Ho conosciuto, abbiamo conosciuto, di persona Greg Harris nel lontano 1982, in una sua tournée in Italia con l’amico Ricky Mantoan, chitarrista mancino e virtuoso di pedal steel guitar. Greg stava promuovendo il suo recente Electric e per noi era bello poterlo ascoltare e conoscere: quelli erano giorni epici, che sono rimasti scolpiti nel nostro cuore. In quella occasione, ed anche successivamente nel 1988 durante un altro giro di concerti in Italia, Greg ci aveva colpito per la sua bravura come polistrumentista e per la sua umanità: non era soltanto quello dei Flying Burrito Brothers, ma un amico perfettamente a suo agio con tutti. Ed ecco che dopo moltissimi anni di silenzio (l’ultimo disco a suo nome è stato Electro-Acoustics del 1996, se non erro) la voce e la musica di Greg Harris tornano a trovarci con un dischetto autoprodotto, The Record, che ha tutte le caratteristiche di professionalità della grande produzione.
La sua musica viene a trovarci e noi accogliamo lui come un vecchio amico, al quale si perdona volentieri il racconto già conosciuto, la storia già sentita tante volte, sapendo che i grandi spazi dove il country ed il rock si erano incontrati sono già stati esplorati ed hanno pochi segreti. Invece rimaniamo stupiti perché molte delle sue storie sono fresche, attuali e immediate. E poi anche quelle già note sono storie che ci piacciono, che pochi raccontano ancora, e soprattutto lui le racconta bene, con lo smalto di una volta: fermiamoci solo all’iniziale The Gilded Palace Of Sin, che non solo nel titolo ma specialmente nelle prime note e nell’ampio respiro con cui procede maestosa, ci ricorda i primissimi FBB (1969, quasi un’era geologica).
The Record, un disco rassicurante, da ascoltare in momenti di relax, magari perdendosi sull’onda di una nostra White Line Fever lungo antiche e vertiginose autostrade di ricordi.
Autoprodotto (Country Rock, 2008)
Claudio Pella, fonte TLJ, 2010