Si sono appena spenti gli echi delle critiche di In The Beginning, uscito nel Settembre 2003, che già ci ritroviamo tra le mani questo nuovo Acoustic Blue, sempre datato 2003 e pubblicato dalla Tornato Records, che aggiunge così un nuovo capitolo alla storia infinita degli albums postumi del grande texano.
Non sono mai stato favorevole alla sistematica pubblicazione degli archivi di artisti passati a miglior vita, che troppo spesso si sono rivelati uno scempio biecamente commerciale, piuttosto che un recupero scrupoloso di tesori nascosti. Su 26 albums che compongono la discografia di Van Zandt, 14 lo hanno visto protagonista vivente e ben 12 sono postumi e di questi, almeno la metà, quantomeno superflui.
Nel caso di questo Acoustic Blue sono stato, invece, felice di constatare un’operazione accurata, che ha il merito di avere messo insieme un buon numero di pezzi incisi raramente e che rispondono al filo conduttore del CD, che è quello di proporre l’anima blues di Townes Van Zandt.
I quattordici brani che compongono il CD sono stati assemblati stralciandoli da una manciata di concerti tenuti, a cavallo dell’uscita di No Deeper Blue, e di Around Times, tra il 1994 ed il 1996, durante tours europei, prevalentemente in Germania, ad eccezione di Nothin’ incisa ad Austin, Texas, tre settimane prima della sua morte: un ottimo lavoro di digitalizzazione dei nastri, dá l’impressione di trovarsi ad ascoltare un unico concerto.
In pieno periodo alcolista depressivo, i pezzi sono tutti rigorosamente acustici, in quella che, nei suoi ultimi anni di vita, è sicuramente stata la dimensione più intimamente personale e consona al linguaggio espressivo di un artista timido, schivo, raramente a suo agio che, sempre più spesso cercava nel Jack Daniels le motivazioni ad una carriera sempre più difficile da vivere.
Nel 1968 usciva il suo primo album, sono quindi 36 anni che parliamo ininterrottamente di lui, sempre in tono positivo, con un rispetto che ben pochi musicisti hanno saputo guadagnarsi, grazie ad una manciata di brani epocali, Pancho & Lefty su tutti ed uno standard compositivo raramente riscontrabile in altri casi, malgrado una notevole prolificità.
Texano purosangue, storyteller di cristallina purezza e semplicità, il suo stile non vive di spunti particolarmente originali e personali, ma sulla capacità straordinaria di esprimere quanto di meglio il Texas abbia offerto in termini di folk, blues e country, le cui atmosfere Van Zandt neppure si cura di fondere in alcun modo, utilizzandone feeling e metrica in funzione della storia che vuole raccontare.
Acoustic Blue è un album di blues acustico, rigoroso, talmente scolastico da risultare imbarazzante per non essere nero, ma non per questo meno rispettoso della tradizione, dalla quale si discosta solo per una digressione folk in A Song For, intensa e lacerante nella sua malinconia, che chiude il CD.
Solo per il gusto di riprendere in mano i vecchi dischi di Van Zandt, ritrovo i titoli di questo ottimo Acoustic Blue sparsi un po’ per tutta la sua discografia, a partire da The Hole ed A Song For che provengono da No Deeper Blue del 1994, il suo ultimo album dal vivo, mentre la splendida Waitin’ Round To Die risale addirittura a For The Sake Of The Song, il suo album di esordio, Lungs trova spazio su Townes Van Zandt del 1970, Kathleen e Snake Mountain Blues provengono dal bellissimo e per molti anni ricercatissimo da tutti i collezionisti, Our Mother The Mountain del 1969, Nothin’ da Delta Momma Blues del 1971, Loretta dal mitico Live At The Old Quarter del 1977, Dollar Bill Blues era su Flyin’ Shoes del 1978, Short Haired Woman Blues su Rain On A Conga Drum del 1991, Coo Coo, Automobile Blues e My Starter Won’t Start vengono da Road Song del 1992, Gone Too Long da In Pain del 1999 mentre, di Goin’ Down To Memphis, non ho trovato traccia.
Se dovranno venirne altri, che siano rispettosi come Acoustic Blue, altrimenti lasciamo che Townes conservi ancora qualche segreto.
Tornato TOM 2087 (Singer Songwriter, 2004)
Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 44, 2004