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Questo articolo vuole essere il tributo ad un personaggio importantissimo nel mondo discografico, soprattutto quello indipendente: il responsabile della promozione discografica, senza la quale nessun artista riuscirebbe ad avere quell’esposizione ai media che gli necessita per farsi conoscere ed eventualmente apprezzare.
A prima vista le recensioni che seguono, potrebbero sembrare non avere molto in comune fra di loro, ma il denominatore che lega gli artisti interessati è l’agenzia che ne cura la promozione: la So Much Moore Media, voluta da Martha Moore, altrimenti conosciuta come ‘the hardest working girl in the music biz’, definizione che le fu un tempo appioppata da un suo cliente, evidentemente soddisfatto dei suoi servigi.
Martha ha lavorato per una dozzina di anni negli uffici stampa delle maggiori majors di Nashville (ABC, MCA e Polygram), poi nel novembre del 1988 ha deciso di mettersi in proprio e da diversi anni cura/ha curato la promozione di musicisti del calibro di Amazing Rhythm Aces, Russell Smith, David Frizzell, Chuck Pyle, Kenny Butterill, Big Smith, Wade Vincent Root, the Brooklyn Cowboys, Hank Cochran e Lisa O’Kane.
Proprio di questi ultimi due abbiamo intenzione di parlare in questo contesto.

Hank Cochran – Livin’ For A Song
Pronunciando il nome di Hank Cochran viene spontaneo provare un profondo rispetto per la statura dell’uomo. Hank è una delle icone viventi (l’altra sarebbe stata il compianto Harlan Howard) di quel comparto della country music che scrive canzoni per altri interpreti, di coloro che forniscono gli interpreti più blasonati di brani che potranno anche diventare classici senza tempo come è accaduto a molte delle creature partorite dal nostro Hank.
A sessantasei anni suonati, il nostro avrebbe ben potuto incidere un album che contenesse le sue versioni di brani da lui firmati e portati al successo da altri, non è però questo il caso in questione, in quanto i brani contenuti in questo Livin’ For A Song (titolo quanto mai appropriato) rappresentano i suoi pezzi favoriti, suoi o di altri artisti e compaiono qui per sua precisa scelta.
Otto albums solisti (uno dei quali inciso con l’outlaw Billy Don Burns e l’altro live in coppia con Clinton Gregory) in oltre trentasette anni di carriera non rappresentano certo il concetto di inflazione produttiva, ma Hank è soprattutto compositore, anche se in questa sede si propone in veste di esecutore ed interprete (anche) di se stesso.

Il disco inizia con un brano che è apparso nel corso dei decenni con vari titoli (The Wild Side Of Life, Great Speckled Bird, I Didn’t Know God Made Honky-Tonk Angels, It Wasn’t God Who Made Honky-Tonk Angels, Song Of Songs, ecc.), pur senza variarne la melodia, ma ancora non lo avevo visto attribuito a tale Arlie Carter (?): sta a significare che non si impara mai abbastanza, ma nutro ancora forti dubbi sulla veridicità di questo credit. Stilisticamente parlando il brano di presenta come uno scatenato country boogie con strani coretti femminili che ne sottolineano il refrain. Grintoso, appena fiatistico e di buon auspicio.
Something Unseen, I Fell Apart, He Little Thinged Her, You Wouldn’t Know Love, Sometimes Mississippi, The Pen, What A Beautiful Woman si drappeggia del più classico country Nashvilliano, stile anni ’60 (tanto per capirci), il periodo che rappresenta l’apice della carriera compositiva di Hank, quando pochissimi cantanti pensavano di scrivere i brani da interpretare e preferivano affidarsi alle penne professionali di tanti compositori che affollavano le Publishing Houses della capitale della country music.
Nobody’s Fool cambia registro e si veste dei panni dell’outlaw country di matrice texana tanto caro a Waylon Jennings ed a Willie Nelson (grande amico di Hank e ritratto con lui all’interno del booklet che accompagna il CD in questione).
You Let Me Down ha una partenza incredibilmente bluesy con un fiddle solista davvero pregevole, subito appaiato da un pianoforte che accompagnerà poi l’intera performance mentre reminiscenze della Night Life di Nelsoniana memoria aleggiano nell’aria.
Magic In The Band è un classico brano country di matrice texana, con il tempo di shuffle abilmente raddoppiato, mentre pedal steel e fiddle ci rimandano al Lone Star State.

I’m Goin’ Home è il brano più attuale dell’intera raccolta ed a seguito di un attento ascolto dello stesso, ci si rende conto di quanto tradizionale risulti il prodotto in questione. Bello l’uso dei diversi toni di voce.
Un intro di fiddle e chitarra gut-string (con le corde in budello) solista ci conducono al cospetto di Sua Maestà il cotone con When Cotton Was King, con una parte recitata nella tradizione che vide Porter Wagoner al suo apice.
Il disco si chiude con il title-track, Livin’ For A Song, che potrà rappresentare – il più tardi possibile, ci auguriamo – un bellissimo epitaffio per Hank Cochran, uno struggente brano autobiografico che non sfigurerà, d’ora in poi, nel suo catalogo.

Lisa O’Kane
Un nuovo acquisto della scuderia di Martha Moore è una dolce fanciulla di nome Lisa O’Kane, californiana di Fish Camp, un’agglomerato che conta ben trentasei anime sito nella monumentale Yosemite Valley, che debutta con un album davvero interessante, che può vantarsi di una produzione – Edward Tree (dei Bum Steers) – degna delle migliori (più ricche) majors.
L’album dura oltre tre quarti d’ora (niente male per un’esordiente) e comprende materiale estremamente vario.
Scorrendo i credits ci accorgiamo che i Bum Steers sono legati a Lisa a doppio filo: oltre al chitarrista/produttore, ecco il bassista Taras Prodanuik ed il cantante Mark Fossom. David Jackson è un bassista ampiamente rodato alla corte dei grandi del rock westcoastiano degli anni ’70, quindi non è certo un giovanotto di primo pelo, che negli ultimi anni si è accostato con decisione alla musica western (almeno un paio di albums con i New West ) e qui si alterna fra l’accordion, le background vocals (nel classico di Hank Williams Sr. My Sweet Love Ain’t Around) e la sezione ritmica insieme ai batteristi David Raven e James Cruce. Ancora da segnalare il fiddle di Scott Joss e le performances di Ken O’Malley (Harmony vocals & mandolin), Tom Corbett (Mandolin), Skip Edwards (Strings & Hammond Organ B3), Billy Watts (Harmony Vocals & Electric Guitar) e Teresa James (Background Vocals).

Si diceva prima che la selezione dei brani è quanto mai varia e lo confermiamo, anche se è possibile trovare un comune denominatore: il buon gusto nella scelta dei brani salta subito all’occhio. Se il primissimo approccio con l’arrangiamento dell’iniziale Romance & Finance (composta dalla stessa Lisa con Edward Tree ed il mandolinista Ken O’Malley, che si esibisce in un a-solo pregevole) potrebbe lasciare perplessi un attimo, il prosieguo del brano e soprattutto la maturità vocale della professionista riescono a fugare ogni eventuale dubbio.
La seguente Little Black Cloud è un dolce esercizio acustico a firma Tree/Fossom, che sottolinea le doti vocali di Liza ben supportate da un tappeto strumentale folk-oriented.
Il title-track porta la firma di uno dei nostri beniamini, quella Lucinda Williams della quale ultimamente – ma non solo – abbiamo giustamente tessuto le lodi per i suoi recenti lavori Car Wheels On A Gravel Road ed Essence. Si tratta di una ballata acustica con arrangiamento minimalista, dove le chitarre acustiche di Edward Tree ed il basso di Taras Prodanuik fornisco un tessuto dolcissimo sul quale la voce di Lisa di accoppia con le harmony vocals di Mark Fossom per un risultato davvero eccellente: Best track on the CD.
Altro ripescaggio eccellente per il suddetto classico di Hank Williams padre, My Sweet Love Ain’t Around, di cui abbiamo già detto.
Ancora Lucinda Williams viene chiamata virtualmente in causa per l’interpretazione della sua strascicata ballata Pineola, densa dei tipici umori del profondo sud sonnacchioso ed umido: ascoltate il modo in cui Lisa utilizza la propria voce e troverete non pochi punti in comune con la stessa Williams e con Mary Gauthier.
Ballata più tradizionale si rivela invece Lovin’ You Again, acustica ed educata, quasi timida anche nella performance vocale.

Al contrario risulta invece piacevolmente ritmata ed aggressiva la riebolarazione di Wall Of Tears (K.T.Oslin): grande sezione ritmica e country-rock in gran spolvero.
All The Way With You è firmata da due grandi nomi del songwriting statunitense: John Prine e Gary Nicholson, è nuovamente impreziosita dalla chitarra acustica di Edward Tree ed è un’altra delle gemme del disco.
Wanting, Wanting You ha un bel lavoro di basso iniziale, poi il brano cresce, si sviluppa e si apre in un interessante esercizio vocal/strumentale ad opra dell’intera band, con il solito Mark Fossom alle harmony vocals.
Like An Old Fashioned Waltz è firmato da Sandy Denny, che ha giustamente legato il proprio nome – da sola e con i suoi Pentangle – ad alcune delle pagine migliori del folk inglese.
Il disco prosegue con un imprevedibile song di Bill Monroe, il padre riconosciuto del bluegrass, intitolata Old Cross Road Is Waitin’, dove il fiddle di Scott Joss ed il mandolino di Tom Corbett si contendono il ruolo di leader.
L’album – davvero stimolante – si chiude con una delicata ballata scritta da Lisa e Edward Tree, The Valley e ci ricorda alcune cose della prima Emmylou Harris, quando ancora era viva in lei la memoria artistica di Gram Parsons. Un grande album che vale la pena darsi da fare per ascoltare una proposta davvero interessante.

Dino Della Casa, fonte Country Store n. 66, 2003

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