Pur stentando ancora a crederlo ecco i Nashville West. Disco di rilevanza storica importantissima che non dovrebbe sfuggire a nessuno. Lavoro di uno dei primissimi gruppi di country rock, precedente addirittura l’esperienza dei Byrds di Sweetheart Of The Rodeo e dei Flying Burritos.
Un gruppo ricordato spesso, richiamato ancora di più, ma fino ad oggi inafferrabile. Ora lo possiamo finalmente conoscere e valutare. E il giudizio in proposito non è difforme dalle aspettative, che erano assai promettenti. E del resto personaggi come Clarence White, Gene Parsons (leggi Byrds) e Gib Gilbeau (nuovi Burritos e New Riders) non potevano tradire. E se a questi aggiungiamo Wayne Moore, che ci è sconosciuto, ma che si rivela buon bassista e anche ottimo cantante quando glielo si permette, il cerchio si chiude, i conti tornano.
Siamo lontani, nel ’67 in un club capace di 1500 persone di El Monte California chiamato guarda un po’ Nashville West, dove il gruppo vi suona diverse sere la settimana. L’album è un live un po’ diverso dal solito non solo perché registrato (bene) con mezzi di fortuna ma anche perché il pubblico, che non pare particolarmente numeroso e neppure troppo interessato a quello che sente, ha un rapporto sfuggente, distaccato con i musicisti.
Fatto però che non toglie nulla al loro impegno anzi pare giovi alla musica nel suo complesso perché si ha l’impressione che qualcuno osi di più, tanto nessuno protesterebbe. Per esempio Clarence è spettacoloso con la sua chitarra elettrica country, la stessa che poi ci ha fatto conoscere con i Byrds. In ogni pezzo c’è un suo assolo e il sound del suo strumento è sempre forte e alto.
Il disco è lungo, contiene ben quattordici pezzi (forse un record in assoluto anche se uno viene proposto due volte e un altro è brevissimo). Le lead vocals sono in prevalenza di Gilbeau ma sia Gene Parsons sia Wayne Moore lo sono entrambi in due occasioni. Conosciamo in pratica quasi tutti i brani presentati, molti dei quali sono stati portati al successo prima o dopo da altri cantanti.
Eccoli, con qualche nota in merito. Side A: Nashville West: si può considerare un po’ la loro bandiera. Clarence e Gene l’interpreteranno poi ben due volte con i Byrds; in studio prima (Dr. Byrds & Mr. Hyde) dal vivo poi (Untitled). Questa versione è molto simile, forse Clarence ha qualche spunto in più.
Mental Revenge (Sweet Mental Revenge): un rock non male, cantato da Gib, eseguito un po’ da tutti. I Wanna Live: una dolce e romantica canzone di J. Loudermilk registrata con qualche difficoltà ma con bel coro e assolo (Clarence). Sweet Susanna: vecchio 45 giri di Gene & Gib che ebbe successo a suo tempo nella California del Sud; presente nel solo di Gilbeau distribuito cinque anni fa dall’Ariola di cui è uno dei pezzi migliori con il suo caratteristico sapore cajun.
Green Green Grass Of Home: country-pop disimpegnato portato al successo da Tom Jones. Gene lead vocalist. Buono, bell’assolo, migliore della versione di studio dei Flying Burritos con Gram Parsons. Love Of The Common People: un brano in crescendo della coppia Harvey /Wilkins. Tuff & Stringy: strumentale di Gary Paxton, inciso da Clarence su 45 per la fantomatica Bakersfield International, appena accennato.
Side B: Washed My Hands In Muddy Water: un buon pezzo rock cantato da Wayne Moore. Ode To Billie Joe: splendida versione strumentale del famoso brano di Bobbie Gentry che ebbe successo anche qui in Italia. Clarence, eccezionale, è ovviamente il protagonista e accenna con la sua chitarra qualche effetto con wah wah. Louisiana Rain: un’altra canzone già nel disco dell’Ariola, molto bella. Gib autore e vocalist.
Send Me Back Home (Sing Me Back Home): il più saccheggiato brano di Merle Haggard del quale è difficile credere che già allora qualcuno ne facesse una versione tanto interessante con un’incredibile assolo (sempre Clarence). Memphis: il notissimo rock & roll di Chuck Berry cantato da Wayne Moore. By The Time I Get To Phoenix: un’altra country-pop song interpretata da Gene, portata alla ribalta dal suo autore Jim Webb. Molto lunga e lenta e di piacevole ascolto. Nashville West: lo stesso pezzo che apre la raccolta lasciato scorrere un po’ di più. Sempre eccitante e travolgente.
Questo quadro penso possa bastare a convincere dell’indispensabilità dell’acquisto. Ma mi sia consentito un ulteriore rilievo. Questi musicisti che sono stati un po’ dei pionieri nel loro genere non sono stati beneficiati dal successo (che è stato raccolto più facilmente da altri che li hanno seguiti). Tentiamo nel nostro piccolo di fare un po’ di giustizia.
Sierra 8701 (Country Rock, 1978)
Raffaele Galli, fonte Mucchio Selvaggio n. 12, 1978
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