A cavallo tra gli anni ’50 e ’60 la canzone popolare americana entrava di prepotenza nel politico e nel sociale collettivo. Diritti civili, eguaglianza sociale, guerra, alcuni tra i grandi temi che divennero soggetti di ciò che da allora si chiamarono ‘protest songs’. Dieci anni circa di profonde trasformazioni anche musicali, dieci anni che portarono la canzone popolare da Woody Guthrie alla famosa svolta elettrica di Dylan.
Let The Freedom Sing, che prosegue quanto iniziato dal primo volume, è un piccolo spaccato di quel mondo prima di quella svolta elettrica, antologia di canzoni ormai divenute dei classici del moderno folk. Ci sono le testimonianze del folk revival dei Weavers, gli amici di Guthrie che ne proseguirono il cammino quando Woody non poteva più lasciare il letto d’ospedale, Cisco Houston e Ramblin’ Jack Elliott, ci sono le grandi regine del folk di allora, Odetta, Joan Baez e Joan Collins. C’è anche Dylan con Playboys And Playgirls, ripreso dal palco di un Newport Folk Festival assieme a Pete Seeger, incontro fra due mondi che presto si sarebbero allontanati non senza polemiche.
Le canzoni sono tutte leggendarie e fanno ormai parte della coscienza collettiva contemporanea, da Blowin’ In The Wind (corale, dal vivo, dal palco di Newport) a Deportee, da 1913 Massacre a A Hard Rain’s A-Gonna Fall, nelle versioni, rispettivamente, di Dylan, Cisco Houston, Ramblin’ Jack Elliott e Joan Baez.
Nel cast anche Eric Andersen (Thirsty Boots), Judy Collins (Carry It On, dal vivo), Mimi & Richard Farina (House Un-American Blues Activìty Dream), Tom Paxton (The Death Of Stephen Biko), The Chad Mitchell Trio (The John Birch Society), Buffy St. Marie (Now That The Buffalo’s Gone) e Phil Ochs, la cui I Ain’t Marchin’ Anymore suona purtroppo utopica oggi come allora.
Vanguard 79731 (Folk Revival, Folk, 2003)
Mauro Eufrosini, fonte JAM n.94, 2003