“La realtà della musica è in quella vibrazione che rimane negli orecchi dopo che il cantante finisce la sua canzone e i suonatori non pizzicano più le corde”. Queste parole di Kahlil Gibran sembrano adattarsi perfettamente all’album Melic di Christopher Wyant (a.k.a Hayseed) che ha trovato a Nashville casa, fiducia ed amici tali da poter realizzare uno dei più coinvolgenti lavori che uniscono bluegrass, gospel, e old-time country ascoltati negli ultimi anni. Il suono (la strumentale Voices!!) e la voce (Father’s Lament) della tradizione, grazie anche al cristallino mastering di Buddy Miller, sembrano magicamente materializzarsi in Melic, opera splendida quanto indatabile, di quello che riteniamo uno straordinario esordiente.
La robusta e calda voce di Hayseed si incastona perfettamente nello scintillante string-sound acustico creato da Richard Price e Bryan Sutton, chitarre e dobro, Tramp, violino e mandolino, Markie Sanders, basso, Vincent Farsetta, banjo, dulcimer e mandolino, ed altri ospiti come Doug Dillard, Susie Monick e Roger Helton, creando pregevoli effetti.
Se il suono è quello della tradizione, il feeling tutto old-time, l’approccio è del tutto personale ed innovativo. La musica, come i testi, gli argomenti toccati, sono senza tempo e Hayseed ama ironizzare: “Se non è gospel, deve essere la musica del diavolo”.
Per conto nostro la sequenza è celestiale. Ascoltando la scintillante Cold Feet, l’ispirata Wild Horses e God Shaped Hole, ballad già ripresa da Emmylou Harris, capiamo perché ‘l’altra Nashville’ ed Austin si siano innamorate di lui. La lenta ed acustica cover di Melissa, Greg Allman, è affascinante. Chiude con una serie di strepitosi duetti: il country-gospel Walk This Earth, con Joy Lynn White, il traditional Precious Memories e Credo con sua maestà Lucinda Williams.
Watermelon 11074 (Country Acustico, 1998)
Franco Ratti, fonte Out Of Time n. 30, 1999
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