Proprio cinque anni fa, in una gelida notte londinese, il Commander Cody ed i Suoi Aviatori del Pianeta perduto si imbarcarono per un volo senza ritorno. L’ultimo dopo una serie di imprese (sei) che hanno lasciato il segno nella storia dell’aviazione californiana del rock costellata di nomi altisonanti: gli Uccelli, i Fratelli dell’Asinello Volante, l’Aeroplano di Jefferson e via dicendo.
Di quel viaggio ci è rimasta la scatola nera: un doppio album che contiene la registrazione fedele della rotta seguita dal gruppo, in pratica la sua storia musicale. Inciso in Gran Bretagna tra il 24 gennaio ed il 2 febbraio 1976, il disco rappresenta il testamento di una band le cui vicende meriterebbero di essere narrate prima o poi in un libro (e non è detto che ciò non avvenga a brevissima scadenza).
I Lost Planet Airmen sono stati e rimangono una delle più formidabili formazioni di country rock (in senso lato) degli anni sessanta e non solo questo. Nessuno infatti è riuscito prima o dopo a conciliare meglio di loro in una sintesi perfetta generi e stili musicali tanto differenti ed apparentemente incompatibili: lo swing (Riot In Cell Block N° 9), il western-swing (San Antonio Rose), il cajun (Big Mammau), il country (Seeds And Stems Again), il boogie (Rock That Boogie), il rhythm & blues (Back To Tennessee), il rock & roll (One Of Those Nights), il rockabilly (Don’t Let Go) e mille altri ingredienti difficili da definire, inutili da elencare, tanto costantemente presenti nella loro musica quanto assenti nei prodotti di band similari (Asleep At The Wheel, Alvin Crow, Dusty Chaps, Dakota Dave Hull & Sean Blackburn etc.).
Il pilota, il leader, George Frayne, per metà pianista e per metà istrione calatosi nei panni di Commander Cody (date un’occhiata alle cover dei dischi del gruppo), pur essendo dotato di un fascino particolare e di una personalità magnetica, non soffoca la creatività degli altri membri, tutti musicisti che sanno il fatto loro. Il suo pianoforte a coda si muove ovunque, in bella evidenza come negli inimitabili classici a solo della manina destra sui primi 34 tasti dello strumento introdotti spesso dal fido Billy C. (“All right Commander, if you will…”) o in sordina, ma sempre vigile, a marcare gli accordi di base o a rintuzzare e rifinire le parti vocali soliste in brani particolarmente sofferti.
Le sue presentazioni plateali alla Cab Calloway (ascoltate gli apprezzamenti sui due ballerini pon pon all’inizio di It Should’ve Been Me) ed il suo gigionesco ma dignitosissimo stile vocale (reso al massimo qui in Smoke! Smoke! Smoke!), catturano subito l’attenzione del pubblico costretto per tutto il tempo a bocca aperta nell’attesa di qualche trovata improvvisata per la circostanza. Insieme al cantante Billy C. Farlow (saltuariamente armonicista e chitarrista) è l’autore di Seeds And Stems Again, una delle migliori composizioni degli ultimi venti anni.
Perso per strada John Tichy, la band in questa occasione si compone di Bill Kirchen (chitarra solista e trombone), Bruce Barlow (basso), Lance Dickerson (batteria), Bobby Black (pedal steel), Andy Stein (fiddle e sax tenore), tutti della vecchia guardia, affiancati dai nuovi acquisti, Rick Higginbotham (chitarra ritmica) e Norton Buffalo (armonica e trombone).
Kirchen (a mio modesto parere uno dei più puliti musicisti californiani) e Higginbotham, coproduttori dell’album, formeranno di lì a poco i Moonligtners, un tentativo di emulare con poca fortuna e con pochissimo ingegno il suono dei grandi predecessori; Dickerson si aggregherà alla David Bromberg Band; Black affronterà la carriera di session-man e solista con un lavoro pubblicato recentemente da un’oscura etichetta della West Coast e Buffalo agguanterà a piene mani una certa popolarità, abbondantemente immeritata, con una propria band. Il Comandante ha al suo attivo ben due album spinti da qualcuno di noi giornalisti più per questioni affettive e nostalgiche che per il loro reale valore artistico (in verità molto basso).
Per la cronaca nella presente incisione sono contenuti quattro brani inediti tra i quali emerge l’eccellente Milkcow Blues (one-two-milk-cow- blues…) dove vengono ricreati con grande profusione di fiati e sviolinate gli arrangiamenti e l’atmosfera della grossa orchestra di Bob Wills. Un sound che si riconoscerebbe tra un milione per pulizia e resa d’insieme, stacchi perfetti (un esempio per tutti in Too Much Fun), solismi scelti a proposito e con una fantasia a getto continuo, voci estremamente personalizzate, enorme professionalità: ecco le qualità di Comm. Cody & His Lost Planet Airmen. Se non possedete il loro precedente e quasi introvabile gioiello, Live From Deep In The Heart Of Texas (Paramount Pas-1017), fate di tutto per procurarvi questo LP prima che sia troppo tardi.
Warner Brothers 2939 (Country Rock, 1976)
Adelio Puri, fonte Mucchio Selvaggio n. 37, 1981