Willie Nelson – Six Hours At Pedernales cover album

Siamo poco oltre la metà dell’anno e già sono usciti due CD nuovi di Willie, un cofanetto contenente tre CD (di cui uno inedito e live), il 12 ottobre Willie ha suonato a Zurigo nel corso di una tournée europea di 19 date, a fine mese entrerà in studio insieme a Waylon Jennings, Johnny Cash e Kris Kristofferson per registrare il terzo album a nome Highwaymen, in novembre inizierà le registrazioni del nuovo lavoro solista per onorare il contratto che ora lo lega alla Liberty (Willie aveva esordito per la stessa etichetta nel lontano 1962) con il probabile titolo di The Healing Hands Of Time, è prevista una trilogia di CD gospel per la Promised Land Music intitolata The Gospel Truth Collection più alcune collaborazioni a vari tribute-albums ed a progetti solisti attualmente in cantiere.

Last, but not least, Willie ha chiuso definitivamente la vertenza che lo vedeva opposto all’I.R.S., il fisco americano, con un’accusa di evasione per un importo pari a 16,5 milioni di dollari: altro che Tangentopoli!

L’anno della resurrezione, dunque: sessanta primavere suonate (e… cantate, è il caso di dirlo) e Willie è in forma più di prima e lo dimostra a suon di CD, e che CD! Moonlight Becomes You ce lo aveva riconfermato in eccellente forma vocale, mentre questo Six Hours At Pedernales ci propone la collaborazione di un suo vecchio partner texano, il buon Curtis Potter, onesto mestierante di swing targato Lone Star State condito con una buona dose di glucosio e titolare di cinque album interessanti.

Il disco è stato registrato ai Pedernales Studio (da cui il titolo) di proprietà dello stesso Willie che si divide più o meno equamente fra esecuzioni soliste di Willie, di Curtis Potter più alcuni duetti estremamente gradevoli. Quattro titoli portano la firma del vecchio outlaw: Are You Sure, The Party’s Over, It Should Be Easier Now e My Own Peculiar Way. Gli altri spaziano fra le firme attuali del jet-set western swing.

La musica è molto arrangiata: una combinazione di bigband music (tipo Glenn Miller) e di western swing (vedi Bob Wills), come giustamente suggerisce lo stesso Willie nella knock-out song Turn Me Loose And Let Me Swing: superlativa!

Molto esemplificata l’iniziale Nothing’s Changed, Nothing’s New: il solito grande feeling, le tematiche a noi care del miglior Texas swing ed i musicisti che di questo genere hanno fatto una ragione di vita (Buddy Emmons alla steel su tutti) e due voci stupende.

Attenzione però, perché non c’è solo del gran Texas swing: We’re Not Talkin’ Anymore è infatti uno shuffle da sballo!

Signori, la classe non si inventa e se alcuni interpreti migliorano con gli anni le loro prestazioni (artistiche, ovviamente), significa che la vena è seria, è cultura, come da anni andiamo predicando. Se Curtis Potter va riscoperto, Willie va ammirato per la coerenza, la tenacia, la fiducia in sé stesso che dimostra da oltre un trentennio e per quella voce così dannatamente bella e ‘sua’ che personalmente amerei anche se intonasse le pagine gialle dell’elenco telefonico (di Austin naturalmente).

Stop One 0084 (Traditional Country, Outlaw, 1995)

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 25, 1994

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