Steve Earle & Del McCoury - The Mountain cover album

Aveva già fatto un disco acustico, Train A Comin’, ci aveva già deliziato con Del McCoury Band in una performance nell’album El Corazòn, ma da qui a registrare un intero album di musica acustica nel più puro e tradizionale bluegrass-style ne corre. Ma i vantaggi del mantenersi indipendenti sono anche questi; Steve Earle può così pubblicare, in parallelo per la sua Esquared, tutto quanto le majors gli rifiutano. Figuriamoci un album nel più tradizionale spirito di Bill Monroe & Co. realizzato con il popolare, nel suo ambito, quintetto di Del McCoury.
L’intento dichiarato di Steve Earle è quello di realizzare un album di canzoni bluegrass di cui almeno una verrà suonata da una bluegrass band in ogni festival dedicato a questo genere di musica che seguirà l’uscita di questo album. In sostanza, l’ambizione è quella di scrivere un ‘classico’. Non è impresa da poco, ma bisogna ammettere che il livello qualitativo delle 14 canzoni qui scritte ed eseguite è decisamente alto.
The Mountain, il suo nono sigillo, ci mostra questo popolare rocker con una chitarra acustica nelle vesti di bluegrass-picker e band-leader. Lo spessore del personaggio è tale che tutti i suoi brani originali hanno melodie accattivanti senza mai scadere nel ‘già sentito’.
Il guru della roots music di matrice country degli anni ’90 decolla subito con un brano veloce cadenzato da un vivace violino, Texas Eagle, la sua voce, vissuta e sporca, fa subito la differenza sin dall’intro parlato.

Lo stesso si può dire per Your Forever Blue, dal brillante string sound a far da contrasto con la dark-voice del protagonista, e Carrie Brown, dal bell’inizio a cappella.
Ci troviamo di fronte ad un crescendo vocal-strumentale di Steve e della Del McCoury Band che passa dalla ballad I’m Still In Love With You, love song dove appare la rigogliosa voce di Iris DeMent, a Graveyard Shift, scritta apposta da Steve per mettere ‘blues’ nel bluegrass, sino ai capolavori: Harlan Man, The Mountain e Outlaw’s Honeymoon, che delineano la parte centrale di questo album di ben 14 brani originali. Il primo è praticamente un rock interpretato in stile bluegrass; la title track è puro bluegrass, ha il lento sapore di una classica bluegrass-ballads e Jerry Douglass al dobro vi lascia segni indelebili di classe; mentre il terzo, la giocosa melodia che chiude questo trittico, ha sapori e profumi antichi esaltati dai vari strumentisti con una performance misuratissima per grazia e delicatezza espressiva.
Cannemara Breakdown ha il ritmo, la struttura e la poderosa presenza dei grandi bluegrass strumentali, violini e mandolini sugli scudi; Leroy Dustbowl Blues ha la rabbia e la grinta di un folk-rock dei sixties eseguito in chiave bluegrass.
Chiudono Dixieland, classico brano sulla guerra civile con un gradevole Irish-feeling, lo strumentale e non meno folk Paddy On The Beat, che conferma non insospettati agganci tra bluegrass e musica tradizionale anglo-scoto irlandese.
Long Lonesome Highway Blues, molto ispirata, è una allegorica riflessione di un viaggio nella memoria, sull’impossibilità di fuggire dai nostri ricordi.

Chiude la lunga e corale Pilgrim, scritta per la scomparsa del celebre bassista Roy Huskey Jr. E’ un toccante lamento funebre per un amico dall’intricato tessuto acustico: Sam Bush, mandolino, Ronnie McCoury, bouzouki, Jerry Douglas, dobro, Stuart Duncan, violino, Steve e Rob McCoury, chitarre. Una delle più belle melodie di Earle con un impressionante parte corale. Alla registrazione pare che molti dei vocalists presenti si siano commossi; tra chi ha versato lacrime troviamo personaggi come Gillian Welch, Peter Rowan, Emmylou Harris, Marty Stuart, John Hartford, Jack Clement e Cathy Chiavola. Un finale da brividi per sensibilità e partecipazione emotiva alla scomparsa di una persona cara.
Al di là del bene che può fare un album come questo al fenomeno del bluegrass-revival (sicuramente più positivo dei riflessi che può avere sull’evoluzione della carriera di un rocker), bisogna constatare che, personaggio carismatico finché si vuole, il coraggio non deve mancare ad un musicista tanto consolidato tra rock e country, nel realizzare un progetto come The Mountain. A quanto pare le doti caratteriali non sono inferiori a quelle artistiche. Speriamo che, d’ora in poi, ad ogni festival bluegrass venga suonata una sua canzone.

Grapevine GRA 252 (Bluegrass Tradizionale, Singer Songwriter, 1999)

Luigi Busato, fonte Out Of Time n. 31, 1999

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