Jim Van Cleve è il violinista dei Mountain Heart, ma questo, nonostante tutti gli altri Adam Steffey, Clay Jones, Jason Moore, Steve Gulley e Barry Abernathy siano presenti, non è un disco dei Mountain Heart. Questo lavoro, suo debutto come solista, ha una personalità diversa: è un po’ meno emozionale dell’ultima fatica, forse troppo ricercata, dei Mountain Heart, direi un po’ più carnoso, un disco nel quale Jim Van Cleve mette tutta la sua abilità e creatività, non solo come violinista ma anche come compositore (sei pezzi hanno la sua firma) e persino cantante.
Quello che ne nasce è un ottimo lavoro, e non per la presenza di altri ospiti (Rob Ickes, Ron Stewart ed il sempre straordinario Bryan Sutton), ma perché il nostro Jim si conferma cavallo di razza. Il suo fiddling è inventivo, talentuoso, e lui si attesta tra i migliori giovani violinisti (ha ventisei anni) della ricca e promettente nuova generazione bluegrass.
Merita segnalare Let The Big Dog Eat dalla voce di Ronnie Bowman, assai radio-friendly e Devil’s Courthouse, con un superbo passaggio musicale quando, verso la fine del pezzo, tutti gli strumenti sembrano impallarsi, avvolgendosi su se stessi. Un discorso a parte richiede Scars, pezzo melodico, lento, con la dolce voce di Sonya Isaacs che accarezza ogni nota, un pezzo slegato da tutti gli altri, inaspettato in un disco come questo, che pur alternando brani tranquilli ad altri molto più veloci, è essenzialmente di bluegrass decisamente tirato.
E decisamente molto tirati sono Wheel Hoss, che fa agitare e poi sobbalzare dalla sedia, e soprattutto la furibonda, forsennata, convulsa ma ordinatissima Train 45, talmente frenetica che viene il dubbio abbiano usato un qualche trucco elettronico per accelerarla. Un pezzo nel quale il nostro Jim, davvero, accende il diavolo che è in sé.
Rural Rhythm 1029 (Bluegrass Moderno, 2006)
Claudio Pella, fonte TLJ, 2007
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