John Mellencamp – Whenever We Wanted cover album

Già, già…eccoci a Whenever We Wanted, il freschissimo lavoro di studio del Sig. Mellencamp (rigorosamente e solo John Mellencamp stavolta) che, in barba all’età non più da teenager e un passato sufficientemente ‘vissuto’, sfodera una nuova collezione di dieci canzoni grintose e tirate, come ai bei tempi direbbe qualcuno. L’attacco è fuoco puro. Pochissimi gli attimi di respiro con le chitarre di Mike Wanchic e David Grissom a inseguirsi tra un suono distorto e l’altro. Sembra proprio musica d’altri momenti.

Nessun computer o sintetizzatore ad appesantire un suono che si arrampica su una base ritmica sempre pressante e precisa, nelle mani di Toby Myers e del fedele Kenny Aronoff. Love And Happyness, Now More Than Ever e sopratutto I Ain’t Never Satisfied soddisferanno pienamente coloro che avevano temuto un progressivo incupimento dell’ex Cougar, specialmente dopo l’ultimo Big Daddy. Ma il non più ragazzotto “non è mai soddisfatto”, appunto, e graffia ancora. Bisogna attendere oltre metà del disco per tirare il fiato con Last Chance.

Come farà mai ad avere l’energia per presentare questo nuovo materiale dal vivo, dove le pause non sono concesse? Anche in sede di registrazione in studio tuttavia, Mellencamp non ha perso tempo, se è vero che tutto il lavoro, completo di mixaggio, non ha richiesto più di tre mesi. Sarà stata l’aria di casa (Whenever We Wanted ha preso forma al Belmont Mali Studio, nell’Indiana) o il fatto di poter dimostrare ancora una volta di possedere una voce da perfetto rocker o forse solo l’elevata qualità delle canzoni.

Fatto sta che sembra di tornare indietro nel tempo, quando si poteva fare tutto “ogni volta che volevamo”, senza costrizioni di età, quando non si aveva paura di niente. Eppure, nonostante l’energia che i decibel distribuiscono, rimane un che di amaro in bocca dopo la conclusiva Again Tonight su cui cala il sipario nei live shows.
Questa rockstar ti guarda con un che di melanconico anche se calza pantaloni da matador, perlomeno curiosi per un musicista targato USA.

Il successo degli anni ottanta non sembra averlo reso più schizzinoso o snob, la voglia di sudarsi il pane quotidiano non lo ha abbandonato. Ed è rimasta la capacità di osservare il mondo con un occhio disincantato: “Non sento niente, non provo dolore, non sento nè gioia nè felicità dentro”.
Certo, momenti ripetitivi ed in qualche caso noiosi non mancano. E’ difficile cavarsela sempre e solo con tre/quattro accordi. Ma non è strutture musicali complesse che si cercano in Mr. Mellencamp. Quello che può dare è forse più importante: è grazie a poche, vere, anime come la sua che tutta una fetta di musica americana continua ad avere un senso, anche se talvolta sembra più clonarsi che rinnovarsi.

Phonogram 510 151-1 (Roots Rock, 1991)

Enrico Nuti, fonte Hi, Folks! n. 50, 1991

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