutti i motivi che appaiono qui sono stati già riediti in varie compilazioni la cui scarsa (c/o Vetco, Historical) o scarsissima (c/o Decca, Folk Variety) reperibilità al momento attuale ridà credito e valore al lavoro della Old Homestead.

Old Homestead 148 (Old Time Music, Early Country, 1979)

Pierangelo Valenti, fonte Hi, Folks! n. 6, 1984

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