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E’ una compilation composta da ben 20 canzoni eseguite da altrettante band attive in Gran Bretagna, prodotta dalla British Bluegrass Music Association. Quel Volume 1 che chiude il titolo dell’opera lascia intendere che in un prossimo futuro vedrà la luce un seguito a questo primo sforzo dei nostri colleghi d’oltre Manica.
La BBMA è stata fondata nel 1990, solo quattro anni fa, un anno addirittura dopo la nascita della BMAI, …e dire che la musica bluegrass da quelle parti è suonata dai lontani anni ’50; fu infatti l’americano Bill Clifton, trasferitosi in Inghilterra in quel periodo, a diffondere la passione per questo genere. Quasi 40 anni di storia non sono pochi, ma ciò nonostante il bluegrass ‘Made in England’ non ha mai raggiunto grande successo, a differenza, ad esempio, del British blues, nato come semplice riproposizione del blues USA, ma di fatto diventato un ‘genere’ a sé, inconfondibile, e generatore di talenti oggi di fama internazionale.
Il perché di questo lo potete ascoltare nel presente CD: il livello generale è piuttosto scarso. Spiace dirlo ma è cosi. Non ho idea delle ragioni per cui questa musica non sia ben eseguita dagli inglesi, di fatto, nonostante gli inglesi siano meritatamente considerati buoni musicisti, a prescindere dal genere musicale, e nonostante il bluegrass sia molto più diffuso lassù che, ad esempio, dalle nostre parti, il livello di queste formazioni, accidenti, è proprio scarso. Voglio correre il rischio di essere tacciato per campanilista, ma sono convinto che una maggiore diffusione del bluegrass in Italia ci garantirebbe un riconoscimento internazionale decisamente maggiore di quello raccolto dalle pochissime band che si sono spinte oltre confine.

Quello che intendo dire è che in Italia non raggiungiamo nemmeno un quarto dei gruppi attivi in Gran Bretagna, e lo stesso discorso vale per il numero di festival e concerti di musicisti americani che annualmente si tengono in GB, e così anche per la quantità di stazioni radiofoniche che propongono il genere. Quello che si denota immediatamente dall’ascolto del disco è quell’approccio approssimativo e, direi, confuso al bluegrass.
Naturalmente non tutto il CD è così, ma quelle quattro o cinque canzoni di buon livello sono decisamente troppo poche perché si possa esprimere un giudizio diverso. Ero stato avvertito di questa realtà da parte di alcuni soci che hanno avuto modo di constatare personalmente quanto sto descrivendo, ma consideravo la loro descrizione esageratamente negativa e restavo in attesa di appurarne la veridicità: ora ne sono convinto, è proprio così.
Forse non era questa la maniera giusta per presentare questa operazione, forse avrei dovuto sottolineare l’entusiasmo di quei musicisti e lo sforzo della BBMA, che comunque apprezzo, ma quelle note introduttive che parlano dei gruppi in termini entusiastici e di una scena altamente professionale, se mi consentite, andavano bilanciate con una recensione severa.
I nostri New Country Kitchen, Original Bluegrass Stuff, Red Wine, Bluegrass Ties, Country Pride, Freeway ’89 (…mi scusino tutti gli altri, mi fermo qui ma potrei andare avanti) sono veramente di buon livello, e forse faremmo bene a sederci intorno ad un tavolino per cominciare a pensare di concretizzare anche noi pigri italiani.

BBMA 1001 (Bluegrass Moderno, Bluegrass Tradizionale)

Maurizio Faulisi, fonte Country Store n. 27, 1995

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