Ha rivitalizzato i Flying Burrito Bros, dopo la loro avventura Columbia, diventato punto di riferimento importante in molti dei loro dischi dal vivo pubblicati negli ’80 in Europa. Ha inciso quattro solo albums di ottima fattura nella sua California e in Italia. E’ un polistrumentista di valore come pochi, bravissimo alla chitarra, sia elettrica sia acustica, disinvolto al banjo, appassionato del fiddle. Si chiama Greg Harris ed è una nostra cara conoscenza, tante essendo state le sue esibizioni qui da noi. Ci piace perché è spontaneo, vivo, sincero, perché non si risparmia né si consuma quando è sulla scena e poi perché ha una bella voce che ben si adatta al materiale di cui sono composti i suoi dischi.
Questo non è il suo nuovo disco, ma l’attesa ristampa di un suo piccolo gioiello che ha avuto la fortuna di essere pubblicato qui in Italia. E’ proposta dall’etichetta milanese Appaloosa che ha in catalogo, anche se non ancora in CD, l’ultima sua prova solista in ordine di tempo, Things Change. E’ l’occasione per risentire una selezione di ottimo country-rock, fatto in parte di motivi originali e in parte di covers, che non accusa affatto il tempo. Deliziose ballads come Makin It Right o Something For Free, vecchi bluegrass elettrificati come How Mountain Girls Can Love (Ralph Stanley), scatenati cajun come Jambalaya, raffinate interpretazioni d’autore come Drivin Wheel’ (David Wiffen) o Rider In The Rain (Randy Newman).
E dell’altro anche: due tra i brani migliori del precedente disco Shiloh Acoustic, ovverosia una strepitosa Norvegian Wood dei Beatles senza parole e una dolcissima electric ballad tipicamente FBB, All I Can Do, e due inediti in assoluto realizzati ad hoc, molto interessanti, Who’s Gonna Love You che stizza l’occhio al rock e It Hurts To Be In Love dal delizioso ritmo che prende.
Appaloosa AP 024-2 (Country Rock, 1994)
Raffaele Galli, fonte Out Of Time n. 4, 1994
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