Country Gentlemen – Good As Gold cover album

Con un certo ritardo arriva anche da noi l’ultimo album dei ‘Gents’, su cui si era appuntata una certa curiosità da parte dei critici di bluegrass, sempre più pronti a cogliere e segnalare impietosamente ogni scivolata di tono nella produzione di un gruppo storico. La curiosità in questione nasceva in particolar modo dal ritorno in seno ai Gentlemen di Jimmy Gaudreau, ritorno ad onor del vero non molto prevedibile date le scelte stilistiche di Gaudreau in gruppi abbastanza progressivi, come Country Store, New South e Spectrum.
Altro spunto di curiosità veniva offerto dall’ingresso nella band di Dick Smith, veterano del bluegrass, banjoista con Del McCoury, Country Store e diversi altri gruppi della East Coast.
Un amico americano, da millenni appassionato di bluegrass, ha commentato: “Finalmente Charlie Waller e Bill Yates hanno smesso di suonare con ragazzini (vedi Kent Dowell e Rick Allred, N.d.A.) e hanno preso qualcuno della loro esperienza: non può che uscirne qualcosa di buono!”. E qualcosa di buono in effetti è uscito, anche se proprio non stravolgente.

Good As Gold è il prodotto che possiamo ormai aspettarci dai Country Gentlemen, ben confezionato, forte della tecnica vocale e strumentale superba dei quattro musicisti, e ben calibrato come scelta di pezzi: qui i Gentlemen non si smentiscono, ed offrono una selezione di brani decisamente nuovi in un contesto bluegrass, e presi dalle fonti più diverse: Guysboro Train è di Stan Rogers, compianto cantante e autore canadese, Detour di Paul Westmoreland (la ricorderete da Bill Keith e Jim Rooney) trova una nuova veste in un arrangiamento diciamo ‘honky grass’ con tanto di piano, e un piccolo saccheggio viene operato anche nel repertorio di Don Williams con Lord I Hope This Day Is Good.
Inutile dire che il gusto di fondo degli arrangiamenti è come sempre di buon livello: ogni voce, ogni parte strumentale, ogni soluzione ritmica o armonica è usata nel contesto migliore e con la raffinata sobrietà tipica dei Country Gentlemen. Ciò che invece non è sobrio proprio per niente è l’uso, mannaggia ‘o country, della solita batteria, dell’ormai solita ‘high strung’ guitar, e su un paio di pezzi di due o tre incomprensibili e pleonastiche chitarre più un dobro: qui la sobrietà dei Gentlemen di un tempo (o anche degli attuali Gentlemen, ma dal vivo) è andata a farsi fottere, e niente può giustificare un suono così sovraccarico. Odio la batteria, gente, ma non la odio in assoluto (non sono poi così ottuso, in fondo!): la odio quando sposta un tempo in 2/4 vivace e fresco su un 4/4 sciapo e da mattonella, e quando impedisce al mio pur esercitato e scaltro orecchio di sentire l’impagabile e inconfondible (altrove) ritmo del mandolino di Jimmy Gaudreau.

E la odio soprattutto quando si trascina dietro un’eredità ritmica mielosa e rosea che non è bluegrass, non è tanto meno country, ma è inquadrabile solo in un contesto di banale easy listening.
Possiamo tentare di moderare i toni feroci e negativi di questa recensione solo facendo appello (come già ho fatto) alla bravura tecnica ed espressiva dei Country Gentlemen, ma non si può fare a meno di pensare, con amarezza, che dopo capolavori come The Award Winning Country Gentlemen o Calling My Children Home i nostri quattro stanchi eroi avrebbero potuto, maledizione, regalarci qualcosa di un po’ più meditato e vissuto, più intenso e, diciamolo, meno noioso.
E’ da notare che la Sugar Hill è ormai entrata nell’Olimpo delle ‘grosse’ etichette (nel circuito bluegrass, s’intende), vantando nomi come i Seldom Scene, Doyle Lawson & Quicksilver, o (ultimo acquisto) gli Osborne Brothers, e può quindi pensare meno all’avanguardia e più al commercio, ma ciò non può in alcun modo giustificare una scelta discutibile e vanamente commerciale come quella che sta alla base di Good As Gold. Almeno, non finché gli stessi gruppi ora ‘commercializzati’ saranno grazie a dio ben diversi e ben più grintosi in concerto che su vinile.
Good As Gold resta raccomandato, se ciò che volete è ottima musica da divano con liquorino. Magari Cointreau…

Sugar Hill SH-3734 (Bluegrass Tradizionale, 1983)

Silvio Ferretti, fonte Hi, Folks! n. 8, 1984

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