Lo scorso 4 Giugno a Vicenza nell’accogliente e capace giardino dell’hotel Adele, che da tre anni è sede abituale del locale Country Music Festival, si è svolta una manifestazione del tutto eccezionale, sia per la riuscita della stessa sia per il particolare genere di musica proposto: la prima riunione italiana dei nostri massimi esponenti di pedal steel guitar. Riunioni di questo tipo, che costituiscono un evento anche all’estero dove sono più frequenti (USA, Inghilterra, Olanda, Norvegia), intendono promuovere l’ascolto e diffondere la popolarità della Steel Guitar che, nonostante sia lo strumento più caratterizzante e più usato dalla musica country, non gode ancora del giusto interesse che meriterebbe.
Le ragioni di ciò stanno anche nella difficoltà e complessità d’uso dello strumento che richiede al musicista un serio e faticoso approccio, e nella scarsa conoscenza che se ne ha anche tra gli stessi appassionati del genere country.
Date queste premesse è quindi facile valutare quel carattere di eccezionalità,sottolineato prima, di una simile manifestazione proprio qui in Italia dove ancora a fatica si tenta di diffondere più genericamente la musica country.
La serata voluta da Paolo Portinari (proprietario dell’hotel Adele) e ineccepibilmente organizzata da Roby Colella e Walter Visano, che con grande capacità hanno provveduto alla sua buona riuscita, contava sulla presenza di nove steel guitarist provenienti da diverse regioni; chi con la propria band o semplicemente con la sua steel accompagnato dal gruppo che Walter aveva approntato per l’occasione. Il meeting musicale che all’inizio sembrava più che altro una riunione per addetti ai lavori (c’era chi scrutava e analizzava in dettaglio gli strumenti dei colleghi, chi li fotografava, chi scambiava informazioni tecniche, ecc.) si è dimostrato invece una splendida opportunità per ascoltare della buona musica (non solo strettamente country) e per avvicinare il pubblico al gusto dello strumentale, senza mai scadere in una ‘monotonia’ di maniera che forse sarebbe stata tollerata solo dai più appassionati.
La convention, strutturata in brevi set in cui ogni partecipante eseguiva non più di tre o quattro brani, è stata aperta da Paolo Pizzamus (Trieste) componente della Annie Oakley Band, uno dei più giovani steel guitarist italiani, che ha affrontato con disinvoltura pezzi come No Teardrops Tonight, Tearing Up The Country e il classico Rollin’ In My Sweet Babie’s Arms. Davvero incoraggiante.
Come pure Giovanni Santoro (Udine) leader dei Longhorn Tales che ha dato prova di versatilità spaziando dal western swing (Miles And Miles Of Texas) al gospel (Amazing Grace) per terminare con la propria versione di Jambalaya.
E’ stato interessante notare come sia Pizzamus che Santoro, nonostante si fossero dedicati da relativamente poco tempo alla steel ne avessero comunque buona padronanza e controllo.
Walter Visano (Vicenza), una delle anime della manifestazione, che ricordiamo ha accompagnato alla chitarra quasi tutti gli altri musicisti insieme a Mauro Golin (basso), Alberto Gelommi (chitarra solista) e Diego Trentin (batteria), lo conosciamo meglio essendo stato per molti anni a capo del gruppo degli Ohio Express e ora di quello degli Hot Guns. Votato al genere country nashvilliano più ortodosso (ma non solo), si è sempre distinto alla steel per il rigore e la pulizia delle esecuzioni e anche in questa occasione ha dimostrato tutte le sue qualità alternando a brani lenti pezzi più veloci come Cool It preso dal repertorio di Buddy Charleton (ex Texas Troubadour di E. Tubb). L’esperienza maturata in anni di costante pratica si è tradotta sulla sua Emmons in efficaci licks e convincenti sonorità.
A fargli da contrappunto con grinta ed esuberanza seguiva Roby Colella (Udine) che si fa notare anche per il suo originale approccio alla pedal steel. L’evidente passione che nutre per essa e la voglia che ha di cavarne anche i suoni più estremi ne enfatizzano la gestualità che a volte, per intensità e calore, ricorda quella dei chitarristi rock. Non a caso Roby ha incluso nel suo breve show anche un brano di stile Rythm & Blues e un trascinante Orange Blossom Special (come poteva mancare) che ha notevolmente surriscaldato le corde della sua Sho-Bud. Colella suona attualmente con il gruppo degli Old America, composto in parte da musicisti sloveni (l’ultimo CD è in circolazione), ed ha inciso e prodotto agli inizi della carriera un LP (Roby Colella) che rimane ancora l’unico disco italiano incluso nella ‘Discografia Internazionale di Steel Guitar’ compilata da Joe Goldmark.
Con Luigi Fiumicelli (Firenze), musicista di lontana esperienza che già, dagli anni sessanta, imbracciando una delle prime stratocaster, si esibiva professionalmente cantando suonando ed incidendo dischi, il pubblico ha potuto apprezzare molto del potenziale espressivo della pedal steel in grado di aggiungere colore, pienezza e smalto ad ogni esecuzione. Fiumicelli ha piacevolmente impressionato per le lucide e calibrate tonalità ottenute con pregevole controllo di tutto lo strumento (Piece Of Green, Someone To Give Me Love To, ecc). Anche se da tempo Luigi ha abbandonato l’attività professionistica, continua tuttavia ad esercitarsi quotidianamente con passione ed a frequentare assiduamente (ormai sono 10 anni) l’omologa convention olandese che ha visto la partecipazione dei migliori artisti americani.
E’ stata la volta poi di Daniele Sironi (Reggio Emilia) che ha scelto di eseguire brani che sono diventati dei classici per steel guitar: Steel Guitar Rag, Panhandle Rag, Remington Ride, ecc. Daniele si è per così dire specializzato nell’uso della seconda tastiera accordata in Do-sesta che permette una migliore improvvisazione di tipo jazzistico. Al suo originale fraseggio rispondeva il violino di Anchise Bolchi dando vita ad estemporanei duetti. Polistrumentista, come del resto tutti i colleghi che hanno partecipato, ha suonato in diverse formazioni (Free Delivery ecc.) e qui si è fatto notare anche in veste di chitarra solista.
Ad aggiungere varietà e interesse alla serata ci ha pensato anche Sergio De Agostini (Pordenone) musicista e compositore in attività da più di dieci anni che ha le sue radici nel genere west coast dei Creedence, Crosby Still Nash & Young, ecc. Il vigore e la grinta dei brani eseguiti è stata singolarmente sottolineata dall’uso molto personale che ha fatto della Lap steel (l’antica versione elettrificata, senza pedali, della steel). Originariamente destinata a costruire soprattutto morbide ed esotiche armonie (Jerry Byrd, Keyton Roberts, ecc), qui ha assunto il ruolo perentorio di voce graffiante in perfetta sintonia col sound del gruppo (rock, country rock) dimostrando tutta la sua duttilità.
Ulteriore dimostrazione della versatilità della pedal steel è stata fornita quindi da Pino Perri (Milano) appena reduce dalla sala d’incisione dove ha collaborato (banjo, steel) alla realizzazione di King Kong l’ultimo CD di Gino Paoli. I brani scelti (So Round So Firm So Fully Packed, Cavatina, San Antonio Rose) gli hanno dato modo di improvvisare (cosa che predilige) alternando i suoi assolo con quelli del violino di Anchise. Pino Perri è il dobroista dei Bluegrass Staff dal 1983 e contemporaneamente coltiva la passione per la pedal steel grazie alla quale è stato chiamato nel 1991 a realizzare il jingle per lo spot televisivo Filodoro e Coca-Cola.
Il finale della convention è stato affidato ad Anchise Bolchi (Mantova) prodottosi al fiddle in precedenza. II violino sembra essere attualmente lo strumento che predilige e a cui si dedica maggiormente vantando in proposito collaborazioni musicali con Ligabue, Ornella Vanoni, Fausto Leali, ecc., ma la steel guitar, dove ugualmente eccelle, lo vede sempre ottimo protagonista. Ex componente dei Dobro e Arizona ha fatto della musica la sua professione full time, e qui si è fatto apprezzare per la grande abilità di cui è dotato. Con Bud’s Bounce e soprattutto la velocissima Black Mountain Rag ha strappato calorosi applausi ad un pubblico attento e divertito che ha mostrato di apprezzare nelle tre ore di concerto le esibizioni di tutti i partecipanti, riuniti al termine per l’immancabile jam.
Questo resoconto non vi suoni troppo benevolo o trionfalistico, ma a detta di tutti la serata si è svolta nel migliore dei modi sotto ogni aspetto. Come esordio per la prima Steel Guitar Convention italiana non si poteva chiedere di più. L’invito che facciamo agli organizzatori P. Portinari, R.Colella e W. Visano è di continuare in questo senso dando cadenza fissa all’appuntamento allargandone la partecipazione ad altri musicisti italiani e magari invitando qualche nome di spicco dall’estero.
Mario Manciotti, fonte Country Store n. 25, 1994