Famosa in Italia più per la sua esuberante immagine che per il suo valore di cantante e, come vedremo, di autrice, Dolly Parton per molti anni ha ben rappresentato la Nashville criticata da Altman e, un po’ di conseguenza, anche dai nostri esperti di musica addetti ai lavori.
Aldilà delle possibili facili ironie riguardo ai suoi gusti decisamente kitch, non credo di aver mai letto critiche negative che riguardassero la Parton cantante: non era così semplice individuare carenze nelle sue capacità canore – oggi lo sarebbe, ma solo a causa dell’età -, è stato molto più facile evitare di parlare dei suoi dischi, in quanto ritenuti prodotto commerciale di quella America che si scriveva con la kappa. Ciò nonostante, grazie probabilmente alle mille risorse che le hanno concesso di costruirsi anche una carriera cinematografica e quindi una notevolissima popolarità, i nostri negozi, compresi i grandi magazzini, hanno sempre avuto suo materiale disponibile, al fianco di quello dei soliti John Denver, Willie Nelson e pochi altri.
Dopo cento film, mille dischi, milioni di concerti, apparizioni TV e mirati investimenti – il megaparco Dollywood su tutti -, la sempre giovane (magia chirurgica) si sgancia da ogni legame con chi le impone stile e vendite minime e riscopre, così come Patty Loveless e tante altre, oltre al ‘profumo della libertà’ anche i suoni acustici del bluegrass, guadagnandosi pure la stima dei più tradizionalisti.
Mancavano all’appello, a quel punto, solo gli appassionati del rock, non quello che fa da colonna sonora alla vita degli attuali teenager, no, mi riferisco al pubblico adulto, che ascolta i vecchi cantautori rock sempreverdi e le nuove leve che a loro spesso si ispirano.
Il disco Just Because l’m A Woman chiude il cerchio facendo sì che anche questo pubblico, più esigente e maturo, possa godere finalmente, anche se non attraverso la sua voce, del valore artistico di Dolly Parton.
E’ la Parton autrice che si celebra oggi: 13 delle 3.000 canzoni uscite dalla prolifica penna di Dolly, interpretate da una dozzina di brave e famose cantanti di diversa estrazione, sono un importante contributo, ma anche un riconoscimento più che doveroso nei suoi confronti. Il CD esce 35 anni dopo la pubblicazione dell’omonimo disco che segnò il debutto discografico su RCA di Dolly Parton ed è chiuso con una nuova registrazione del pezzo da parte dell’autrice, l’unico brano qui cantato da Dolly.
Le altre canzoni sono affidate a Norah Jones, brava anche in The Grass Is Blue, pianistica ed essenziale; a Melissa Ethridge che, non avendo la voce di Whitney Houston, ricuce I Will Always Love You dandole un taglio diverso ma comunque efficace; a Alison Krauss, che blueseggia 9 To 5 (notevole il piano honky tonk); a Joan Osborne, tradizionalissima in Do I Ever Cross Your Mind; a Shelby Lynne, amabile rocker in The Seeker; a Mindy Smith, che con Jolene crea un’atmosfera in bilico tra rock e folk celtico; a Emmylou Harris, meravigliosamente se stessa nella familiare To Daddy; a Shania Twain, tanto criticata dai più tradizionalisti, qui assolutamente perfetta nell’autobiografica Coat Of Many Colors (narra l’infanzia estremamente povera di Dolly, quarta di dodici figli in una famiglia contadina delle Smoky Mountains del Tennessee); a Kasey Chambers, cantautrice australiana a metà strada tra country e rock, che si distingue per il buon uso di Little Sparrow; a Sinéad O’Connor, che con tutta la drammaticità del suo personale approccio, si rivela bravissima cantante bluegrass in Dagger Through The Heart; a Allison Moorer, tra le poche cantanti country presenti in questo progetto, una nuova splendente stellina che offre una buona interpretazione di Light Of A Clear Blue Morning (poco comprensibile qui è la scelta di applicare l’effetto sonoro di LP scricchiolante…mah); a Me’shell N’degéocello, la cui presenza è, per il sottoscritto, una vera e propria forzatura…
Acquisto consigliato.
Sugar Hill 3980 (Traditionale Country, Alternative Country, Bluegrass Moderno, Country Pop, 2003)
Maurizio Faulisi, fonte Out Of Time n. 42, 2003