“Cari Sven e David, sono felice di sapere che avete inciso un disco insieme, io ebbi molte volte l’occasione di suonare con entrambi ed apprezzo il vostro grande talento” (Stephane Grappelli, Parigi – settembre 1987).
Dopo l’impressione di un grande è difficile che qualcuno stia ancora a leggere le impressioni di comuni mortali. A quel qualcuno che tiene duro e prosegue annunciamo che David Grisman e il 71 enne violinista danese Svend Asmussen fanno proprio una bella accoppiata. Con il supporto della band grismaniana (che si è finalmente sbarazzata di Jimmy Buchanan, ottimo fiddler bluegrass ma pessimo violinista in qualsiasi altro genere) che vede James Kerwin al contrabbasso, George Marsh alla batteria e Dimitri Vandellos alla chitarra elettrica e acustica.
Il suono ed il repertorio del Grisman attuale sono sempre più classicamente orientati al jazz. Ovvio che dal connubio con uno dei più grandi violinisti swing (anche se mai all’altezza di un Grappelli o di un Venuti) si vedesse rafforzata questa tendenza.
Il brano di apertura, firmato dal caro ‘Dawg’, è Svingin’ With Svend, non originalissimo ma discretamente accattivante. Ancora una volta Grisman dedica una melodia ad uno dei suoi partner violinistici (come già fece in passato con Vassar Clements e Stephan Grappelli) verso i quali David deve nutrire particolare predilezione. Mai ha infatti scritto un brano per, che so, Tony Rice, Mark O’Connor o Mike Marshall che pure per molto tempo hanno calcato le scene con lui. Né tantomeno banjoisti famosi, da Bill Keith a Bela Fleck, sono stati mai altrettanto onorati. Chissà perché.
Proseguendo, abbiamo Nadja di Asmussen ed una polka tradizionale riarrangiata Lap Nils Polka in cui le sonorità balcaniche si fondono nel linguaggio jazzistico con il quale il gruppo è ormai a proprio agio nei classici remake di Minor Swing e Nuages (Reinhardt/Grappelli) o di Jitterbug Waltz (Fats Waller).
Niente di nuovo sotto il sole dunque per il grande Grisman, sempre più orientato verso una formula musicale che avendo perso le connotazioni innovative della fine degli anni settanta, si è stabilizzata nella produzione di un repertorio jazz che pur non essendo originale è sicuramente di gradevole ascolto.
La perdita di due talenti come Anger e Marshall ha probabilmente minato la residua inventiva del vecchio ‘Dawg’ ormai concentrato nella capitalizzazione di un patrimonio artistico cospicuo la cui creatività ha però inevitabilmente iniziato la sua parabola discendente alcuni anni fa.
Corrono voci di un ‘concept album’ dal titolo ‘Will The Dawg Be Unbroken’ o qualcosa del genere in cui è preannunciato un ritorno al bluegrass di David con tanti vecchi compagni di strada. Vedremo.
Zebra Acoustic MCA ZEA 42108 (New Acoustic Music, 1988)
Stefano Santangelo, fonte Hi, Folks! n. 30, 1988