Nuovo disco per Mark O’Connor. Io penso che uno dei compiti principali della nostra Associazione dovrebbe essere quello di organizzare annualmente pellegrinaggi di adorazione e venerazione di questa divinità vivente. Io so che poi lui, mettendoci tutti in fila e toccandoci sulla testa con la punta del suo archetto, ci farà diventare tutti più bravi, e anche in grado di portare a termine un brano bluegrass come si deve.
Il talento di quest’uomo è qualcosa di assurdo, tutti lo conosciamo quindi non è il caso di perdere altro tempo in superflui ma quantomai meritati apprezzamenti. Ne sa forse qualcosa di più il nostro amico fiddler Anchise Bolchi che, avendo conosciuto Mark di persona allo Station Inn di Nashville, ha ricevuto il tocco magico del suo archetto, che lo ha così indirizzato verso la buona strada, con ottimi risultati direi, lo, in attesa di ricevere in testa, anche abbastanza violentemente, la Steven Bar di Jerry Douglas in modo da migliorare la mia condizione di dobroista, mi limito solo ad ascoltare e venerare i loro CD.
Questa volta Mark con Heroes ha messo insieme tutti i migliori violinisti mondiali che hanno avuto una qualche influenza su di lui quando era ancora un giovane beginner, realizzando un album tributo a loro dedicato. Chi meglio di lui, così eccentrico e influenzato da così diversi stili avrebbe potuto produrre un progetto del genere! Ho detto violinisti mondiali perché si parte dall’Europa e si finisce con l’India, quindi potete solo cercare di immaginare cosa vi aspetta in questi 14 brani (quasi 67 minuti di musica).
Il primo giro di giostra lo facciamo con Jean Luc Ponty, violinista francese jazz-rock-fusion. Se siete almeno sulla trentina dovreste riconoscere New Country, perché i suoi 10 anni, almeno, li ha tutti, ed è il primo dei tanti duetti mozzafiato che vi attendono.
Il secondo brano The Devil Comes Down To Georgia, duello violinistico tra un certo John e il Diavolo il quale cerca di vincergli l’anima, è del violinista Charlie Daniels, qui in versione cantata assai più lunga dell’originale (che troviamo anche nella colonna sonora del film Urban Cowboy), con alle voci nientemenoche Johnny Cash, Marty Stuart e Travis Tritt; elettrizzante.
Si passa poi ad un meraviglioso Texas-swing con Fiddlin’ Around, questa volta l’ospite è Johnny Gimble, ed è una vera delizia sentire Mark ‘doing his things’.
Ci si addentra nel mondo bluegrass (e sarà l’unica occasione) con Gold Rush, col bravissimo Byron Berline accompagnato dai suoi fidi California, John Hickman (bj), Dan Crary (gt) e la partecipazione di nostro padre Bill Monroe che ci regala il suo bell’assolino.
Giunge poi un House Of The Rising Sun forse un po’ troppo mielosa, ma che è nell’inconfodibile stile di Vassar Clements, stile che qualcuno definisce da mal di pancia, ma se anche così fosse, ci pensa il genio Flux Douglas a rimmeterle in sesto con un sentito intervento di dobro, seguito dall’altrettanto buon mandolino di Sam Bush.
Eviterei di descrivervi brano per brano per non trasformare questa recensione in un vero e proprio articolo, anche se la tentazione è forte, ma da dire ce ne sarebbe ancora.
Come non parlare dei due stupendi brani che Mark esegue con Stephane Grappelli, in cui i due si danno un botta e risposta da non capire neanche chi sta suonando, se non che una nota di copertina ci avverte che Mark può essere sentito sul canale destro, mentre gli ospiti sul sinistro. E l’ultima perla Nomad con l’indiano L. Shankar, 8 minuti di virtuosismo puro, in cui i due si alternano in piccole frasi sino ad esplodere sempre più, fino a quando infine la melodia ritorna e non rimane altro da capire che di più non si poteva dare. Ma mi auguro che sarete voi a scoprire a poco a poco tutto ciò che non si può scrivere dell’album.
Onestamente è difficile descrivere il contenuto di questo capolavoro, gli stili sono tanti, tra gli altri anche cajun music con Doug Kershaw in Jole Blon, ce n’è insomma per tutti i gusti, e quello che veramente impressiona di Mark è la sua abilità nel cimentarsi con tutti qesti diversi generi, mantenendo la sua unicità stilistica, cioè scioltezza e grinta inesauribili.
Tra gli altri ospiti vale la pena di citare Josh Graves, David Grier e Russ Baremberg. Per concludere, una frase di Johnny Gimble che può riassumere il pensiero di tutti gli altri: “I’ll tell you folks, it sure is an honour to play twin fiddles with Mark O’Connor”.
E’ il paradiso dei violinisti, ma non solo, anzi, ancora una volta, un album per chi ama veramente la musica, senza confini. Imperdibile.
New Country /The Devil Comes Back to Georgia /Fiddlin’ Around /Gold Rush /House Of The Rising Sun /Diggy Diggy Lo /Jole Blon /Sadness-Darling Waltz /Jerusalem Ridge /Sally Johnson /Ashokan Farewell /This Can’t Be Love /Ain’t Misbehavin /Nomad
Warner Bros. WB 9-45257-2 (Bluegrass Moderno, Bluegrass Tradizionale, Old Time Music, Country Rock, Country Jazz, 1993)
Paolo Ercoli, fonte Country Store n. 21, 1993