Il terzo e ultimo lavoro dei Whiskeytown esce nel 2001, ormai con la band definitivamente sciolta, infatti le date di registrazione dell’album sono di due anni prima. Dei primi Whiskeytown sono solo più della partita Ryan Adams e Caitlin Cary, a cui si aggiungono il polistrumentista Mike Daly che sostituisce Phil Wandscher e una manciata di altri musicisti (ospiti) che danno corpo al lavoro.
Con queste premesse chiunque penserebbe a un lavoro stanco e demotivato, fatto più per doveri discografici che per reale ispirazione, invece Pneumonia è un album maturo che, pur non avendo le trovate melodiche di Strangers Almanac o le sferzate energiche di Faithless Street, colpisce piacevolmente l’ascoltatore per la grazia del contenuto. Se proprio vogliamo trovare un difetto, forse è un disco un po’ lento e poco vario, ma non trascurabile.
Andiamo alle canzoni, ben 14 e una ghost track. Da segnalare come migliori del lotto l’iniziale The Ballad Of Carol Lynn, una ballata dai toni cupi con armonica dylaniana, Don’t Wanna Know Why, un gran folk rock maledettamente orecchiabile, Jacksonville Skyline, ballata folk supportata bene da violino e steel, la beatlesiana Mirror, Mirror, con gran piano nell’intro e fiati alla fine e Crazy About You, che sembra uscire dai dischi del primo John Cougar, ma decisamente ingentilita.
Non è tutto, però, ci sono anche altri brani notevoli come Reason To Lie, intro acustico per un brano suonato in punta di dita che è poco immediato, ma gustoso, oppure Sit And Listen To The Rain (gran titolo!), un country folk granitico che vira al rock nel finale e si ascolta più che volentieri, e Easy Hearts, che è un po’ la Inn Town di questo disco e che a quella canzone meravigliosa, presente in Strangers Almanac, invero un po’ assomiglia. E ancora citiamo Bar Lights in chiusura (ghost track esclusa) con armonica, mandolino e mandoncello a far da padroni, la fin troppo springsteeniana My Hometown, che proprio a quella di Bruce vagamente rimanda, oppure il brano lennoniano e ipnotico intitolato What The Devil Wanted che sfugge ai cliché e intriga veramente.
Più sottotono le rimanenti quattro composizioni: Don’t Be Sad, ripetitiva e lontanamente funk, Under Your Breath, cioè Adams che prova a fare il solista, ma in modo poco originale, Paper Moon, un brano pseudo-calypso (?), che starebbe meglio in un disco di Buffett o Isaak, con tanto di mandolino mediterraneo e fruscio finto fifties che fanno storcere il naso. Rimane la ghost track che si fa attendere per quasi 10 minuti e si rivela uno scarto e nulla più.
Qui finisce l’avventura del sig. Ryan Adams e dei Whiskeytown. Da questo momento il nostro sarà libero di incidere a dismisura, e non si farà sfuggire l’occasione.
Lost Highway 170199-2 (Alternative Country, Country Rock, Roots Rock, 2001)
Fabrizio Demarie, fonte TLJ, 2006
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