Ci risiamo… alla non-proprio-più-verde età di novantadue anni (classe 1933), Willie Nelson si ripresenta al suo pubblico con un nuovo album, dedicato al cantautore texano Rodney Crowell, dove il nostro reinterpreta brani tratti dalla cospicua produzione di Crowell, che ebbi occasione di vedere dal vivo al Roxy Theatre di Los Angeles nel lontano 1978, quando ancora militava nella Hot Band di Emmylou Harris ed era appena uscito il suo album di esordio Ain’t Livin’ Long Like This. Per la cronaca, il disco in questione conteneva la splendida Song For The Life, dove Willie appariva alle background vocals insieme ad Emmylou Harris.
Crowell è un affermato cantautore con ben ventuno album come titolare ed un altro paio insieme alla stessa Emmylou Harris, con la quale ha sempre collaborato, anche dopo la sua fuoriuscita dalla Hot Band di cui sopra. Se Willie aveva omaggiato l’esordio discografico di Crowell partecipando alle registrazioni come background vocalist, ora gli dedica un intero album, What A Beautiful World, intendendo così tributare un più che meritato omaggio ad un cantautore che, pur tenuto in considerazione dal pubblico e – soprattutto – dalla critica, non è mai riuscito a raggiungere lo status che avrebbe invece meritato fin da subito…ma torniamo al nuovo disco di Willie.
C’è da dire che What A Beautiful World è un gran bel disco di musica country, se parliamo del country – anzi del COUNTRY – che aveva reso popolare questo genere negli anni ’70, quando la corrente ‘outlaw’ la faceva da padrona, sotto l’egida di Willie e del suo inossidabile pard Waylon Jennings.
Riavvicinandosi al capolavoro del 1975 Red Headed Stranger per le sonorità essenziali (chitarra acustica, armonica e poco altro…), questo What A Beautiful World ripropone ben dodici brani firmati o co-firmati da Crowell, che ripercorrono varie tappe della sua carriera, a partire dal Life Is Messy (il brano è What Kind Of Love) del 1992, fino ad arrivare al progetto Songs From Quarantine Vol. 1 del periodo della pandemia, registrato con il contributo di nomi quali Ry Cooder, Emmylou Harris, Elvis Costello, Steve Earle e John Hiatt e posto in commercio via Bandcamp per sole due settimane.
Le danze si aprono appunto con What Kind Of Love, tratta da Life Is Messy del 1992. Willie la rilegge da par suo e ce la porge con quella delicatezza che rende ‘sue’ anche le composizione che non recano la sua firma.
Banks Of The Old Bandera risale ai tempi di The Houston Kid, cioè 2001. Più che di cantato potremmo parlare di una narrazione supportata da un arrangiamento davvero parco, con il tipico fraseggio di Trigger ed una languida armonica in lontananza. Va detto che Trigger è il nome che Willie, prendendolo a presto dal fido destriero di Roy Rogers, ha dato alla sua chitarra con corde di budello (gut-string guitar). Trigger è oramai in condizioni critiche, con un grosso buco nella cassa dovuto ai ripetuti arpeggi ai quali Willie la sottopone da decenni ed è soggetta a continui interventi di restauro a cura di un liutaio newyorkese specializzato in questo campo.
Dal Tarpaper Sky datato 2014 sono tratti ben tre brani di questo progetto: The Fly Boy & The Kid, I Wouldn’t Be Me Without You ed il title-track. Per il primo siamo di fronte ad un delicato up-tempo arpeggiato, sottolineato da una leggera batteria che tiene il ritmo. Immancabile poi l’intervento di Trigger che si anima sotto le dita del nostro, ancora estremamente efficace nel suo inconfondibile tocco: fra le cose migliori di tutto il disco. I Wouldn’t Be Me Without You è un’affettuosa riflessione nei confronti della persona amata e si concretizza in una struggente ballata con un prezioso intermezzo acustico (ancora Trigger è la protagonista) che si alterna alla voce di Willie, che non dimostra assolutamente la sua età. L’armonica rappresenta la classica ciliegina sulla torta, ma è una torta molto…condita.
Per il terzo estratto da Tarpaper Sky lo stesso Rodney Crowell è della partita e partecipa sia come background vocalist che come voce solista. Il cantato di Willie è ben supportato dai fraseggi acustici della solita Trigger e dall’armonica, mentre il tempo è tenuto da una batteria discreta, ma efficace: grande musica.
Forty Miles From Nowhere ci riporta ai fasti dell’album Close Ties del 2017: la voce di Willie non è al massimo della sua performance – siamo sinceri – ma ce ne vorrebbero di vocalist come lui nel panorama attuale, che – onestamente – personalmente trovo piuttosto limitato.
Dall’album Acoustic Classics del 2018 sono tratti due brani: la cadenzata Making Memories Of Us e la splendida Shame On The Moon, che già compariva per la prima volta anche nel terzo album solista di Rodney, datato 1991 ed identificato semplicemente dal suo nome e cognome. Una menzione speciale è quanto meno doverosa: l’incedere del brano è davvero sontuoso ed il lavoro di cesello fornito da Trigger e dall’armonica è veramente meritevole di menzione. Azzeccatissimo anche il tocco di pianoforte, che arricchisce l’arrangiamento del brano, più corposo della media di questo lavoro. Open Season Of My Heart ci riporta all’album che Rodney ha inciso nel 2013 in qualità di co-titolare insieme alla sua ex-boss ai tempi della Hot Band: Emmylou Harris. Un’altra ballata acustica, ricamata da un timido pianoforte e da un’altrettanta delicata armonica e la voce di Willie che condivide lo spotlight con la solita Trigger: un’altra perla.
She’s Back In Town si rivela un improbabile country-blues giocato sul piano e la solita Trigger che si diverte a duettare con la tastiera e con l’armonica. Il brano non è tratto dalla discografia solista di Crowell, ma da un progetto concretizzatosi durante il periodo della pandemia e del quale abbiamo detto più sopra.
Still Learn How To Fly ci riporta indietro nel tempo fino al 2003, anno in cui fu pubblicato Fate’s Right Hand. Trigger riprende le tematiche di Shame On The Moon e ci regala l’ennesima interpretazione di indubbio valore, con la solita formazione a tre: Willie, Trigger e armonica, ben coadiuvate da una languida steel guitar.
Con la conclusiva Stuff That Works si raggiungono livelli davvero altissimi. Il brano reca la firma di Crowell e di Guy Clark, uno dei più rispettati songwriters che abbiano operato all’ombra dello stato della stella solitaria (leggi Texas). Lo stesso Clark l’aveva inclusa nel suo album solista Dublin Blues del 1995. L’arrangiamento è sempre essenziale, con la voce di Willie che duetta con Trigger, la quale riempire magistralmente anche il bridge del brano, mentre l’armonica in sottofondo cerca di non farsi dimenticare. Crowell aveva inserito il brano nel suo album solista Let The Picture Paint Itself del 1994.
What A Beautiful World è prodotto da Buddy Cannon, amico di lunga data di Willie ed il modo in cui vengono ‘vestiti’ i brani rivela l’annosa collaborazione che ha legato Buddy a Willie. Una media di almeno due album nuovi all’anno nell’ultimo periodo non è davvero male per il nostro, considerando anche il fatto che la qualità media è almeno di tutto rispetto.
Se vogliamo identificare un brano al disopra degli altri, il mio voto va a Shame On The Moon, ma si tratta ovviamente di una valutazione del tutto soggettiva.
Termino segnalandovi anche la possibilità di avere l’album in vinile bianco…che è quanto mia moglie ha voluto regalarmi per il compleanno: che favola!
Legacy 19802887282 (Outlaws, Traditional Country, 2025)
Dino Della Casa, fonte TLJ, 2025