Senza dubbio il migliore album di Robert Cray. A questo punto la recensione potrebbe considerarsi compiuta ed invece qualche cosa da dire c’è: è forse il caso di spiegare perché questo Midnight Stroll è un grande album.
Anzitutto ci troviamo alle prese con un Robert Cray finalmente sanguigno, caldo anche se sempre elegante e curato; quello che mancava in un album come Strong Persuader dell’86 o nell’ultimo Don’t Be Afraid Of The Dark di due anni fa era l’immediatezza e il calore che in una musica orientata verso il blues è componente imprescindibile.
Oggi Cray con questo suo nuovo LP ha costruito attorno ad una musica che è blues, ma anche rhythm’n’blues e soul, una sorta di collegamento, di patina avvolgente e ‘conduttrice’ che dà finalmente grandezza ad una musica e ad un musicista che si era invischiato in un linguaggio forse stimolante, nuovo, da cui non riusciva però più ad uscire; il Cray dell’ultimo periodo era come immobilizzato in un cliché che soffocava quell’animo blues ampiamente dichiarato in lavori come Who’s Been Talkin’ o Bad lnfluence.
Quello che Midnight Stroll dichiara immediatamente è la ritrovata via al blues mediato ed arricchito sicuramente dall’esperienza e dalla ricerca operata nell’ultimo periodo. Arricchito dalla presenza dei Memphis Horns, l’album rappresenta una delle più piacevoli sorprese per gli amanti del buon chitarrismo e del buon blues ed è forse il caso di rispolverare una celebre frase di Clapton che individuava in Cray il suo erede naturale.
Se due anni fa le parole di Clapton potevano stupire, oggi cominciano ad avere un senso e dopo la scomparsa di Stevie Ray Vaughan, insuperabile ed insuperato innovatore blues, Cray può anche lasciarci sognare.
Mercury 846 652-2 (Blues, Rhythm & Blues, Soul, 1990)
Giuseppe Barbieri, fonte Chitarre n. 56, 1990
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