Crazy Blues di Mamie Smith, la prima registrazione di un’afroamericana che cantava il blues, ha rivoluzionato la musica pop. Testimonianze raccontano che dopo la sua pubblicazione nel 1920, la si poteva ascoltare dalle finestre aperte in quasi tutti i quartieri neri d’America. «Quel disco ha cambiato l’industria discografica», ricorda il jazzista di New Orleans Danny Barker. «Ci fu un grande impulso tra i neri e i bianchi che amavano questo mondo del blues, ad acquistare dischi e fonografi. Ogni famiglia aveva un fonografo in casa, nello specifico grazie al primo disco di Mamie Smith».
Nel Sud si suonava blues fin dagli inizi del XX secolo, ma nessuno aveva registrato prima di allora, fondamentalmente perché si pensava che gli afroamericani non potessero comprare 78 giri e giradischi, o non lo avrebbero fatto. ‘Crazy Blues’ ha cambiato quest’idea, dando il là ad una corsa tra i discografici a far incidere le dive del blues. Le stelle che promossero in questo periodo, di breve durata, di classic blues non erano i cantanti down-home che incideranno in seguito nei ruggenti anni Venti, ma le sgargianti veterane dei minstrel show, tent show e dei palchi del vaudeville. Era gente che sfidava gli stereotipi e non c’era una zia Jemima tra loro (a parte forse Edith Wilson che divenne la zia Jemima alla radio). I loro testi erano spesso diretti, cinici ed erotici. Quelle che divennero più influenti, Ma Rainey, Bessie Smith e Ida Cox, cantavano il blues da molti anni prima di poterlo incidere. Altre emersero da ambienti del black vaudeville, si guadagnarono in breve fama e gloria, prima di essere respinte verso la povertà e l’oblio. Alla fine della decade la popolarità di quasi tutte le blueswomen stava svanendo, eclissata dall’mergere di artisti quali Blind Lemon Jefferson, Big Bill Broonzy, Lonnie Johnson e Tampa Red. Il country blues era la musica delle feste giù al Sud, invece il classic blues era concepito per i palchi dei professionisti. Le cantanti si presentavano agghindate in abiti eleganti e facevano attenzione alla dizione mentre davano voce ai loro lamenti, accompagnate da ensemble di jazz o da capaci sidemen. Mentre i cantanti di country blues potevano estendere una canzone aggiungendo versi a piacimento, la maggior parte di queste cantanti si basavano su canzoni scritte da autori di successo come Clarence Williams, Porter Grainger e Perry Bradford, una figura chiave nella storia di Mamie Smith. Alcune delle migliori, tuttavia, scrivevano canzoni loro.
Una veterana del vaudeville e ballerina di fila, Mamie Smith aveva 37 anni quando realizzò la storica incisione di ‘Crazy Blues’ a New York. Aveva lasciato il quartiere Black Bottom di Cincinnati a dieci anni per unirsi al tour dei Four Dancing Mitchells. Cinque anni dopo passò alla file della Smart Set Company, e la cosa la portò ad Harlem. Ci si stabilì e sposò il primo marito, l’attore Sam Gardner. Perry Bradford la notò cantare ad un cabaret e le diede un ruolo nel musical ‘Maid Of Harlem’, al Lincoln Theater. Il suo numero era la canzone ‘Harlem Blues’. Bradford lavorava di pomeriggio alla composizione di nuove canzoni al piano, presso l’Harlem Colored Vaudeville And Benevolent Association, sognando da tempo che gli afroamericani potessero incidere canzoni blues. Secondo la sua biografia del 1965, ‘Born With The Blues’ (Oak Publications), la maggior parte dei musicisti di New York non erano interessati al blues, che simboleggiava tutto quello che avevano cercato di lasciarsi alle spalle al Sud. «Ogni volta che scivolavo verso i blues lowdown e malinconici, verso i levee-camp jive, qualcuno urlava per distrarmi», ricorda Bradford, «qualunque cosa pur di tenermi lontano da quei maledetti blues». Un uomo del Sud, Mississippi e poi Georgia, Bradford era sicuro che il blues poteva essere trasformato in oro creando un mercato per esso nel Sud. Per mesi era andato in giro presso le case discografiche, cercando di vendere le sue canzoni e la sua protetta, Mamie Smith. La sua persistenza gli valse il soprannome di ‘mulo’. La prima occasione venne dalla Victor, una delle etichette principali della città. Il 10 gennaio 1920, Mamie Smith venne convocata in uno studio per registrare una scarna versione di prova di una canzone di Bradford, ‘That Thing Called Love’, accompagnandosi da sola al piano. La Victor lo rifiutò. Ma Bradford non dovette attendere molto una seconda occasione.
Ottenne infatti l’attenzione di Fred Hager, responsabile delle registrazioni della giovane etichetta Okeh. «Ci sono quattordici milioni di neri nel nostro grande paese», disse Bradford ad Hager, «e compreranno dischi incisi da qualcuno di loro, perché siamo l’unico gruppo che sa cantare e interpretare le canzoni jazz in modo fresco e convincente». Hager gli chiese quali canzoni avesse in mente e lui rispose mostrandogli gli spartiti di ‘That Thing Called Love’ e ‘You Can’t Keep A Good Man Down’. Hager ne fu favorevolmente impressionato. All’inizio voleva che ad inciderle fosse Sophie Tucker, una cantante bianca, ma Bradford lo convinse a dare una possibilità a una nera. ‘Mamie Smith’, gli promise, «conosce queste canzoni meglio di come una scimmia può maneggiare una nocciolina, sa cantare le canzoni jazz con più feeling di qualsiasi altra ragazza, è una cosa naturale per noi». La decisione di Hager, fu coraggiosa quanto storica. In ‘Born With The Blues’, Bradford ricorda «Il signor Hager aveva uno sguardo inquieto, sembrava preoccupato per le molte lettere minatorie, ricevute da alcuni gruppi sia del Sud che del Nord, che lo diffidavano dal far incidere ragazze nere. Altrimenti avrebbero boicottato la Okeh, dischi e fonografi inclusi. Ma, Dio lo benedica, Hager nonostante le molte intimidazioni, non si tirò indietro. Ci voleva un uomo coraggioso e dai nervi saldi per resistere a quei gruppi di potere e prendere una decisione storica, che avrebbe avuto eco in tutto il mondo. Aprì la ‘porta del pregiudizio’ perché la prima ragazza nera, Mamie Smith, potesse cantare e far sentire la sua forte voce di contralto». La sessione era programmata per il giorno di San Valentino del 1920. Hager fece incidere Mamie con una band di studio, tutti bianchi, accreditata come la Rega Orchestra. Mamie riversò blues feeling su una canzone pop, ‘That Thing Called Love’:
That thing called love has a sneaky feeling,
Being too sure of yourself sets your brain a-reeling,
You lay in bed but just can’t sleep,
Then you walk the streets and refuse to eat
Quella cosa chiamata amore insinua un sentimento subdolo
Ti senti sicuro di te stesso e la tua mente viaggia
Te ne stai a letto ma non riesci a dormire
Poi vai in giro ma non riesci a mangiare
«Ragazzi» disse Braford, «ero al settimo cielo quando Mr. Hibbard, l’ingegnere del suono disse che era Ok…appena Mamie terminò di cantare ‘The Thing Called Love’ e ‘You Can’t Keep A Good Man Down’. Sentivo l’impulso di saltare e urlare, proprio lì nello studio, è fatta halleluja!»
Il Chicago Defender, il giornale nero più diffuso, si occupò dell’evento nel suo numero del 13 marzo 1920: «Avrete tutti sentito parlare di famosi cantanti bianchi, che hanno inciso per i fonografi il loro materiale. Caruso ha cinguettato le sue arie per la gioia di tanti, la gente andava matta per la Tetrazzini e Nora Bayes ha deliziato le loro orecchie; ma prima d’ora non avevamo mai avuto modo di ascoltare quanto fosse bravo qualcuno di noi. Ora possiamo dire con piacere che alla fine qualcuno ha riconosciuto che anche noi possiamo farlo. La Okeh Phonograph Company infatti ha posto in essere l’idea, mettendo sotto contratto la celebre, attraente e capace Mamie Gardner Smith, dalla 40 W. 135, New York City. Ha inciso il suo primo disco, ‘That Thing Called Love’, una canzone di Perry Bradford, pubblicata dalla Pace & Handy Music Co., destinata a diventare uno dei più grandi successi della etichetta. I dischi della Okeh possono essere suonati su tutti i fonografi e dicono che quello in questione sia un vero sogno».
La Okeh pubblicò ‘That Thing Called Love’ in luglio. Bradford riporta che ne vennero vendute subito diecimila copie, «tanto in fretta che la fabbriche Button-Hole a Scranton, Pennsylavnia faceva appena in tempo stamparle e spedirle al Sud». Nella sua autobiografia, ‘Father of The Blues’, W.C. Handy racconta, «A Chicago, folle di gente, cameriere o operai dei mattatoi, si mettevano in fila davanti al Tate’s Music Store su South State Street per ascoltare ‘That Thing Called Love’ e ‘You Can’t Keep A Woman Down’, cantate da Mamie. In tutto il paese spuntavano come funghi negozi di dischi e la nostra gente pregava invano la Okeh…compravamo dischi, li spedivamo e ricevevamo un assegno. Tutto questo si ripeteva per ordini di simile entità. Finalmente i negozianti neri avevano le loro agenzie». I rapporti che parlavano di vendite consistenti al Sud, a bianchi e neri, non furono una sorpresa per Bradford, che era certo ci fosse un mercato al Sud per i 78 giri: «la gente comprendeva il blues e il jazz, avevano sentito cantanti ciechi agli angoli delle strade e suonare le loro chitarre per pochi spiccioli fin dalla loro infanzia». Nel numero del 31 luglio, il Chicago Defender esortò i liberal a supportare la diffusione del disco: «appassionati di musica in ogni luogo, e tutti coloro che desiderano dare una mano nel far progredire la razza, dovrebbero acquistare questo disco e incoraggiare le politiche libertarie dei suoi produttori, in modo da indurre altri produttori che ancora non credono che i neri possano comprare dischi cantati da uno di loro, a fare altrettanto».
Un paio di settimane dopo l’uscita del disco, Bradford passò nell’ufficio di Hager, «ho una notizia per te» gli disse questi, «il disco di Mamie sta vendendo molto a Philadelphia e Chicago, il Sud come dicevi tu, è letteralmente impazzito per lei e lo stesso accade giù in Texas, a Birmingham, a St. Louis, se ne innamorano tutti». Bradford lo informò che Mamie era stata ingaggiata per cantare con uno spettacolo di vaudeville per una tournee lungo la East Coast e suggerì di farle incidere un’altra canzone, ‘Harlem Blues’, prima che lei partisse. Hager gli disse di portare in studio Mamie e i musicisti la mattina del lunedì successivo alle 9.30. Bradford cercò di mettere insieme in fretta un gruppo, che denominò Jazz Hounds e a comunicare a Mamie la buona notizia. «All’epoca», scrive Bradford, «Mamie abitava in un appartamento di cinque stanze all’ultimo piano del Charlie Thorpe Building, al 888 West 135th Street, arrivai su e suonai il campanello. Mamie, abbiamo un appuntamento per incidere con i ragazzi domani mattina. Doveva presentarsi in centro, all’ufficio di Bert Williams il giorno dopo per le prove. Quando lei apprese la buona notizia si mise a saltare e urlare di gioia, “il Signore provvederà”. Suo marito Smitty si mise a ballare per tutta la casa».
Pochi giorni dopo, il 10 agosto 1920, Mamie Smith e i Jazz Hounds si trovarono negli studi Okeh vicino a Times Square. Bradford aveva deciso di cambiare il titolo, da ‘Harlem Blues’ a ‘Crazy Blues’. Bradford venne accreditato come autore del brano, ma James P. Johnson insistette che la sua melodia si basava da una vecchia ballata da bordello intitolata ‘Baby Get That Towel Wet’. La line-up di musicisti che accompagnava Mamie era composta da esperti musicisti neri, Dope Andrews al trombone, Ernest Elliott al clarinetto, Leroy Parker al violino e Johnny Dunn alla cornetta. Nelle loro autobiografie sia Willie ‘The Lion’ Smith che Perry Bradford sostennero di aver suonato il piano in quella sessione. I musicisti si fecero forza con la loro bevanda preferita, succo di mora e gin, Mamie non si unì a loro in questo, e poi si misero al lavoro. Bradford ricorda che non c’erano spartiti: «erano quello che chiamavo un arrangiamento accennato, canticchiando, ascoltavamo la melodia e l’armonia dal piano e poi ogni musicista cercava di armonizzare a suo modo».
«Non appena siamo arrivati all’intro e Mamie ha iniziato a cantare», continua, «mi ha dato i brividi ascoltare la cornetta di Johnny Dunn esprimere quel blues così intenso e Dope Andrews con quei passaggi al trombone davvero down-home. Il tutto mentre Ernest Elliot gli faceva eco con effetto da jive al clarinetto e Leroy Parker ci dava dentro col violino, immerso nel groove del brano. Ragazzi, era troppo per me». La sua voce era pregna di emozioni, Mamie comincia con un tema che riecheggia in innumerevoli canzoni blues future:
I can’t sleep at night
I can’t eat a bite
Cause the man I love
He don’t treat me right
Non riesco a dormire
Né a mangiare nulla
Perché l’uomo che amo
Non mi tratta bene
La sua performance costruisce un climax ascendente:
I went to the railroad
To lay my head on the track
Sono andata alla ferrovia
Per posare la mia testa sul binario
I musicisti hanno dato tutto e Mamie ha cantato magnificamente nello stile vaudeville. Dopo circa dodici test di prova, hanno prodotto l’ultima take. «Lacrime di gioia mi scorrevano dopo il primo ri-ascolto e quella sensazione non mi ha lasciato andare per tutta la durata della session, circa otto ore dalle 9.30 alle 5.30. E’stato come un sogno, mandato dal paradiso, una sorta di telepatia mentale deve aver guidato la band. Suonavamo quello che sentivamo, con questi arrangiamenti improvvisati, fatti in casa, mi dimenticai di dirigere la band e continuai a suonare il piano, cosa che non avevo mai fatto prima, né ho rifatto in seguito». Dopo aver inciso il lato B del 78 giri, ‘It’s Right Here For You (If You Don’t Get It-T’Ain’t No Fault of Mine)’, la giornata era finita. I musicisti si diressero tutti all’appartamento di Mamie, dove sua madre per festeggiare aveva cucinato black-eyed peas and rice.
E così Mamie Smith si è guadagnata un posto nella storia, come la prima afroamericana a registrare un blues. Ma ‘Crazy Blues’ è davvero un blues? La mia migliore risposta è che alcune sue parti lo sono e altre no. La canzone ha una struttura ingegnosa e combina tre versi in dodici battute e tre in sedici, secondo uno stile di scrittura e il linguaggio armonico simile a quello che avremmo potuto riscontrare in un rag di Scott Joplin o in una canzone popolare al tempo della prima guerra mondiale. La registrazione è in tonalità di Mi, il quarto e il quinto verso sono classici esempi di blues in dodici battute. Il secondo verso è un dodici battute modificato, che finisce sulla dominante nella seconda battuta. Il primo, terzo e sesto verso hanno una struttura a sedici battute con progressioni di accordi atipiche e alcuni cromatismi, come la linea di basso discendente tra la nona e l’undicesima battuta del primo verso. I versi tre e sei sono caratterizzati da dominanti secondarie che suonano piuttosto sofisticate, poste vicino ai versi blues più semplici come il secondo, quarto e quinto. Ascoltate e giudicate voi stessi.
Pubblicato come Okeh 4169, ‘Crazy Blues’ venne accreditato a ‘Mamie Smith And Her Jazz Hounds’ e descritto come una ‘popular blue song’. Le vendite superarono di gran lunga le più rosee aspettative. Nella sola Harlem, se vendettero settantacinquemila copie in meno di un mese. «I facchini dei treni ne acquistavano dozzine a un dollaro la copia», racconta Bradford, «per rivenderli a due dollari nei distretti rurali».
Mamie e la band tornarono in studio il 12 settembre 1920, per un altro 78 giri, ‘Fare Thee Honey Blues’ e ‘The Road Is Rocky (But I’m Gonna Find My Way)’. Bradford scrive che questa fu la sua ultima registrazione per la Okeh: «durante questa sessione, Mr. Everhart, un grosso commerciante di Norfolk, Virginia era in studio e ingaggiò Mamie Smith & The Hounds per un concerto per la somma di duemila dollari. Lui riuscì a vendere oltre diecimila dischi, perché aveva dieci impiegati ad aiutarlo nella vendita (a un dollaro la copia) che durante quella mezz’ora di intermezzo c’era una tale folla alla Billy Sunday’s Big Gospel Tent che sembrava che al circo Barnum & Bailey regalassero dollari d’argento». Mamie e la band, senza Bradford, registrarono altri due 78 giri, ‘Mem’ries Of You Mammy’/ ‘If You Don’t Want Me Blues’ e ‘Don’t Care Blues’ / ‘Lovin’ Sam From Alabam’.
Con la Mamie Smith mania, New York divenne all’improvviso la capitale mondiale delle registrazioni blues. Cantanti e direttori d’orchestra, editori, talent scout, dirigenti discografici, erano tutti pronti a fare soldi. «Tutti provavano a cantare il blues», spiegava Thomas A. Dorsey, «perché i blues pagavano bene». Variety scrisse che i dischi di Mamie Smith «avevano fatto presa anche sui caucasici» e che «Perry Bradford e la Clarence Williams Music Company sono tra i negri più rappresentativi nel mondo della musica, anche se gli indotti dalle royalties sono trascurabili…cantanti e musicisti di colore sono destinati a fama e gloria con l’attuale domanda di dischi di blues, anche perché è opinione condivisa che solo il negro sa rendere giustizia a quelle melodie primitive».
Nel dicembre 1920 la musica di Mamie Smith venne venduta anche come rulli per player piano (pianole n.d.r.), questi rulli erano più o meno l’equivalente delle odierne basi per karaoke.
Mamie Smith divenne subito una grande attrazione per i concerti. Mamie Smith e i Jazz Hounds all’inizio guadagnavano tra i 400 e i 500 dollari netti alla settimana, ma i loro cachet si alzarono ben presto. Bradford racconta che Porter Grainger suonava sempre il piano durante le performance di Mamie. Il 29 novembre 1920, il Putnam Theatre di Brooklyn comprò una pagina pubblicitaria un un quotidiano definendo Mamie e i Jazz Hounds una «straordinaria attrazione». E proseguiva «ha da poco finito una ingaggio da record presso il Lafayette Theatre di NY e il Dunbar Theatre di Philadelphia. Non perdetevi questa sensazionale cantante, divenuta famosa grazie ai nuovi dischi per i fonografi». Sul palco Mamie cercava di replicare i suoi dischi, come spiegò al Washington Post il 19 dicembre 1920: «Migliaia di persone vengono a sentirmi…si aspettano molto e non voglio in nessun modo deluderli. Hanno ascoltato i miei dischi e vogliono sentirli nello stesso modo, così come li abbiamo incisi in studio a New York. Credo che il pubblico voglia anche vedermi ben vestita e in questo non ho badato a spese…credo che non sia mai abbastanza per un pubblico che paga per vedere una cantante».
Lucille Hegamin fu la prima rivale di Mamie Smith a venir portata in studio, registrò un test per la Victor, Dallas Blues, l’11 ottobre 1920, con Fletcher Henderson al piano. In novembre, accompagnata dagli Harris Blues & Jazz Seven, incise il suo primo hit, The Jazz Me Blues, che uscì per una dozzina di etichette diverse. Nel 1921 registrazioni di blues erano ormai la norma. Mary Stafford, pubblicizzata come la «prima nera a natare per la Columbia», lanciò la sua carriera all’inizio di gennaio. In febbraio la Hegamin ebbe un altro hit, Arkansas Blues. In marzo, la Cardinal fece incidere a Ethel ‘Sweet Mama Stringbeam’ Waters il suo primo disco e la Emerson Phonograph proclamava Lillyn Brown «una delle preferite dalla sua gente ed anche dal pubblico bianco». In aprile Gertrude Saunders divenne collega d’etichetta di Mamie Smith alla OKeh. Edith Wilson già affermata sulle scene, cominciò a registrare per la Columbia in settembre. Lavinia Turner registrava per Perfect e Pathé Actuelle, Esther Bigeau incideva per OKeh, e Lulu Whidby, Alberta Hunter e Katie Crippen per Black Swan. Tra le artiste della prima ondata di classic blueswomen, solo Alberta Hunter, Ethel Waters e Edith Wilson avrebbero avuto un successo duraturo. Mary Stafford registrò una mezza dozzina di 78 giri entro la fine di quell’anno e un singolo per la Perfect nel ’26, prima di sparire della scena. Lavinia Turner ebbe una carriera breve, finita già nell’ottobre del ’22, con solo sei 78 giri al suo attivo. Lyllyn Brown ne incise due, la Whidby uno, Gertrude Saunders tre. I quattro lati incisi da Katie Crippen con la Novelty Orchestra di Fletcher Henderson le valsero un ingaggio in una tournee vaudeville, ma presto trovò lavoro al di fuori della musica.
In verità, Mamie Smith nel 1921 era intoccabile. Il numero del 15 febbraio della rivista The Talking Machine World riportava il fervore che si era creato per la cantante in tutto il paese in un articolo intitolato Has Designs on the Preacher (qualcuno ha un idea per il predicatore): «La sezione pubblicitaria della General Phonograph Corp, di New York, ha ricevuto una interessante lettera da un ammiratore entusiasta di Mamie Smith della North Carolina. Con tutta evidenza questo ammiratore dei suoi dischi ha studiato il jazz con maggior attenzione di quanto non abbia fatto per la lingua inglese, ma la lettera in sé è indicativa del livello di popolarità che i dischi Okeh di Mamie Smith hanno raggiunto in tutte le aree del paese. Difatti questa lettera è solo una delle tante dello stesso tenore che la General Phonograph ha ricevuto negli scorsi mesi. Vi si legge: “Vi richiedo per favore di mandarmi uno dei vostri cataloghi più recenti di canzoni popolari e successi di commedie musicali, ho preso Crazy Blues e se avete altri blues più recenti cantati da Mamie Smith & The Jazz Hounds vi prego di inviarmene due o tre copie insieme al catalogo. Vorrei qualcosa che possa quasi far scendere il predicatore dal pulpito e cominciare a ballare, dimenarsi e piangere, vorrei che tutto quello che mi invierete fosse blues”». «Il catalogo di Mamie Smith su Okeh è costantemente aggiornato con nuovi dischi registrati da questa famosa cantante, e il successo fenomenale di questi dischi è comprovato dai rapporti entusiastici della rete di distribuzione Okeh e dai commercianti che in tutto il paese sostengono che la domanda per i dischi di Mamie Smith supera tutte le aspettative».
Mamie Smith registrò ventidue canzoni nel 1921, tra queste Jazzbo Ball, U’ Need Some Loving Blues, Mamma Whip! Mamma Spank! (If Her Daddy Don’t Come Home) e la jazzata A Little Kind Treatment (Is Exactly What I Need). Tra una sessione e l’altra mantenne una serrata agenda di concerti. Il numero del 15 marzo di The Talking Machine World si occupò delle sue performance a Chicago: «Mamie Smith & The Jazz Hounds sono arrivati e hanno conquistato Chicago nel mese di febbraio. Hanno suonato davanti ad un grosso pubblico nel South Side all’Avenue Theater, ottenendo un enorme successo. Sul Chicago Defender, un giornale molto diffuso tra la gente di colore, c’erano pagine pubblicitarie reclamizzanti la Okeh, “venite ad ascoltare questa celebre stella del fonografo”, si leggeva sull’annuncio, “cantare Crazy Blues e gli altri suoi successi e poi ascoltate i suoi famosi dischi su Okeh, i migliori dischi blues del secolo. I dischi di Mamie Smith godono di grande successo di vendite in tutto il paese”».
Un mese dopo, ancora una pagina del Talking Machine World, la Okeh riportava che «Mamie Smith, assistita dalla sua All Star Revue, un ensemble di artisti affermati, dava concerti nelle grandi città del paese. Grazie alla sua popolarità, si garantiva il tutto esaurito nei teatri. Questo entusiasmo ha dato stimolato la vendita dei suoi dischi. Di recente ha cantato a Chicago, Indianapolis, Evansville, Lexington, Memphis, Little Rock, Tulse, Oklahoma City, Dallas, Fort Worth, Houston, Waco, Beaumont, New Orleans, St. Louis, Chattanooga, Atlanta, Savannah, Richmond, Norfolk, Wilmington, Philadelphia e moltre altre città”».
Nel frattempo a New York, Perry Bradford aveva qualche problema. Poco dopo che la Pace_Handy Co. ebbe pubblicato Crazy Blues, gli fecero causa per aver venduto la stessa canzone alla Frederick V. Bowers Inc. col titolo di The Broken Hearted Blues e alla Q.R.S. come Wicked Blues. Bradford risolse la cosa in via extragiudiziale. Tuttavia aveva problemi legali anche con Mamie Smith. Nel suo libro riferisce che nel maggio 1921 il nuovo compagno di Mamie, Ocie Wilson lo malmenò quando si presentò a casa loro con un ufficiale giudiziario. Bradford lo denunciò per aggressione e percosse, ma perse la causa. «Da allora», scrisse «lasciai perdere Mamie». Riguardo un diverso caso di copyright, il New York Clipper riportò che nel gennaio 1923 Bradford aveva spinto altri a fornire falsa testimonianza per conto proprio e di conseguenza aveva scontato quattro mesi di detenzione nell’Essex County Penitentiary. Per Mamie Smith le cose continuarono ad andare molto meglio che all’ex socio. Una pubblicità per Sax-O-Phony Blues apparsa sul numero del 15 ottobre 1921 di The Talking Machine World annunciava «per il 24 settembre la data d’apertura del tour di Mamie Smith per la nuova stagione. Le sue performance in tutte le grandi città saranno d’impulso alla vendita di dischi. Il suo primo ingaggio sarà nel New England. Andrà poi fino in Florida. Sax-O-Phony Blues sembra destinata ad essere un nuovo caposaldo del suo spettacolo. Questo significa buoni affari per qualunque grossista Okeh che abbia uno stock sufficiente per soddisfare le richieste. Mamie Smith sta promuovendo al massimo Sax-O-Phony Blues».
Al culmine della popolarità le sue esibizioni fruttavano fino a 1500 dollari a settimana. Agghindata con diamanti, piume e un abito scintillante, per ottenere una standing ovation le bastava camminare sul palco. Bubber Miley, Coleman Hawkins e molti altri musicisti giovani ed emergenti sono passati per la sua band. Mamie pubblicò altri nove 78 giri di vaudeville-blues e pop nel 1922, tra cui Wabash Blues, Mamie Smith Blues e Mean Daddy Blues con Coleman Hawkins al sax tenore. Già nel 1923 però il suo successo cominciava ad essere offuscato dall’ascesa di altre cantanti, tra esse Bessie Smith, Alberta Hunter, Clara Smith, Ida Cox e per la fine dell’anno, da una delle preferite nel Sud, Ma Rainey. Dopo altri quattro 78 giri incisi nel luglio e agosto del 1923, Mamie Smith e la Okeh si separarono. Fece altri tre 78 giri per la piccola etichetta Ajax nel 1924 e altri due per la Victor nel 1926. I giorni di gloria di Mamie Smith erano finiti. Si stima che in totale abbia guadagnato durante quegli anni di carriera circa centomila dollari.
Per qualche tempo Mamie continuò ad attrarre pubblico nei teatri. Thomas C. Fleming, un reporter per il Sun-Reporter, un settimanale afroamaericano di San Francisco, descrisse così un suo concerto (dal sito sfmuseum.org): «nel 1924, una revue musicale che includeva Mamie Smith, la famosa cantante blues, venne a San Francisco per una lunga serie di spettacoli. Dopo la chiusura, passò in alcune città della Sacramento Valley, inclusa Chico, dove furono in cartellone per due sere al Majestic. Ci sono andato entrambe le sere, affascinato che uno show di quelle proporzioni passasse in cittadine piccole, a Chico infatti la popolazione afroamericana era ridotta, perciò la maggioranza del pubblico era bianca. Il cast, all black, comprendeva la Smith, un’orchestra di otto elementi, sax, clarinetto, piano, batteria, tromba, trombone e banjo, sei ballerine di fila, tutte molto belle e un certo numero di comici. Uno che ricordo con piacere era Frisco Nick, che ha messo in scena un divertente numero di ballo mentre cantava Three O’Clock In The Morning, un grande hit a tempo di valzer, con una scopa come partner. Eccetto la Smith, il resto del cast proveniva tutto dalla San Francisco Bay Area. Mamie Smith è stata del livello di Bessie Smith, ha cantato nel circuito dei teatri neri nel Mid West e sulla East Coast. Il circuito nero non esisteva sulla West Coast perchè non c’erano teatri separati per neri e bianchi, anche se in alcuni di essi, a Portland, Oregon ad esempio, i neri potevano sedere solo in balconata».
Quattro anni dopo Mamie attirava ancora pubblico, nel gennaio del 1928, il Lincoln Theater di Harlem, stampò un manifesto per la «La vera stella di Harlem, Mamie Smith & Her Gang», col sottotitolo, «Avete visto il resto, ora godetevi il meglio. Detto tutto». Quel mese di settembre, Mamie cantò al Lafayette Theatre nella commedia musicale Sugar Cane.
Nel marzo del 1929 la Okeh richiamò Miss Smith in uno studio. Era in gran forma e diede tutta sé stessa interpretando blues risqué, tuttavia le registrazioni restarono sugli scaffali della Okeh. Nel numero del 23 marzo del 1929 il Chicago Defender in una nota scriveva che «Mamie Smith presto debutterà al cinema in The Blues Singer». Nessun film con questo titolo venne prodotto, ma più tardi quello stesso anno, la Columbia pubblicò Jail House Blues, un cortometraggio muto, con l’accompagnamento musicale su disco. Vestita in modo bizzarro, con un berretto scozzese, gonna a quadri e maglione stretto, si può vedere Mami cantare Jail House Blues. La carriera discografica di Mamie Smith finì la decade successiva, con quattro lati incisi ancora per la Okeh nel febbraio del 1931. Questa volta vennero pubblicate tutte e Jenny’s Ball divenne piuttosto popolare. La Smith si ritirò dalla musica poco dopo e non sono riuscito a ritrovare nessuna informazione sulla sua vita nel resto degli anni Trenta. Otto anni dopo Mamie Smith provò a tornare, nei film. Cantò in modo molto espressivo, una versione rallentata di Harlem Blues con Lucky Millinder e la sua Orchestra nel film musicale di gangster, Paradise In Harlem (1939).
(Si veda questo filmato) Tra i suoi colleghi c’erano Edna Mae Harris e le Juanita Hall Singers. La scheda stampa del film lo definiva il «Via Col Vento dei film per neri» con il «miglior cast nero mai assemblato in un solo film». Oltre a cantare, Mamie aveva il ruolo di, e chi altri, Miss Mamie. L’anno seguente Miss Smith ebbe un piccolo ruolo nella commedia all black prodotta dalla Aetna Film, Mystery In Swing. Apparve in due film nel 1941, entrambi prodotti dalla International Roadshowas Release di Jack Goldberg, il quale aveva prodotto spettacoli di Mamie negli anni Venti e pare fosse diventato suo marito quando questi film uscirono. Sunday Sinners venne descritto come un «fulmine drammatico, un conflitto tra virtù e peccato» e Mamie venne accreditata prima di Edna Mae Harris, Alec Lovejoy, Norman Astwood e altre bellezze nere. L’altro suo film, Murder On Lenox Avenue, era descritto come «una storia moderna di vita ad Harlem» con la «miglior colonna sonora di Donald Heywood». Astwood, Lovejoe e Harris erano di nuovo compagni di Mamie nel cast. Murder On Lenox si può scaricare legalmente al seguente indirizzo. L’ultima sua apparizione su celluloide fu nel 1942 con Because I Love You, con Lucky Millinder. Da qui in poi si perdono le tracce di Mamie Smith. Pare sia morta, senza un soldo il 16 agosto del 1946 e seppellita in una tomba senza nome. Diciassette anni dopo, alcuni musicisti a Iserlohn, Germania Ovest, organizzarono un hot jazz benefit per acquistarle una pietra tombale, con su scritto ‘Mamie Smith 1893-1946 First Lady Of The Blues’. Spedirono la lapide a New York, dove Victoria Spivey, a sua volta una classic blueswoman, e Len Kunstadt, editore del Record Research Magazine, fecero in modo che Mamie Smith venisse re-interrata presso il Frederick Douglass Memorial Park a Richmond, New York. Festeggiarono l’evento il 27 gennaio 1964 con un gala in onore di Mamie al New York Celebrity Club. Tra i partecipanti c’erano molti colleghi degli anni Venti, come Lucille Hegamin, Alberta Hunter, Gertrude Saunders, Lillyn Brown, Rosa Henderson e l’organizzatrie, Victoria Spivey. Nel 1994 Crazy Blues di Mamie Smith & Her Jazz Hounds ricevette il Grammy Hall Of Fame Award.
(traduzione di Matteo Bossi)
© Jas Obrecht. L’articolo ed il materiale fotografico sono stati usati con il permesso dell’autore. Tutti i diritti riservati.
Matteo Bossi, fonte Il Blues n. 138, 2017