Immaginate un locale buio, di quelli che si vedono nei film ma che nelle zone della musica negli States esistono davvero, qualche luce soprattutto rossa soffusa, un bancone dove qualcuno dispensa bottiglie di birra, bicchieroni di caffè e bicchieri carichi di ghiaccio con qualche liquido più o meno alcolico inside. Gente seduta qua è la più qualcun’altro che passeggia guardando i vari manifesti appesi alle pareti ed indicando qualche cosa con sguardo soddisfatto al casuale vicino. Abbigliamento sportivo e scazzato da serata tra amici e non di gala. Chi in compagnia chi da solo, rumore di vetri che sbattono sui tavoli o tra loro per qualche sorta di sconosciuto cin-cin. Ci starebbe anche un po’ di fumo di sigarette, l’atmosfera lo chiamerebbe ma si sa, ora non si fuma più ed in fondo è meglio così. Scatta un applauso, quattro musicisti entrano e si posizionano su un palco, o forse meglio chiamarla pedana, che da semi buia qual’era, s’illumina, ma non troppo, di luci gialle che fondendosi con le rosse del locale creano un nuovo colore, il colore della musica di questa sera, here we go, ci siamo!
“Quando non sai cos’è allora è jazz” scriveva Alessandro Baricco nel suo capolavoro Novecento, conosciuto ai più come ‘La leggenda del pianista sull’oceano’. E di jazz per l’appunto si parlerà e si ascolterà con questo nuovo progetto del mandolinista Don Julin qui affiancato dal fido amico di sempre Ron Getz alla chitarra raffinato ed inventivo, Jack Drydon al contrabbasso preciso e di carattere, Randy Mash alla batteria leggera, raffinata, di spazzole.
Si alternano ballad originali a grandi classici da Real Book quali Straight No Cheaser, Autumn In New York, Blue Monk, Blue In Green. Tra i brani di rilievo la title track Vibe carica d’atmosfera raffinata, rilassata e fumosa.
Don Julin conquista per la sua pulizia del suono di concerto con fraseggi che mai eccedono nell’inutile o nell’eccessivo. Ron Getz è chitarrista con una grande conoscenza dell’armonia e degli accordi che sciorina con l’indubbio gusto del grande jazzista. Ottima anche la sessione ritmica, contrabbasso e batteria, che crea un tappeto sofisticato dove le note possono appoggiarsi e scivolare dolcemente nelle melodie, quelle con la ‘m’ maiuscola di musica.
Album per chi apprezza il jazz e chi ama che il suono di un qualche strumento a fiato sia sostituito da un dolce ma incisivo mandolino. A mio parere il miglior album di Don Julin, questo è il suo vero ambiente!
Autoprodotto (New Acoustic Music, 2014)
Stefano Santangelo, fonte TLJ, 2014