Fa sempre piacere scoprire una nuova band, ed ancora di più quando questa ti sorprende con la sua musica, le sue idee e la sua freschezza.
Per conoscerli meglio, può essere interessante la loro storia, come ci è raccontata nelle note di copertina: nell’estate del 1999 sono in cima alla Sierra Nevada della California in cerca dell’high lonesome sound della mountain music e dopo mesi di escursioni, di scalate, di suonare e cantare insieme, trovano un nuovo suono che chiamano High Altitude California Bluegrass.
All’ascolto si potrebbe essere portati a pensare al newgrass, ma non è solo così: la loro è musica imprevedibile ed eclettica, tra il bluegrass progressivo, il folk ed il jazz, vivace, divertente ed al tempo stesso multiforme e composita, e non riesci mai ad immaginare cosa ti aspetta dopo ogni giro, dopo ogni nota.
Se l’iniziale Three Point Two si può tentare di etichettare come moderno old-time, Horseshoe fa pensare subito agli Jethro Tull dei primi anni ’70 (e non solo per l’uso del flauto) ed altre cose riportano a certi New Grass Revival o a loro attuali discepoli.
Tutti i pezzi sono originali scritti da loro, tranne Old Dangerfield, un pezzo un po’ dimenticato di Bill Monroe, qui eseguito in maniera maledettamente strepitosa.
Sono in cinque, tutti virtuosi nella voce e negli strumenti, e merita citarli per nome perché li attende un luminoso futuro: Nat Keefe alla chitarra, Bryan Horne al contrabbasso, Erik Yates al flauto, banjo e accordion, Zac Matthews a mandolino e l’ultimo arrivato Aaron Redner a fiddle e mandolino.
Questo è il loro primo album in studio, preceduto da un Live At The Freight And Salvage del 2002, a questo punto da procurarsi immediatamente: se in studio sono così, figuriamoci dal vivo…
Un disco dannatamente carico di energia, originale e divertente.
(Bluegrass Progressivo, Folk, 2004)
Claudio Pella, fonte Country Store n. 71, 2004