Proprio mentre a sorpresa esce nei cinema italiani (con un anno di ritardo e per pochissimi giorni di programmazione) il documentario Grateful Dawg, arriva nei negozi il lungamente atteso nuovo album del David Grisman Quintet. E se del primo progetto (con relativo CD) avevamo già parlato benissimo a suo tempo, altrettanto non possiamo fare di questo Dawgnation che, pur presentando momenti indubbiamente gradevoli, lascia nell’ascoltatore la sensazione di sonorità troppo ‘masticate’ e di scarsa brillantezza creativa.
Quando, tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80 David Grisman propose la sua personalissima interpretazione musicale (alcuni la chiamavano ‘new acoustic music’, lui preferì personalizzarla in ‘Dawg music’) certamente aprì nuovi orizzonti sonori, tecnici e compositivi. La sua musica strumentale sapeva in modo elegante trovare un equilibrio ritmico, melodico e armonico tra bluegrass, jazz, folk e classica. E suonava freschissima e originale.
Oggi, più di vent’anni dopo, le fonti musicali si sono persino ampliate accogliendo molti spunti sudamericani (come il divertente reggaettino Slade dedicato all’amico chitarrista Charles Sawtelle), ulteriori riferimenti jazzistici e perigliose escursioni in territori world.
Eppure, la formula musicale risulta stantia. Il disco, dopo un discreto inizio, stenta a decollare e nonostante il valore di alcuni dei compagni di Grisman (il percussionista/violinista Joe Craven su tutti) alla fine risulta piuttosto noioso.
Nonostante David ci piazzi (per diversificare ulteriormente l’ascolto) ben quattro duetti con ciascuno dei suoi compagni d’avventura (ottimo Desert Dawg, proprio con Craven). Lascia insoddisfatti anche l’uso del flauto (che aggiunge un che di demodé) così come delude il chitarrista argentino Enrique Coria (che, come direbbe qualcuno, non ci azzecca proprio).
Oltre a Slade, piacciono Twin Town, in cui si risente il doppio mandolino, una volta inconfondibile ‘trademark’ del Grisman Quintet, e la sincopatissima Dawgnation, composizione degna dei tempi d’oro. Ma da un musicista che ha saputo fare della creatività stilistica e della brillantezza creativa le proprie armi di forza è lecito aspettarsi molto di più.
Acoustic Disc ACD-49 (Dawg Music, New Acoustic Music, 2002)
Ezio Guaitamacchi, fonte JAM n. 84, 2002
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