Se da un lato è vero che questo è un disco per steel-guitar solista e che la copertina (bruttina) vorrebbe ritrarre la scena della doma di un cavallo selvaggio, non per questo il prodotto deve essere frettolosamente etichettato come country-music.
Visto che siamo in casa Bloodshot, il suffisso ‘alt.’ davanti alla parola ‘country’ è oramai quasi d’obbligo e quindi brani tradizionali quali River Of No Return, con le sue cadenze western sulle quali si adagia la voce di Neko Case, vanno a braccetto con esercizi stilistici quali la velocissima Powerhouse, strumentale mozzafiato supportato dal piano di Nick Luca.
Widowmaker è un classico numero per steel guitar a firma dello stesso Jon Rauhouse, mentre Smoke Rings è morbido e ‘spazzolato’ sulla batteria di Kevin O’Donnell, mentre Kelly Hogan recita il ruolo di femme fatale della situazione.
Il disco va oltre i quaranta minuti, ma avrebbe potuto esaurire il suo motivo di esistere anche in tempi più ridotti, in quanto poco aggiunge alla – limitata – notorietà di Jon Rauhouse; da citare per dovere di cronaca l’ennesima riedizione del tema dalla serie di telefilm Perry Mason, brano mitico degli anni ’60, che non manca di evocare agli occhi della memoria la figura del grandissimo Raymond Burr, che impersonava appunto l’infallibile detective poi relegato su di una sedia a rotelle, ma mai domo.
Fra i nomi che appaiono nei credits non possiamo esimerci dal citare Sally Timms (canta da solista in There’ll Be Bluebirds Over The White Cliffs Of Dover), Howe Gelb (suona il piano e canta in Indian Love Call), Joey Burns e John Convertino (noti come il due Calexico), rispettivamente al basso e batteria.
Prodotto probabilmente interessante, soprattutto per i puristi del genere.
Bloodshot 105 (Alternative Country, 2004)
Dino Della Casa, fonte Country Store n. 71, 2004