Da molto tempo Bill Monroe non incideva un album interamente strumentale, l’unico essendo Bluegrass Instrumentals (MCA 104), del periodo 1951-63.
Non era mai successo, inoltre, che il mandolino assumesse negli strumentali una parte preponderante, essendo il fiddle ad avere il maggior peso nei solo e nel back-up nella musica dei Blue Grass Boys (con le ovvie eccezioni di pezzi come Rawhide, Tennessee Blues, Kentucky Mandolin e pochi altri).
Bene, questo Master Of Bluegrass si distacca radicalmente dal passato, e ci dà modo di apprezzare il mandolino di Monroe in un vero e proprio tour de force di 10 pezzi. Ma ‘apprezzare’ è dire poco: amare sarebbe forse il termine più adatto per la musica di papà Bill, che riesce in questo album a toccare nel profondo la nostra sensibilità musicale e, non neghiamolo, le nostre emozioni.
I dati tecnici: la qualità dell’incisione è buona, non ottima come si dovrebbe pretendere da una casa come la MCA, ma buona. Stupisce, però, la grossolana inaccuratezza con cui è stato eseguito il missaggio: troviamo infatti che in Fair Play il break di banjo è per metà fuori campo, e che in diversi momenti alcuni strumenti sono lasciati in eccessiva evidenza, o al contrario in sordina, anche se a volte è necessario un ascolto attento per notarlo; è invece fin troppo evidente un eccessivo uso del reverbero in molti pezzi, con risultati quasi fastidiosi.
Non sono disposto a perdonare difetti come questi, come non sono disposto a perdonare il fatto che sulla copertina di Master Of Bluegrass, peraltro molto bella, l’ottimo banjoista Butch Robins sia nominato fra i mandolinisti, e che ufficialmente quindi fra i Blue Grass Boys in questo album non esista banjoista!.
Ma ascoltando l’album si riesce a dimenticare queste piccole cose, e Butch Robins, anche se con qualifica errata e boicottaggio del missaggio, è piacevole come sempre.
Ho detto mandolinisti: con Bill Monroe infatti sono ospiti Jesse McReynolds e Larry Sledge in alcuni cuts, così come è ospite Norman Blake alla chitarra, anche se il loro apporto non è tale da cambiare sensibilmente il suono tipico dei Blue Grass Boys, sostenuto come sempre dalla robusta ritmica della chitarra di Wayne Lewis e del contrabbasso di Mark Hembree, e ornato dal suono quasi classico del violino di Kenny Baker (quasi commovente, gente!).
Il tutto, come dice la recensione dell’album comparsa su Bluegrass Unlimited, è legato dal mandolino di Monroe, col suo inconfondibile timbro, tocco e tempo: questo è il vero punto di interesse dell’album, al di lá degli innegabili meriti di tutti i musicisti.
Dei pezzi non c’è poi molto da dire: le atmosfere sono molto diverse, andando dal fiddle-tune di stampo tradizionale, quasi da ballo, al pezzo più ‘riflessivo’, al più misterioso pezzo della storia del bluegrass: My Last Days On Earth (titolo purtroppo più realistico che profetico) inizia infatti con effetti di vento e grida di gabbiani, si definisce col mandolino in ‘cross-tuning’ (la prima coppia di corde è accordata in modo da dare un accordo), con un semplice accompagnamento di chitarra e contrabbasso, e diventa via via più strano con l’aggiunta di un coro di voci e di una sezione di archi.
Tutto ciò lascia perplessi al primo ascolto, ma crea un’atmosfera intensissima, contemporaneamente eterea e profondamente emozionale. E che nessuno mi venga a dire che Bill Monroe non ha il diritto di sperimentare soluzioni insolite!
Dal vivo Monroe suona My Last Days On Earth solo con mandolino e contrabbasso, ma l’emozione che riesce a ridestare anche in questo semplice arrangiamento è vivissima: deve esserci una morale in tutto ciò!
Mi sembra che la già citata recensione di Bluegrass Unlimited di Master Of Bluegrass sia molto opportuna per concludere degnamente questa mia recensione di uno dei più importanti album degli ultimi anni: “Separatamente presi ci sono pezzi migliori o minori, ma ascoltare dall’inizio alla fine è come avere un’esperienza, su un piano non verbale, che si avvicina alla comunicazione perfetta. Un ex-Blue Grass Boys ha suggerito che la musica di questo album dipinga il Bill Monroe privato più che ogni altra cosa registrata prima (…). Questo album è essenziale per chiunque sia interessato alla musica di Bill Monroe”.
MCA 5214 (Bluegrass Tradizionale, 1981)
Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 1, 1983