La Binky Records è un’etichetta indipendente (una delle tante e benedette ‘indies’) geograficamente ubicata in quel di Baton Rouge, Louisiana e sapientemente retta da Chris Maxwell, deus ex-machina ed eminenza grigia che spesso sta dietro a molti progetti targati Binky.
Dal 1989 la nostra coraggiosa etichetta ha dato fiducia ad alcuni bei nomi del cantautorato a cavallo fra Texas ed Oklahoma: Bob Childers, Grag Jacobs, Randy Pease e Two Tone Malone sono solo alcuni di quei cantautori che hanno già abbinato il loro nome a quello di questa etichetta.
Ma non dobbiamo dimenticare le nuove acquisizioni della label e le conferme di nomi non più esordienti.
Bill Erickson – Kosoma (Binky 1029)
Bill è al suo secondo album, dopo l’eccellente debutto di Blood Mixed With The Dust del 1998, già su Binky, registrato con il suo gruppo, i Migrant Workers.
Questo Kosoma è la conferma delle sue origini folk e di quanto egli ne sia orgoglioso. Strumentazione prevalentemente acustica ed un pugno di amici fidati, fra i quali il virtuoso e pluristrumentista Mike West, l’asse da lavare (washboard fa molto più fico) di Myshkin, gli strumenti a corda di Jeff Burke, il fiddle di Gina Forsyth e le armonie vocali di Laura Freeman.
L’elaborato musicale che ne esce è un prezioso esercizio acustico sulle orme di un altro Okie illustre: Woody Guthrie, che viene anche menzionato nella ipnotica ballata Room 22, reminiscente della melodia della dylaniana Masters of War.
Di tutt’altro peso specifico è invece la spiritosa Wish I Was A Fish, mentre il title-track si rivela una narrazione in perfetta chiave folk. Sullo stesso filone si snodano poi i quadretti di This Heart Of Mine, Hillbilly Reggae Girl sviluppata da basso acustico e mandolino, il tributo a Hank Williams Sr. di Last Name Is Williams, la delicata Gustav’s Song, suonata in punta di dita.
Concludono il menu di questa piacevole conferma Nobody Knows, Don’t Care Where We Spend Christmas, Pay Close Attention e Strike Me Dead If It Ain’t True, tutte accomunate dal profondo amore di questo coraggioso signor nessuno che si ostina a fare musica per il piacere proprio e di tutti coloro che vorranno prestare attenzione a lui ed alla sua chitarra acustica: noi ci siamo, Bill.
Randy Pease – Sometimes The Moon (Binky 1033)
Dagli esordi decisamente blues-oriented di Call Me Ishmael del 1997 (sempre su Binky), Randy Pease è approdato ad una forma espressiva che resta pur sempre cantautorale, ma che amplia le sue fonti di ispirazione fino ad inglobare il songwriting più propriamente detto, unito ad una strumentazione elettroacustica che ben si evidenzia fin dall’iniziale title-track.
La vena del folksinger di una certa caratura emerge nella dolce I Love This Game e prosegue con You Are The Only One, romantico presente per San Valentino alla sua Lynn.
Requiem For The Flying Saucer è nervosa e ritmata, mentre Trouble scorre via leggera come l’acqua fresca di un ruscello montano sui virtuosismi della slide guitar di Jeff Parker (un po’ il Lloyd Maines della situazione, data la sua onnipresenza nei dischi a marca Binky).
Life Was Good è introspettiva, autobiografica e decorata da un pianoforte che obbedisce ai precisi tocchi del solito Jeff Parker, ma con il brano seguente lo scenario non potrebbe subire un cambiamento più radicale.
“Slobodan Milosevic – questo il titolo – potrebbe sembrare una canzone politica, ma in effetti non lo è. Mi piace solo il suono che queste due parole hanno quando escono dalle labbra…”: spiegazione dell’autore che prendiamo per buona, con buona pace di Warren Zevon, per le rassomiglianze di alcuni passaggi vocali di Randy.
Si ritorna nei pascoli del folk con Ode To Mark Twain, mentre Me & Hoosier Bob affonda le proprie radici nel blues, primo amore di Randy.
Se poi per Payne County Blues resta un imbarazzante episodio autobiografico dell’unico incontro che Randy Pease abbia mai avuto con la prigione, la strumentale Lily’s Lullaby rimette tutto a posto, al fine di concludere l’album con la stessa dolcezza con la quale si era aperto.
Un altro cantautore da conoscere, un nuovo amico da ascoltare: Randy Pease.
Bob Childers & Terry Ware – Two Buffalos Walking; Live At The Blue Door (91702)
Registrato dal vivo al noto locale di Oklahoma City, questo album vede il veterano della scena Okie Bob Childers (dovrebbero essere almeno quattro i suoi albums solisti, oltre a questo in coppia) affiancato dal bravissimo chitarrista Terry Ware, soprannominato ‘Buffalo’, anch’egli esperto e rodato session-man del territorio ‘red dirt’, in quanto collaboratore dell’altrettanto grande Okie-trapiantato-in-Texas Ray Wylie Hubbard (vi dice niente il titolo Up Against The Wall, Redneck Mother?) fin dalla metà degli anni ’70, quando suonava nei suoi Cowboy Twinkies.
Due chitarre acustiche, due voci, due microfoni e tanta voglia di comunicare. Le dodici corde sembra che diventino centoventi, tanto coinvolgente è il sound, pur nella sua essenzialità di arrangiamenti.
I preziosismi di Terry Ware cominciano ad arricchire la ritmica di Childers fin dall’iniziale Daily Bread, dove i due evidenziano come la musica rappresenti il loro ‘pane quotidiano’.
I Walk The Wire ha l’immediatezza di un demo, mentre No Sad Country Song evidenzia le convinzioni di Bob Childers a proposito della country music e del suo messaggio.
Si prosegue con questo passo, rilassato e discorsivo, attraverso le varie A Better Place To Be, la meditativa Turn Away, la cantautorale Bluer Blues, impreziosita dal solito Ware, le bluesate Hound Dog Blues e Sing The Song, fino ad arrivare alle covers della dylaniana Forever Young e del classico traditional Summertime, per concludere con Always More, Restless Spirits, Blue Diamond, Elvis Loved His Mama e Times Have Changed.
Una bella serata con un paio di amici che forse non sapevamo di avere.
Jeff & Vida – The Simplest Plans (Squirrel/Binky 1032CD)
Jeff (Burke) e Vida (Wakeman) sono una coppia di musicisti dedita a proporre un’espressione musicale che va a pescare dal bluegrass, dalla canzone d’autore e dalla country music nell’accezione più ampia del termine, arricchendo il risultato con uno script mutuato dal rock.
Il risultato è senza dubbio intrigante ed accattivante: basta prestare orecchio all’iniziale bluegrass di Don’t Leave The Lights On e Dead & Gone, all’incalzare sinuoso di The Law’s Best Friend, al talking blues di Come Back Home To You, alla malinconica dolcezza di Trucks In The Distance con l’accordion di Peter Holsapple in sottofondo, al semi-rock di The Only Thing Missing, alla classica ballata Can’t Complain, per tornare al bluegrass di Want Me Back e The Simplest Plans, transitando attraverso la delicatezza acustica di Have Mercy, precipitando nel quasi-boogie di Where The Dollar Stops, per concludere con la riflesiva O Fire.
Se, da un lato, i nostri due interpreti non brillano per le rispettive prestazioni vocali, si deve però parimenti ammettere che l’aspetto strumentale è ineccepibile, granzie anche all’apporto dei soliti amici: Gina Forsyth, Peter Horsapple, Mike West, Mike Kerwin e Matt Swiler.
Mike West – New South (Squirrel/Binky 1031CD)
Mike West è un interessante e dotato polistrumentista già titolare di diversi albums solisti, oltre ad innumerevoli collaborazioni con i musicisti che gravitano sul bacino del movimento Red Dirt. Mike suona indifferentemente banjo, mandolino, chitarra acustica ed elettrica, banjouki (una via di mezzo fra il banjo ed il bouzouki, strumento tipico del folklore ellenico, oltre a percussioni assortite.
Lo aiutano per l’occasione Jeff Burke (Jeff & Vida) al banjo, mandolino ed alla chitarra acustica, Myshkin (voci e washboard), oltre ai membri del classico entourage della Binky.
La proposta è abbastanza variegata, pur facendo capo alla musica cara alla tradizione del sudovest statunitense.
L’espressione artistica scelta da Mike West è molto personale e se ne frega sonoramente del business e delle classifiche (ascoltate Dogs & Ticks per capire ciò che intendo). Più fruibile è l’iniziale Dixie, la gradevole The Piano Lesson con una bella presenza del banjo, la tradizionale New South o la deliziosa Loose Ends.
Tutto il lavoro è fine a sé stesso, Mike suona per sé e gli altri possono dire/fare/pensare ciò che vogliono: la musica è sua e basta. Poche sono le concessioni che Mike è disposto a fare e chi lo rispetta lo sa e lo ama anche per questo.
Dino Della Casa, fonte Country Store n.71, 2004