Steve Earle e ormai da anni uno dei nostri beniamini e, di conseguenza, l’uscita di un suo nuovo CD rappresenta un appuntamento imperdibile, se poi si tratta di un live, per di piú doppio, l’occasione diventa ancora più ghiotta.
Just An American Boy sembra quindi avere tutti numeri per diventare uno dei lavori più interessanti di quest’anno. Ho detto sembra, perche basta mettere il primo CD sul lettore per chiedersi che bisogno aveva il nostro Steve di produrre un ‘live’ assemblato con brani presi da vari concerti.
L’album si apre con Amerika, stonesiana ed intrigante, ma rovinata da un sound irritante, con una batteria tra il metallico e l’elettronico suonata da un Will Rigby in serata di disgrazia, alla quale peró non sono estranei neppure gli altri Dukes.
Anche il mitico Eric ‘Roscoe’ Ambel è coinvolto in una performance, fino a questo momento, tutt’altro che esaltante e basta ascoltare I Remember You, nella quale nemmeno la presenza della brava Garrison Starr riesce ad essere di un qualsiasi aiuto.
Quando finalmente Steve imbraccia la chitarra acustica e sostituisce i Dukes con i Bluegrass Dukes l’atmosfera cambia decisamente e la versione di Hometown Blues di Doc Watson rimette ogni cosa al suo posto, malgrado un piccolo cedimento vocale, che gli perdoniamo volentieri.
Una buona Harlan Man sembra finalmente fare decollare il concerto, recuperando una buona dose di grinta, ma soprattutto preparando una degna introduzione ad una spettacolare Copperhead Road, uno dei momenti topici dei concerti di Steve Earle, che ne dilata l’esecuzione fino a 7 minuti di vibrante ed intenso crescendo rock, con i Dukes tutti insieme sul palco guidati da un redivivo Roscoe, al quale difetta ora soltanto la qualità del suono, mentre pare tornato a suonare come sa, prova ne e la successiva Guitar Town, altro pezzo da novanta, a conferma che il concerto è ormai partito e tutti girano alla perfezione.
Il primo CD si chiude con 2 pezzi acustici; Over Yonder, all’inizio della quale la voce di Steve scivola nuovamente, ed una versione di Billy Austin da brivido, forse uno dei momenti piú coinvolgenti dell’intero lavoro, grazie ad una interpretazione accorata di Earle che, proprio in queste folkblues ballads riesce a dare il meglio di se, offrendo anche un accompagnamento di chitarra acustica ruvido e scarno, ma sanguigno e diretto.
Anche il secondo CD incomincia in versione acustica e vive un altro grande momento con la cover di Rex’s Blues/Ft.Worth Blues, omaggio al compianto Townes Van Zandt: oltre 6 minuti di grande feeling, dopo i quali si riattacca la spina per John Walker’s Blues, la cui performance è una magnifica dimostrazione di rock intenso e viscerale, dall’incedere lento e trascinato, fortemente imparentato con il miglior texas blues.
Non manca molto alla fine, ma c’è ancora il tempo di spezzettare il concerto inframezzando un brano acustico ogni 2 elettrici, secondo uno schema che ha il solo effetto di spezzare l’atmosfera intima o rovente, a seconda del momento, con un esito che non so fino a che punto possa giovare ad un concerto.
Certo i 10 minuti abbondanti di Christmas In Washington sono un monumento alla capacitá comunicativa di Steve, oltre a dimostrare l’intensità del suo impegno politico, supportato da una carriera a volte difficile, interrotta da problemi di salute e di galera e che in questo album ha trovato una forte motivazione pacifista, in contrasto alla politica guerrafondaia dell’amministrazione Bush.
Un disco strano questo Just An American Boy, prodotto male, ma ricco di momenti di grande musica, sia rock che country, suonato non sempre bene, ma ricco di feeling e personalità, ma di questo non avevamo dubbi e, malgrado tutto, sappiamo che di Steve Earle ci si può fidare.
Un momento di gloria anche per Justin Earle che con una versione di studio di Time You Waste mette il sigillo finale al CD.
Ritrovarti e sempre un piacere caro Steve, ma per un CD doppio, forse potevi fare qualcosa di più, ma grazie lo stesso.
Artemis/Rykodisc RCD 17002 (Country Rock, 2003)
Claudio Garbari, fonte Out Of Time n. 43, 2004
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